Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21911 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21911 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/08/2023 del TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/cent-i4 le conclusioni del PG
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Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per i motivi sub 1, 2, 3 e 5 del ricorso e rigetto del motivo sub 4.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 22 agosto 2023 del Tribunale di Palermo che, quale giudice dell’esecuzione, ha parzialmente accolto la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato aggravato di furto in abitazione, ai sensi degli artt. 624-bis e 625, primo comma, n. 2, cod. pen., commesso il 17 marzo 2016 in Palermo, giudicato dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 6 marzo 2017, definitiva il 22 maggio 2017;
al reato di tentato furto aggravato, ai sensi degli artt. 56, 624 e 625, primo comma, nn. 2 e 7, cod. pen., commesso il 27 aprile 2015 in Palermo, giudicato dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 5 luglio 2017, definitiva il 5 dicembre 2018;
ai reati di tentato furto aggravato, possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli e di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, a sensi degli artt. 56, 624-bis, 625, primo comma, n. 2, 707 cod. pen. e 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, commessi il 16 maggio 2017 in Palermo, riuniti dal vincolo della continuazione interna e giudicati dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 15 dicembre 2018, definitiva il 13 marzo 2019;
al reato di evasione, ai sensi dell’art. 385 cod. pen., commesso il 15 dicembre 2018 in Palermo, giudicato dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 24 aprile 2019, definitiva il 4 luglio 2019;
ai reati di furto aggravato e di evasione, ai sensi degli artt. 624, 625, primo collima, n. 2, e 385 cod. pen., commessi il 14 dicembre 2018 in Palermo, riuniti dal vincolo della continuazione interna e giudicati dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 30 maggio 2019, definitiva 1’11 novembre 2019;
a un reato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 625 e 625, primo comma, n. 2, cod. pen., commesso il 31 agosto 2018 in Palermo, a quattro reati di tentato furto aggravato, ai sensi degli artt. 56, 624 e 625, primo comma, n. 2, cod. pen., commessi in data 1 settembre, 31 agosto, 27 ottobre e 3 novembre 2018 in Palermo, e al reato di violazione degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale, ai sensi dell’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, commesso fino al 3 novembre 2018 in Palermo, riunti dal vincolo della continuazione interna e giudicati dalla Corte di appello di Palermo con sentenza del 2 dicembre 2019, definitiva il 19 giugno ‘R020;
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7) a vari reati di furto e tentati furti aggravati ai sensi dell’art. 625 n. 2 co pen. commessi a novembre e dicembre 2018.
Il giudice dell’esecuzione ha rilevato la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso solo con riferimento ai reati sub 5, 6 e 7, in ordine ai quali ha ridetermiNOME la pena finale in anni sette, mesi due ed euro 1.400,00 di multa, così quantificato: pena base di anni quattro, mesi otto di reclusione ed euro 1.000,00 di multa per i reati sub 6, aumentata di mesi quattro di reclusione ed euro 100,00 di multa per il reato di furto sub 5, aumentata di mesi due di reclusione ed euro 50,00 di multa per il reato si evasione sub 5, aumentata di mesi sei di reclusione ed euro 70,00 di multa per il reato di furto di cui al capo 1 della sentenza sub 7, ulteriormente aumentata di mesi due di reclusione ed euro 20,00 di multa per gli ulteriori nove reati sub 7.
Il ricorrente articola cinque motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che l’evasione sub 4 era stata commessa il giorno dopo l’evasione sub 5, per la quale era stata applicata la disciplina della continuazione con i reati contro il patrimonio sub 5, 6 e 7.
Secondo il ricorrente, quindi, l’istanza doveva essere accolta anche in ordine all’evasione commessa il 15 dicembre 2018.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, perché il giudice dell’esecuzione, riconosciuto il vincolo della continuazione anche in ordine ai reati sub 7, avrebbe applicato un aumento di pena in continuazione di mesi quattro ed euro 40,00 di multa per i reati di furto aggravato di cui ai capi sub 7 e 9, in ordine ai quali, però, era intervenuta sentenza di proscioglimento in sede di appello.
2.3. Con il terzo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, perché il giudice dell’esecuzione non avrebbe quantificato la pena base in maniera autonoma, ma avrebbe quantificato la pena base per tutti i reati sub 6.
Il giudice dell’esecuzione, poi, senza offrire sul punto alcuna valida motivazione e in maniera ingiustificata, avrebbe quantificato in maniera illogica la pena dei reati posti in continuazione, considerando che non è stata valorizzata alcuna differenziazione di pena tra i reati di furto consumato e quelli di furto tentato e che per il reato di furto sub 4 ha applicato una pena di mesi quattro di reclusione ed euro 100,00 di multa, per il furto di cui al capo 1 della sentenza sub 7 una differente pena di mesi sei di reclusione ed euro 70,00 di multa e per gli
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ulteriori reati di furto sub 7 un’ulteriore differente pena di mesi due di reclusione ed euro 20,00 di multa ciascuno.
