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Continuazione tra reati: i criteri della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20259/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati diversi, tra cui truffa e indebito utilizzo di carte di credito. La Corte ha stabilito che per applicare l’istituto della continuazione tra reati non è sufficiente la somiglianza dei crimini o la loro vicinanza temporale, ma è indispensabile dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso programmato fin dal primo reato, escludendola in caso di comportamenti estemporanei e non pianificati.

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Pubblicato il 17 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Piano Criminale Non Esiste

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare sotto un unico ‘disegno criminoso’ più violazioni della legge penale. Ma quali sono i limiti per la sua applicazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20259/2024) offre chiarimenti cruciali, sottolineando che la mera somiglianza dei reati o la loro vicinanza nel tempo non sono sufficienti. Analizziamo insieme la vicenda.

I Fatti: Una Serie Eterogenea di Condanne

Il caso riguarda un individuo condannato con quattro sentenze distinte per una pluralità di reati commessi in un arco temporale di circa quattro anni. Le condotte erano variegate e spaziavano da episodi di insolvenza fraudolenta in alberghi e indebito utilizzo di carte di credito, fino a reati più complessi come la sostituzione di persona, l’usurpazione di funzioni pubbliche (fingendosi un controllore ferroviario), il possesso di segni distintivi contraffatti, la truffa e l’indebita percezione di erogazioni pubbliche legate all’emergenza pandemica.

L’interessato si era rivolto al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo di applicare la disciplina della continuazione tra reati a tutte le condanne, sostenendo che fossero tutte espressione di un medesimo progetto criminale.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale di Ravenna aveva respinto l’istanza. Secondo il giudice, mancavano elementi concreti per affermare l’esistenza di una programmazione unitaria dei reati. Le condotte, sebbene in parte omogenee, apparivano piuttosto come atti estemporanei, frutto della personalità ‘istrionica’ del condannato. Il giudice ha ritenuto incredibile che il primo reato del 2017 (l’usurpazione di funzioni su un treno) potesse essere stato pianificato insieme a reati successivi e molto diversi, come la truffa sui fondi per la pandemia o l’utilizzo di carte clonate negli hotel.

L’Analisi della Cassazione sulla continuazione tra reati

Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. La Suprema Corte ha però ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Vediamo i punti chiave del ragionamento dei giudici di legittimità.

Gli Indici Rivelatori del Disegno Criminoso

La Corte ribadisce un principio consolidato: per il riconoscimento della continuazione tra reati, non basta la presenza di alcuni indicatori come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità spazio-temporale. È necessaria una verifica approfondita che dimostri che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

Nel caso di specie, la distanza temporale significativa (dal 2017 al 2021) e la diversità strutturale delle condotte sono stati considerati indici validi per escludere un piano unitario. La decisione del giudice dell’esecuzione, che ha qualificato i comportamenti come ‘estemporanei’, non è stata ritenuta illogica.

L’Irrilevanza della Contraddizione Esterna

Il ricorrente aveva anche evidenziato una presunta contraddizione con una precedente sentenza di cognizione che, per una parte dei reati, aveva già riconosciuto la continuazione. La Cassazione ha respinto anche questo motivo, specificando che il vizio di contraddittorietà, per essere rilevante, deve essere interno alla decisione impugnata, e non può basarsi sul confronto con un altro provvedimento giudiziario.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla necessità di un’indagine rigorosa per l’applicazione della continuazione tra reati. L’istituto non può essere una conseguenza automatica della commissione di più illeciti da parte della stessa persona. Deve emergere una ‘volizione unitaria’ che abbracci l’intero arco delle condotte criminose. La decisione del giudice dell’esecuzione è stata considerata immune da censure perché ha correttamente valorizzato elementi fattuali (distanza temporale, diversità dei reati) che rendevano implausibile l’esistenza di un programma criminoso unitario concepito sin dall’inizio.

Inoltre, la Corte ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, in quanto non pertinente rispetto al nucleo della decisione impugnata. Il ricorrente contestava il dissenso del pubblico ministero su aspetti sanzionatori, ma il giudice aveva basato il rigetto su una ragione diversa e preliminare: l’assenza del medesimo disegno criminoso.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma l’importanza di una valutazione caso per caso nell’applicazione della continuazione tra reati. Non esistono automatismi: la somiglianza dei crimini e la vicinanza temporale sono solo indizi, che possono essere superati da elementi di segno contrario, come la diversità strutturale delle condotte e la loro natura estemporanea. Per i professionisti del diritto e per i cittadini, questo significa che la richiesta di applicazione di tale istituto deve essere supportata da prove concrete di una programmazione iniziale, senza la quale i reati verranno considerati episodi distinti e autonomi.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
La continuazione tra reati si può applicare solo quando viene dimostrata l’esistenza di un unico disegno criminoso, ovvero quando i reati successivi al primo erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, fin dall’inizio. Non sono sufficienti la semplice somiglianza dei reati o la loro vicinanza nel tempo.

La diversità dei reati commessi esclude automaticamente la continuazione?
Sebbene non la escluda in modo automatico, la diversità strutturale delle condotte, unita a una significativa distanza temporale tra i fatti, costituisce un forte indicatore contro l’esistenza di un unico disegno criminoso. Spetta al giudice valutare se, nonostante le differenze, i reati fossero riconducibili a un piano unitario iniziale.

Una precedente sentenza che ha riconosciuto la continuazione per alcuni reati è vincolante per il giudice dell’esecuzione?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il vizio di contraddittorietà della motivazione deve essere interno al provvedimento impugnato. Pertanto, il giudice dell’esecuzione non è vincolato da una valutazione sulla continuazione fatta da un altro giudice in un diverso procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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