Continuazione tra Reati: Quando il Disegno Criminoso Non Basta
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per la determinazione di una pena equa quando un soggetto commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19905/2024) ha ribadito i rigorosi presupposti necessari per il suo riconoscimento, specialmente in contesti di criminalità organizzata.
I Fatti del Caso in Analisi
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un condannato avverso l’ordinanza della Corte di Appello che aveva rigettato la sua richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato. L’istante chiedeva di unificare le pene derivanti da tre sentenze irrevocabili per reati eterogenei: associazione di tipo mafioso, tentata estorsione e riciclaggio. Secondo la sua tesi, tutti i reati erano frutto di un unico progetto criminoso legato alla sua appartenenza a un’organizzazione criminale.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Continuazione tra Reati
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha chiarito che, per poter applicare la continuazione tra reati, non è sufficiente la mera successione cronologica di più delitti, ma è indispensabile dimostrare l’esistenza di un’unica e originaria programmazione criminale.
L’Assenza di un Progetto Unitario e Omogeneo
I giudici hanno rilevato che i reati contestati non erano omogenei sul piano esecutivo e non apparivano riconducibili, neppure in astratto, a una preordinazione criminosa comune. In particolare, la tentata estorsione e il riciclaggio non risultavano direttamente collegati al ruolo specifico svolto dal ricorrente all’interno dell’associazione criminale. Mancava, quindi, quel filo conduttore rappresentato dal ‘medesimo disegno criminoso’ che costituisce il presupposto essenziale dell’istituto.
La Continuazione e la Criminalità Organizzata: Un Onere Probativo Rigoroso
Il punto cruciale della decisione riguarda i reati commessi nel contesto della criminalità organizzata. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando si invoca la continuazione per reati legati a un’associazione criminale, non basta un generico riferimento alla tipologia dei delitti o alla comune matrice mafiosa. È invece necessaria ‘una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo’. Questo serve ad accertare in modo concreto l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione, dimostrando che i vari reati sono tappe di un unico piano e non episodi criminali distinti e autonomi.
Le Motivazioni della Sentenza
La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. In primo luogo, l’eterogeneità delle condotte e la mancanza di un collegamento fattuale e logico tra i diversi reati impediscono di identificarli come attuazione di un singolo piano. In secondo luogo, in presenza di reati associativi, l’onere della prova per chi richiede la continuazione si aggrava: è necessario fornire elementi concreti che dimostrino come i diversi crimini siano espressione della medesima strategia operativa dell’organizzazione e non semplicemente frutto di iniziative estemporanee o legate a contesti differenti. Il semplice fatto di gravitare in un ambiente di criminalità organizzata non è sufficiente a creare un’automatica presunzione di unicità del disegno criminoso.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a evitare un’applicazione eccessivamente estensiva dell’istituto della continuazione. La decisione sottolinea che il ‘medesimo disegno criminoso’ non è un concetto astratto, ma un requisito fattuale che deve essere provato in modo specifico e puntuale. Per i condannati, ciò significa che la richiesta di unificazione delle pene deve essere supportata da prove concrete che attestino un’unica programmazione iniziale, specialmente quando si tratta di reati gravi e complessi come quelli legati alla criminalità organizzata. La sentenza funge da monito: l’appartenenza a un sodalizio criminale non è, di per sé, una garanzia per ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole attraverso la continuazione.
È sufficiente commettere più reati per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha stabilito che i reati devono essere riconducibili a una preordinazione criminosa unitaria e risultare omogenei sul piano esecutivo. La semplice successione di crimini non basta a integrare il requisito.
Quali sono i requisiti specifici per la continuazione quando i reati sono legati alla criminalità organizzata?
In questi casi, non basta un generico riferimento alla tipologia dei reati o all’appartenenza a un’organizzazione. È necessaria una specifica indagine sulla natura dei sodalizi, la loro concreta operatività e continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e del piano criminoso.
Cosa succede se un ricorso per il riconoscimento della continuazione viene dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, quando il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19905 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TROINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/01/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza dell’8 gennaio 2023, con la quale la Corte di appello di Caltanissetta rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1-3 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione criminosa, tenuto conto del fatto che né la tentata estorsione di cui al punto 2 né il riciclaggio .cli cui al punto 3 che è antecedente al reato associativo per cui il ricorrente era condannato con la sentenza di cui al punto 1 – appaiono collegati al ruolo consortile svolto da COGNOME in seno alla criminalità organizzata troinese, nella quale gravitava.
Ritenuto, per altro verso, che laddove il vincolo della continuazione sia invocato in sede esecutiva con riferimento a una pluralità di reati, collegati a un’organizzazione, analogamente al caso di COGNOME, non è sufficiente il riferimento alla tipologia dei reati e all’astratta omogeneità delle condotte, svincolata dalle emergenze processuali, occorrendo «una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.