Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20259 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (cui 045ZWOP), nato ad Agrigento il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/12/2023 del G.I.P. TRIBUNALE di RAVENNA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 12 dicembre 2023 il Tribunale di Ravenna, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza del Tribunale di Rimini del 21 febbraio 2023 di condanna per plurimi reati di insolvenza fraudolenta ed indebito utilizzo di carte di credito commessi il 10 luglio 2020, il 12 luglio 2020, il 17 agosto 2020, e genericamente nell’agosto 2020;
sentenza del Tribunale di Ravenna dell’8 marzo 2022 per plurimi reati di indebito utilizzo di carte di credito, sostituzione di persona, possesso di segni distintivi contraffatti, usurpazioni di funzioni pubbliche, commessi dal 27 novembre
2017 al 13 settembre 2019, nonché per i reati di indebito utilizzo di carte di credito o sostituzione di persona e ricettazione commessi il 26 aprile 2020, e per i reati di indebito utilizzo di carte di credito, commessi il 2 ed il 7 settembre 2019, e per il reato di false dichiarazioni all’autorità giudiziaria commesso in Ravenna il 17 settembre 2021;
sentenza del Tribunale di Ravenna del 16 settembre 2022 di condanna per plurimi reati di possesso di segni distintivi contraffatti, sostituzione di persona, indebita percezione di erogazioni pubbliche, false attestazioni e pubblico ufficiale, truffa, fatti commessi dal giugno 2020 all’ottobre 2021, già unificati in continuazione con i reati della sentenza sub 2;
sentenza del Tribunale di Torino del 15 novembre 2022 di condanna per un reato di truffa commesso il 10 febbraio 2021, già unificato in continuazione con i reati della sentenza sub 2.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che, nonostante l’omogeneità delle violazioni, si trattava di comportamenti estemporanei, frutto anche della personalità istrionica del condannato, e che non era credibile che alla data del primo comportamento (commesso il 27 novembre 2017, quando usurpava la funzione di controllore delle RAGIONE_SOCIALE utilizzando una tessera ed un radiotrasmettitore ricettati e chiedeva il biglietto ai passeggeri, ed il pagamento con sovrapprezzo a quelli che ne erano sforniti) il ricorrente potesse aver progettato già nelle linee essenziali il reato di percezione indebita della erogazione pubblica stanziata dal decreto cura Italia a beneficio dei soggetti danneggiati dalla pandemia, oppure di presentarsi presso gli alberghi di Riccione e Rimini dissimulando il proprio stato di insolvenza e pagando con carta di credito clonata, oppure di allegare un falso attestato di operatore di trasporto sanitario per ottenere l’autorizzazione ad uscire dal comune di residenza in cui era obbligato a permanere per effetto di una misura cautelare che gli era stata applicata medio tempore.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dalla circostanza che si tratta di illeciti di natura simile, se non analoga, perpetrati con modalità sovrapponibili in un arco di tempo limitato; inoltre l’ordinanza si pone in illogica contraddizione con quanto statuito dal giudice della cognizione della sentenza del Tribunale di Ravenna del procedimento sub 2., che ha condannato il ricorrente per quattro procedimenti riuniti in continuazione per
reati commessi in un periodo che va dal 27 novembre 2017 al 17 settembre 2021, che ricomprende, quindi, anche quello in cui sono stati commessi i reati oggetto della pronuncia del Tribunale di Rimini indicata sub 1., e quello in cui è stato commesso il reato oggetto della pronuncia del Tribunale di Torino indicata sub 4.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che il giudizio di concessione delle attenuanti generiche in equivalenza,- e la dosimetria degli aumenti di pena per i reati satellite, che caratterizzavano l’istanza di incidente di esecuzione, fossero stati mutuati dalla sentenza del Tribunale di Ravenna indicata sub 2.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1. Il primo motivo contiene due argomenti.
