Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23899 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23899 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Polistena il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia
avverso la sentenza in data 20/10/2023 della Corte di Appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20 ottobre 2023 la Corte di Appello di Napoli, giudicando a seguito di accordo tra le parti ex art. 599-bis cod. proc. pen., in parziale riforma della sentenza n. 169/23 emessa dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Avellino in data 30 marzo 2023, appellata dall’imputato NOME COGNOME, ha dichiarato non doversi procedere in relazione ai reati di cui ai capi 5 (furto aggravato) e 6 (indebito utilizzo di una carta PostePay) della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni per precedente giudicato ed ha ridotto la pena inflitta all’imputato in anni 3 di reclusione ed euro 900,00 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata nella quale l’imputato era stato condannato al risarcimento del danno (da liquidarsi in separata sede) in favore della costituita parte civile NOME COGNOME.
I reati per i quali è intervenuta la condanna dell’imputato sono quelli di furto aggravato ai danni di NOME COGNOME (capo 1), di uso indebito di carte bancomat (capi 2 e 4) e di ricettazione (capo 3).
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’imputato, deducendo con motivo unico la violazione degli articoli 599-bis cod. proc. pen. e 81 cod. pen. in relazione all’art. 606 cod. proc. pen.
Rileva al riguardo la difesa del ricorrente che la Corte di appello ha pronunciato per i capi 5 e 6 declaratoria di improcedibilità ex articolo 649 cod. proc. pen. essendo, in relazione ai fatti ivi contestati, stato emesso decreto penale di condanna divenuto esecutivo da parte del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Salerno, senza tenere conto, però, che per tali ipotesi delittuose era già stato riconosciuto il vincolo della continuazione con i reati per i quali è intervenuto il concordato in appello.
L’omessa applicazione della continuazione integra, dunque, una violazione di legge riconducibile entro i confini del sindacato del giudice di legittimità nell’ottica della illegalità della pena applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Avellino, all’esito di giudizio abbreviato, con la citata sentenza in data 30 marzo 2023 nella determinazione della pena irrogata al COGNOME (v. pag. 13 della relativa sentenza) aveva operato come segue:
pena base per il reato di cui al capo 3, anni 3 di reclusione ed euro 600,00 di multa;
aumento per la contestata recidiva ad anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 900,00 di multa;
ulteriore complessivo aumento di anni 2 di reclusione ed euro 600 di multa per la continuazione: mesi 6 di reclusione ed euro 150,00 di multa per ciascuno dei reati in continuazione (quindi anche quelli di cui ai capi 5 e 6 – ndr.);
riduzione per il rito ad anni 4 e mesi 4 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa.
Con la sentenza della Corte di appello il trattamento sanzionatorio è stato determinato come segue:
pena base per il reato di cui al capo 3, anni 2 di reclusione ed euro 600,00 di multa;
aumento per la contestata recidiva ad anni 3 e mesi 4 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa;
aumento per la continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen. ad anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 1.200,00 di multa determinata come segue: mesi 6 di reclusione ed euro 100,00 di multa per il capo 1, mesi 4 di reclusione ed euro 50,00 di multa per il capo 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 50,00 di multa per il capo 4;
riduzione per il rito ad anni 3 reclusione ed euro 900,00 di multa.
Il calcolo della pena così come effettuato non ha portato all’applicazione di una “pena illegale” essendo stati esclusi gli aumenti indicati nella sentenza di primo grado per i reati di cui ai capi 5 e 6.
Le parti nell’ambito dell’accordo ex art. 599-bis cod, proc. pen. nulla hanno detto circa la continuazione tra i reati residui (capi da 1 a 4) e quelli di cui oggetto del decreto penale divenuto esecutivo (già capi 5 e 6),
Il fatto che il giudice di primo grado abbia riconosciuto l’allora continuazione “interna” con i capi 5 e 6 mentre la Corte di appello (accogliendo l’accordo RAGIONE_SOCIALE parti) nulla abbia detto circa la eventuale continuazione “esterna” con i capi 5 e 6 non determina una violazione di legge rilevabile in questa sede.
Parte ricorrente avrà comunque la possibilità di rivolgersi al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione “esterna” tra i reati di cui alla sentenza della Corte di appello e quelli di cui al decreto penale di condanna del G.i.p. del Tribunale di Salerno.
La manifesta infondatezza del ricorso impone la declaratoria di inammissibilità dello stesso.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 6 giugno 2024.