Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24256 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24256 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME nato a NAPOLI il 06/09/1975
avverso l’ordinanza del 10/02/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 10 febbraio 2025, con la quale la Corte di appello di Napoli rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., in relazione ai delitti giudicati dalle sentenze irrevocabili indicate nei punti 1, 2, 3, 4 e 5 del provvedimento censurato.
Ritenuto che i reati presupposti non risultano omogenei sul piano esecutivo e non sono riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, dovendosi richiamare, in linea con quanto evidenziato a pagina 2 della decisione censurata, il «lungo lasso di tempo intercorso tra le varie condotte, la sola parziale omogeneità dei reati e l’assenza di elementi che permettano di ricondurli ad un unico disegno criminoso ».
Ritenuto che, laddove il vincolo della continuazione sia invocato in relazione a una pluralità di reati, collegati a un’organizzazione mafiosa, come per NOME COGNOME, occorre «una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, RAGIONE_SOCIALE Rv. 271569 – 01).
Ritenuto, pertanto, che le connotazioni di eterogeneità comportamentale proprie dei reati di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 del provvedimento censurato rendono inapplicabile il regime invocato, alla luce della giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui: «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Per queste ragioni, l’atto di impugnazione proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma
di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025.