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Continuazione tra reati: errore del giudice va corretto

Un condannato ha richiesto l’applicazione della continuazione tra reati per sette diverse sentenze. Il giudice dell’esecuzione ha erroneamente respinto l’istanza, ritenendola una ripetizione di una precedente richiesta che ne riguardava solo tre. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, qualificandola come un ‘lapsus’, e ha ordinato una nuova e completa valutazione di tutti i reati, sottolineando la necessità di un esame approfondito per la corretta applicazione dell’istituto della continuazione tra reati.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: l’importanza di una valutazione completa e l’errore del Giudice

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, mirando a una valutazione complessiva della condotta criminale di un soggetto quando più illeciti sono legati da un unico disegno. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 26855/2024) ha ribadito un principio fondamentale: il giudice dell’esecuzione deve esaminare con attenzione e completezza la richiesta di applicazione di tale disciplina, senza cadere in errori di valutazione che ne pregiudichino l’esito. Vediamo nel dettaglio il caso.

I fatti del caso: una richiesta di unificazione delle pene

Un soggetto, già condannato con sette distinte sentenze, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati per tutti i procedimenti a suo carico. L’obiettivo era unificare le pene inflitte, riconducendole a un unico progetto criminoso, con conseguente rideterminazione di una pena complessiva più mite.

È importante notare che per alcuni di questi reati, la continuazione era già stata riconosciuta in due precedenti e distinti provvedimenti. La nuova istanza, quindi, mirava a estendere tale vincolo anche ai reati non ancora esaminati e a unificare i diversi ‘blocchi’ di reati già oggetto di precedenti decisioni.

La decisione del Giudice e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta dichiarando ‘non luogo a provvedere’. La motivazione si basava sull’erroneo presupposto che la questione fosse già stata decisa con una precedente ordinanza. In pratica, il giudice ha ritenuto che la nuova istanza fosse una mera duplicazione di una richiesta passata, senza accorgersi che l’oggetto della domanda era in realtà molto più ampio, includendo procedimenti non trattati in precedenza.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione e sottolineando come il giudice avesse omesso di pronunciarsi sulla richiesta complessiva, limitandosi a considerare solo una parte dei reati menzionati.

Le motivazioni della Cassazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando con rinvio l’ordinanza impugnata. La decisione dei giudici di legittimità è netta e si fonda sul riconoscimento di un evidente ‘lapsus’ del giudice dell’esecuzione.

La Corte ha chiarito che la decisione impugnata era palesemente errata perché fondata su una coincidenza solo parziale tra l’oggetto della nuova richiesta e quello di una precedente. Il giudice avrebbe dovuto effettuare una nuova e autonoma valutazione, finalizzata a verificare se tutti i reati indicati – sia quelli già unificati in ‘gruppi’ separati, sia quelli non ancora esaminati – potessero essere considerati espressione di un medesimo disegno criminoso. Invece di svolgere questa analisi, si è limitato a un rigetto aprioristico basato su un fraintendimento.

Le conclusioni: il dovere di una delibazione completa

Questa sentenza riafferma un principio cruciale nella fase esecutiva della pena: il giudice ha il dovere di esaminare nel merito e in modo completo le istanze presentate dal condannato, specialmente quando riguardano istituti come la continuazione tra reati, che incidono significativamente sulla libertà personale. Un errore di valutazione, anche se frutto di una svista, lede il diritto del condannato a una corretta applicazione della legge.

L’annullamento con rinvio impone ora al Tribunale di procedere a un nuovo giudizio, questa volta esteso a tutti i reati per i quali è stata richiesta l’applicazione della disciplina del reato continuato, garantendo così una decisione giusta e completa.

Cosa significa ‘continuazione tra reati’?
Significa che più reati, anche commessi in tempi diversi, vengono considerati come parte di un unico piano criminale. Questo permette di applicare una sola pena, calcolata partendo da quella per il reato più grave e aumentandola, anziché sommare matematicamente le singole pene.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la decisione del Tribunale?
La Corte ha annullato la decisione perché il giudice dell’esecuzione ha commesso un errore (‘lapsus’), respingendo la richiesta del condannato senza esaminarla nel merito. Il giudice ha erroneamente creduto che la richiesta fosse identica a una precedente già decisa, mentre in realtà era più ampia e includeva altri reati.

Cosa accade ora nel procedimento?
Il caso torna al Tribunale, che dovrà celebrare un nuovo giudizio. In questa nuova fase, il giudice dovrà esaminare attentamente e in modo completo la richiesta, verificando se tutti e sette i gruppi di reati possano essere unificati sotto il vincolo della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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