Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 30484 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 30484 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Crotone il 02/02/1969
avverso l’ordinanza del 25/02/2025 della Corte d’appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso con requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Catanzaro, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta presentata da NOME COGNOME di riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati giudicati con tre sentenze definitive relative a delitti di cui agli artt. 416bis , 629, 635, cod. pen., art. 7 della legge n. 203 del 1991, 73, 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (sentenza sub A); art. 629 cod. pen. (sentenza sub B); artt. 337, 612, cod. pen., 23 legge n. 110 del 1975 (sentenza sub C).
Ricorre il condannato, per il tramite della difesa, avv. NOME COGNOME affidando l ‘ impugnazione a un unico motivo con il quale denuncia inosservanza, erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen., 671 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in quanto manifestamente illogica e apparente.
Il ricorrente evidenzia l’omogeneità delle condotte, le costanti modalità esecutive e la concentrazione temporale dei fatti giudicati con le sentenze indicate.
Dopo aver ripercorso le vicende processuali di cui alle tre sentenze, si segnala che l’arco temporale, il luogo di consumazione dei reati della sentenza sub A, sono corrispondenti e perfettamente sovrapponibili rispetto ai reati giudicati con le sentenze sub B e C. Le estorsioni sono state eseguite nel rione della città di Crotone denominato INDIRIZZO, ai danni delle stesse persone offese che avevano consegnato a COGNOME somme di denaro a titolo estorsivo e che, successivamente, avevano subito pressioni per non rendere dichiarazioni testimoniali al processo.
Unico è, dunque, per il ricorrente, il programma criminoso del condannato, fin dal primo momento, trattandosi di narcotrafficante, responsabile delle attività estorsive nel rione INDIRIZZO, fin dal l’ esordio del suo percorso criminale intrapreso all’interno dell ‘associazione denominata ‘ ndrangheta .
Anche la condotta descritta nella terza sentenza, di resistenza a pubblico ufficiale e porto clandestino di armi rientra, per il ricorrente, nel programma associativo tanto che, nella contestazione del reato permanente di cui alla prima sentenza, vi è anche la condotta di porto clandestino di armi comuni da sparo. Il ricorrente, poi, in data 2 novembre 2007, a seguito di controllo, sarebbe stato trovato in possesso di una pistola e condannato in via definitiva con la sentenza sub C.
Dalla prima sentenza risulta che, il 30 e il 31 ottobre 2007, COGNOME, nel corso di intercettazioni, era risultato in possesso di un’ arma da sparo con la quale voleva attentare alla vita di poliziotti. Dunque, l’arma rinvenuta il 2 novembre 2007, a parere del ricorrente, sarebbe la stessa di cui alla sentenza sub A e, comunque, vi è contestazione di reati omogenei rispetto a quello per il quale COGNOME è stato condannato con la terza sentenza.
Tutti gli indici richiamati portano a ritenere, secondo il ricorrente, la sussistenza, fin dall’inizio dell’attività associativa, di tutte le condotte successivamente attuate e il Tribunale non ha motivato espressamente in ordine alle circostanze che la difesa avrebbe, peraltro, potuto porre a base anche della precedente istanza avanzata nel 2021.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Va premesso che con precedente istanza era già stata prospettata la continuazione tra i reati di cui alle sentenze sub A e B, richiesta respinta dal Giudice dell’esecuzione in data 14 gennaio 2021. L’elemento di novità che si introduce e che rende ammissibile l’istanza è il passaggio in giudicato della condanna sub C.
Rispetto a questa pronuncia che ha condannato il ricorrente per il possesso di arma clandestina, accertato nel 2007, oltre che per resistenza a pubblico ufficiale, la Corte territoriale motiva il diniego della richiesta in modo esauriente (v. p. 2) e immune da illogicità manifesta, affermando che il fatto che nel primo processo erano state individuate delle intercettazioni che attestavano il possesso di armi da parte di COGNOME, non era certamente riferibile alla specifica pistola di cui si tratta nella sentenza sub C e che, comunque, il ragionamento svolto sul punto nel l’istanza non poteva che considerarsi meramente congetturale.
Peraltro, deve riscontrarsi che il reato relativo all ‘arma clandestina di cui alla sentenza sub C non risulta aggravato ai sensi dell’art. 416 -bis .1 cod. pen. e che anche il reato estorsivo contestato al capo B non risulta aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991.
Inoltre, altri dati per rivedere il già pronunciato diniego tra i reati sub A e B non risultano introdotti con il ricorso, con specifici argomenti, e, comunque, le ragioni devolute pretenderebbero il riesame di risultanze istruttorie inibito a questa Corte;
Non vi sono elementi, dunque, per sostenere che i reati giudicati con le sentenze sub B e C erano già stati ideati al momento dell’inizio della partecipazione associativa; né si può trascurare che, con riferimento al reato estorsivo di cui alla sentenza sub B, l ‘ inserimento nel sodalizio è avvenute successivamente rispetto alla condotta estorsiva ( in particolare l’ estorsione giudicata con la sentenza sub B risale al 2001, mentre il reato associativo è commesso tra il 2006 e 2007 alla stregua della contestazione che viene riportata nel provvedimento censurato).
1.2. La motivazione, quindi, appare ineccepibile, immune da vizi di ogni tipo e in linea con la giurisprudenza di questa Corte in tema di continuazione tra reati associativi e reati cd. fine.
In sede di legittimità, invero, si è affermato che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, di un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio─temporale, le sing ole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino, comunque, frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074) e che grava sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina del reato continuato l’onere di allegare elementi specifici e concreti a sostegno, non essendo sufficiente il mero riferimento alla contiguità cronologica degli addebiti e all’identità dei titoli di reato, in quanto indici in sé sintomatici, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (tra le altre, Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
Quanto, poi, alla continuazione tra reato associativo e reati fine l’indirizzo interpretativo di questa Corte (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595; Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334; 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259481) cui il Collegio aderisce, si è espresso nel senso che non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali.
Sotto tale profilo va rimarcato che il provvedimento impugnato segnala, pur a fronte della vicinanza temporale e territoriale dei fatti, che il delitto di porto di armi giudicato con la sentenza sub c) è stato commesso da COGNOME in concorso con la moglie -risultata estranea ai contesti associativi di cui all ‘ altra condanna – in una situazione contingente e inserito in una pluralità di altri reati comuni che sono stati considerati (v. p. 2), con ragionamento immune da illogicità manifesta,
espressione non di unitarietà del disegno criminoso, ma dello stile di vita del ricorrente e del coniuge.
Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20 giugno 2025