2.4. Con il quarto motivo, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe rigettato l’istanza con riferimento ai reati sub 1, 2 e 3, solo perché tali reati erano stati commessi a distanza di tempo rispetto agli altri, senza considerare la sussistenza degli ulteriori elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali: l’omogeneità dei reati, le medesime modalità esecutive delle condotte e l’abitualità nella commissione delle condotte illecite.
2.5. Con il quinto motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare che il giudice sub 5 aveva concesso le circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza con la circostanza aggravante della recidiva.
Secondo il ricorrente, quindi, il giudice dell’esecuzione, nel quantificare gli aumenti di pena in continuazione, non avrebbe potuto calcolare la recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Con riferimento al primo motivo di ricorso, giova evidenziare in diritto che, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma.
La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzioNOMErio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate – deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di Maria, Rv. 243632), posto che tale attività attiene alla inesplorabile interiorità psichica del soggetto.
In tale prospettiva si è chiarito che indici esteriori apprezzabili della preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni vanno individuati in elementi costituiti dalla distanza cronologica tra i fatti, dalle modalità dell condotte, dalla tipologia dei reati, dal bene tutelato, dalla omogeneità delle violazioni, dalla causale, dalle condizioni di tempo e di luogo, senza che ciascuno di essi, singolarmente considerato, costituisca indizio necessario di una
programmazione e deliberazione unitaria, mentre, aggiunto a un altro, incrementa la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, in proporzione logica corrispondente all’aumento di circostanze indiziarie favorevoli (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte ritiene che – con riferimento al reato sub 4, la motivazione dell’ordinanza impugnata è incongrua e priva di una effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna, soprattutto in considerazione della notevole vicinanza cronologica dei due reati di evasioni distanti solo un giorno tra loro e della tipologia dei beni giuridici tutela dalle stesse norme incriminatrici.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, si è limitato ad affermare in maniera apodittica che il reato di evasione sub 4 era isolato rispetto agli ulteriori reati oggetto dell’istanza, in quanto frutto di circostanze di fatto transitorie e occasionali, quando – nella stessa ordinanza impugnata – è stato riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato di evasione sub 5 (commesso a solo un giorno di distanza dalla predetta evasione) e i reati di furto sub 5, 6 e 7.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
Come correttamente evidenziato nel ricorso, infatti, la Corte di appello nella sentenza indicata sub 7 aveva emesso sentenza di proscioglimento in ordine ad alcuni reati sicché il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto svolgere una valutazione analitica sei singoli fatti di reato di cui era stata chiesta la unificazion per applicazione continuazione.
1.3. Il terzo motivo di ricorso è fondato.
Secondo costante giurisprudenza di legittimità, qualora sia applicata in sede esecutiva la continuazione tra distinte condanne, delle quali quella a pena più grave sia stata pronunciata per una pluralità di reati già uniti nel giudizio di cognizione dal vincolo della continuazione, deve essere assunta come pena base quella inflitta in tale giudizio per la violazione più grave, prescindendosi dall’aumento per i reati satelliti che va determiNOME ex novo dal giudice dell’esecuzione (Sez. 1, n. 45161 del 27/10/2004, COGNOME, Rv. 229822), anche per quelli già riuniti nella continuazione con il reato più grave posto alla base del nuovo computo (Sez. 1, n. 4911 del 15/01/2009, Neder, Rv. 243375).
In altri termini, il giudice dell’esecuzione che deve procedere alla rideternninazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in
continuazione con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 1 n. 21424 del 19/03/2019, Scanferla, Rv. 275845), al fine di consentire il vaglio di congruità della pena concordata che lo stesso è tenuto ad effettuare.
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione non ha correttamente applicato i sopra indicati principi di diritto, avendo determiNOME la pena base per tutti i reati sub 6.
Inoltre, come rilevato dal ricorrente, il giudice dell’esecuzione non ha fornito idonea motivazione in ordine alla dosimetria della pena per i singoli aumenti di pena dei reati posti in continuazione.
1.4. Anche il quarto, per quanto sopra detto, è fondato dovendo svolgere il giudice una nuova valutazione complessiva di tutti i reati oggetto dell’istanza ed un analitico esame dei profili di ognuno.
1.5. rimane assorbito il quinto motivo atteso che il trattamento sanzioNOMErio sarà ridetermiNOME nuovamente all’esito di detto giudizio.
Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte deve annullare l’ordinanza impugnata. All’annullamento consegue che va disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Palermo, in diversa composizione fisica, per rinnovato esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo.
Così deciso il 15/02/2024