Continuazione tra Reati: Non Basta la Somiglianza, Serve un Piano Iniziale
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del diritto penale, consentendo di unificare sotto un’unica pena più violazioni di legge commesse in esecuzione di un “medesimo disegno criminoso”. Tuttavia, quando si può dire che esiste davvero un piano unitario? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4103 del 2024, torna a fare chiarezza sui criteri, sottolineando che la semplice somiglianza dei reati o la loro natura non sono sufficienti. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo contro una decisione del Tribunale che aveva negato il riconoscimento della continuazione tra due diversi reati, entrambi caratterizzati da episodi di rissa e lesioni volontarie. Tra il primo e il secondo fatto era intercorso un periodo di tempo significativo: circa nove mesi. L’imputato sosteneva che, data la natura simile dei reati, questi dovessero essere considerati parte di un unico progetto criminale, con conseguente applicazione di una pena più favorevole. Il giudice di merito, tuttavia, aveva respinto la richiesta, e la questione è così giunta all’esame della Suprema Corte.
I Criteri Guida per la Continuazione tra Reati
La Cassazione, nel dichiarare il ricorso manifestamente infondato, ha ribadito i principi già consolidati dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza n. 28659/2017). Per riconoscere una continuazione tra reati, non basta un’analisi superficiale, ma è necessaria una verifica approfondita di indicatori concreti. Questi includono:
* Omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* Contiguità spazio-temporale tra i fatti.
* Modalità della condotta e causali.
* Sistematicità e abitudini di vita del reo.
Il criterio fondamentale, però, è un altro: è indispensabile dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. La sola presenza di alcuni degli indicatori sopra elencati non è sufficiente se emerge che i reati successivi sono stati frutto di una decisione estemporanea.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Applicando questi principi al caso specifico, la Corte ha ritenuto la decisione del Tribunale del tutto logica e corretta. I giudici hanno evidenziato due elementi decisivi che escludevano la sussistenza di un’unica “volizione unitaria”:
1. La distanza temporale: Un intervallo di nove mesi tra i due episodi è stato considerato un fattore rilevante che indebolisce l’ipotesi di un piano unitario concepito fin dall’inizio.
2. La natura dei reati: I delitti di rissa e lesioni volontarie sono tipicamente caratterizzati da estemporaneità e dolo d’impeto. Nascono cioè da decisioni impulsive e momentanee, non da una fredda programmazione. È quindi illogico pensare che il secondo episodio di violenza fosse già stato pianificato, neppure nelle sue linee essenziali, quando fu commesso il primo.
Di conseguenza, la Corte ha concluso che il giudice di merito ha correttamente escluso che il secondo reato potesse essere stato programmato al momento del primo, rendendo impossibile applicare la disciplina della continuazione.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la continuazione tra reati è un istituto che presuppone una programmazione iniziale. Non può essere invocata semplicemente perché i reati commessi sono simili o appartengono alla stessa tipologia. L’intervallo di tempo e, soprattutto, la natura impulsiva dei delitti possono costituire prove decisive contro l’esistenza di un disegno criminoso unitario. La decisione sottolinea l’importanza di un’analisi fattuale rigorosa da parte dei giudici, che devono andare oltre le apparenze per accertare la reale intenzione del reo al momento della prima azione illecita.
Quali sono i criteri principali per riconoscere la continuazione tra reati?
Per riconoscere la continuazione, è necessaria una verifica approfondita di indicatori come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità di tempo e luogo, le modalità della condotta e la sistematicità. Il requisito fondamentale è che, al momento del primo reato, i successivi fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.
Un lungo intervallo di tempo tra due reati esclude sempre la continuazione?
Non necessariamente, ma un notevole lasso di tempo (nel caso specifico, nove mesi) è un forte indizio contrario all’esistenza di un piano unitario. Il criterio temporale, valutato insieme ad altri elementi come la natura del reato, può rendere illogica l’ipotesi di una programmazione iniziale.
Perché reati come la rissa e le lesioni volontarie difficilmente rientrano nella continuazione?
Perché sono reati tipicamente caratterizzati da “estemporaneità” e “dolo di impeto”, ovvero nascono da una decisione improvvisa e impulsiva. Questa natura contrasta con il presupposto della continuazione, che richiede una programmazione e una volontà unitaria che preesiste alla commissione dei singoli reati.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4103 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4103 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/06/2022 del TRIBUNALE di TERNI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nell’unico motivo di ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, l contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati s successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea), atteso che il criterio temporale valorizzato dal giudice dell’esecuzione è uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria ed, in presenza di una distanza temporale di circa nove mesi tra il primo ed il secondo reato, e di reati caratterizzati estemporaneità e dolo di impeto (quali la rissa e le lesioni volontarie, oggetto di entrambe le condanne), non è illogica la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che al momento di commissione del primo reato il secondo non potesse essere stato programmato neanche “nelle sue linee essenziali”;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 gennaio 2024.