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Continuazione tra reati e giudice competente: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati oggetto di due procedimenti penali distinti. La sentenza chiarisce che la competenza per decidere sulla cosiddetta “continuazione esterna” spetta esclusivamente al giudice dell’esecuzione, una volta che le sentenze sono diventate definitive, e non al giudice dell’impugnazione nel merito.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: a Chi Chiederla se Giudicati Separatamente?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, offre un importante chiarimento procedurale sul tema della continuazione tra reati, specialmente quando i crimini sono stati oggetto di procedimenti penali distinti. La decisione sottolinea una regola fondamentale: la richiesta di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione in questi casi non può essere avanzata nel giudizio di merito, ma deve essere indirizzata a un organo specifico, il giudice dell’esecuzione. Analizziamo la vicenda per comprendere la portata di questo principio.

I Fatti del Caso: Il Doppio Giudizio

Un imputato veniva condannato in primo grado dal Tribunale di Avellino per una serie di reati, tra cui furto aggravato, uso indebito di carte di pagamento e ricettazione (capi da 1 a 6). Successivamente, in sede di appello, la difesa e l’accusa raggiungevano un accordo sulla pena. La Corte di Appello di Napoli, nel ratificare l’accordo, si accorgeva che per due dei reati contestati (capo 5, furto aggravato, e capo 6, indebito utilizzo di carta di pagamento) l’imputato era già stato condannato con un decreto penale definitivo emesso dal Tribunale di Salerno. Di conseguenza, in applicazione del principio del ne bis in idem (non si può essere giudicati due volte per lo stesso fatto), la Corte dichiarava il non doversi procedere per quei due capi d’imputazione.

La Rideterminazione della Pena in Appello

A seguito di questa declaratoria, la Corte di Appello ricalcolava la pena per i restanti reati (capi da 1 a 4), escludendo gli aumenti che il giudice di primo grado aveva applicato proprio per la continuazione con i reati dei capi 5 e 6. La pena finale veniva così ridotta a 3 anni di reclusione e 900 euro di multa.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della continuazione tra reati

Nonostante la riduzione di pena, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione. La tesi difensiva sosteneva che la Corte di Appello, pur avendo escluso i reati già giudicati, avrebbe commesso un errore non applicando la continuazione tra reati residui (quelli del presente procedimento) e quelli oggetto del decreto penale di Salerno. Secondo il ricorrente, questa omissione avrebbe reso la pena “illegale”, violando l’articolo 81 del codice penale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Il ragionamento della Corte si basa su una distinzione cruciale in materia di continuazione tra reati:

1. Continuazione “interna”: Si verifica quando i reati legati dal medesimo disegno criminoso sono giudicati all’interno dello stesso procedimento. In questo caso, è il giudice della cognizione (primo grado o appello) a doverla riconoscere e applicare.

2. Continuazione “esterna”: Riguarda l’ipotesi in cui i reati facenti parte di un unico disegno criminoso sono stati oggetto di sentenze diverse e irrevocabili, emesse in procedimenti separati. È esattamente la situazione del caso di specie.

La Suprema Corte ha chiarito che, quando si tratta di una continuazione “esterna”, l’organo competente a decidere non è il giudice del processo di merito (come la Corte di Appello o la Cassazione in sede di impugnazione), ma il giudice dell’esecuzione. È a quest’ultimo che l’interessato deve presentare un’apposita istanza una volta che tutte le sentenze sono diventate definitive. L’accordo raggiunto in appello non menzionava tale questione, e la Corte d’Appello ha correttamente ricalcolato la pena solo per i reati di sua competenza, senza poter entrare nel merito di un’altra sentenza definitiva. La pena applicata, pertanto, non era affatto “illegale”.

Conclusioni: La Via Corretta per il Riconoscimento della Continuazione

La sentenza in esame ribadisce un principio procedurale di fondamentale importanza pratica. Chi si trova ad avere più condanne definitive, ritenendo che i reati siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, non deve tentare di sollevare la questione durante l’appello o il ricorso per cassazione relativo a una delle sentenze. La strada corretta è una sola: attendere che tutte le condanne diventino irrevocabili e, solo a quel punto, presentare un’istanza al giudice dell’esecuzione. Sarà quest’ultimo a valutare la sussistenza del vincolo della continuazione e, in caso positivo, a rideterminare una pena complessiva e più favorevole per il condannato. Scegliere la via procedurale errata, come dimostra questo caso, porta solo a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

A quale giudice bisogna rivolgersi per chiedere la continuazione tra reati giudicati in procedimenti diversi?
La richiesta di applicazione della cosiddetta “continuazione esterna” deve essere presentata al giudice dell’esecuzione, e non al giudice del processo di merito (come la Corte d’Appello o la Cassazione), una volta che le sentenze relative ai diversi reati sono diventate definitive.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché sollevava una questione, quella della continuazione con reati giudicati in un altro procedimento, di competenza esclusiva del giudice dell’esecuzione. La Corte di Cassazione, in sede di legittimità, non poteva esaminare nel merito tale richiesta.

Cosa accade alla pena se alcuni reati vengono esclusi dal processo perché già giudicati?
Se alcuni capi d’imputazione vengono esclusi per il principio del ne bis in idem (precedente giudicato), il giudice deve ricalcolare la pena per i soli reati residui, eliminando gli eventuali aumenti di pena che erano stati applicati per la continuazione con i reati esclusi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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