1.1. Il primo argomento, sulla presenza nel caso in esame di concreti indici dell’esistenza di un unico disegno criminoso, è infondato, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr., per tutte, Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074: Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea), atteso che distanza temporale e diversità strutturale delle condotte sono indici utilizzabili ai fini del giudizio art. 671 cod. proc. pen., ed, in presenza di indicatori quali quelli descritti nella ordinanza in esame,, e della ritenuta estemporaneità dei comportamenti, non è illogica la decisione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto che al momento di commissione del primo reati i successivi non potessero essere stati programmati, “almeno nelle loro linee essenziali” (cfr. sempre la pronuncia COGNOME citata).
1.2. Il secondo argomento sulla contraddittorietà della decisione rispetto a quella del giudice della cognizione della sentenza del Tribunale di Ravenna dell’8 marzo 2022, che ha posto in continuazione interna plurimi reati commessi in periodi temporali analoghi a quelli oggetto della istanza all’origine di questo giudizio, è infondato, anzitutto perché per essere motivo di ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà deve essere interna alla decisione impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 13678 del 20/01/2022, Perrotta, Rv. 283034), poi perché la motivazione del giudice dell’esecuzione non si è soffermata soltanto sul criterio temporale, ma anche sulla diversità strutturale delle condotte e sull’estemporaneità di alcune delle vicende delittuose che si chiede di porre in continuazione, parametri di valutazione dell’esistenza o meno di un unico disegno criminoso che non sono attinti dalla valutazione effettuata dai giudici della cognizione.
Non determina, invece, annullamento ex art. 619 cod. proc. pen. la circostanza che il giudice dell’esecuzione si sia pronunciato anche sulla esistenza o meno della continuazione anche su vicende che non erano state devolute alla sua cognizione, in quanto già oggetto del riconoscimento della continuazione esterna in sede di cognizione. Il giudice dell’esecuzione doveva, infatti, limitarsi a verificare l’esistenza o meno di un unico disegno criminoso tra il gruppo dei reati delle sentenze sub 2., 3. e 4. con quelli della sentenza sub 1., ovvero le plurime insolvenze fraudolente commesse negli alberghi di Rimini e Riccione nell’estate del 2020; invece, nel provvedimento impugnato si legge anche che non possono essere messi in continuazione tra loro i fatti commessi a bordo del treno il 27 novembre del 2017, oggetto della sentenza sub 2., con quelli di indebita percezione delle erogazioni pubbliche previste dal decreto salva Italia oggetto della sentenza sub 3. o quello delle false dichiarazioni all’autorità giudiziaria per uscire dal Comune di residenza oggetto della continuazione interna alla sentenza sub 2.; ne consegue che su questa parte, su cui il giudice dell’esecuzione è andato oltre l’ambito di ciò che era stato devoluto alla sua cognizione, restano ferme le statuizioni, sulla continuazione interna ed esterna, emesse in sede di cognizione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto inconferente con il contenuto del provvedimento impugnato.
Il motivo, infatti, contesta il dissenso del pubblico ministero alla richiesta presentata dal ricorrente ex art. 188 disp. att. cod. proc. pen., dissenso che era stato espresso sul rilievo dell’asserita non concedibilità delle attenuanti generiche; nl’ordinanza del giudice dell’esecuzione non ha condiviso il giudizio del pubblico ministero, ma ha ritenuto in radice non esistente il medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto dell’istanza.
Pertanto, la confutazione delle ragioni del dissenso del pubblico ministero, che ha ritenuto l’esistenza di un unico disegno criminoso, ma non ha ritento congrua la pena, non è conferente con il provvedimento impugnato che ha seguito un diverso percorso logico, con cui il ricorso non si confronta in questo motivo, incorrendo nel vizio di aspecificità del motivo di impugnazione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME Cave, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823).
Il ricorso è, nel complesso, infondato. Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 maggio 2024
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Il consigliere estensore
Il presidente