Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38212 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38212 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto il rigétto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la pronuncia sopra indicata, la Corte di appello di Napoli, su richiesta presentata nell’interesse di NOME COGNOME, applicava l’istituto della continuazione, ai sensi dell’art. 81 cod. pen., per le seguenti sentenze di condanna:
Corte di appello di Napoli, emessa in data 23/02/2022, per estorsioni, usura, violenza privata aggravata dall’art. 7 I. n. 203 del 1991, in Recale e Casagiove da novembre 2015 a maggio 2016;
Corte di appello di Napoli, emessa in data 5/11/2021, per art. 416-bis cod. pen., in Recale dal 2009 al maggio 2019.
Escludeva, invece, rispetto alla richiesta ) la sentenza n. 285/13 del Gip presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, emessa in data 30/5/2017, per usura, accertata in Caserta e provincia da ottobre 2012 a novembre 2013 ritenendo non sufficienti gli elementi di contiguità cronologica e relativi all’identità o analogia d titoli di reato per cui sono intervenute tali condanne in relazione alla preventiva rappresentazione del medesimo disegno criminoso senza l’allegazione di elementi specifici e concreti come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità.
NOME COGNOME ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, affidandosi a un unico motivo.
Con tale motivo, il difensore dell’interessato denuncia la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’invocata continuazione tra la sentenza n. 285/13 emessa dal Gip presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere e le altre sentenze sopra indicate per le quali invece la Corte territoriale ha applicato l’istituto. Si lamenta che la motivazione adottata per il rigetto della richiesta sia carente, poiché anche i reati di cui alla sentenza rimasta esclusa (relativa a sette episodi di usura e uno di estorsione) avrebbero dovuto essere considerati quale espressione del medesimo disegno criminoso, essendo legati all’appartenenza del RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE, per il quale il ricorrente avrebbe agito, nel medesimo arco temporale della sua partecipazione, in favore di tale RAGIONE_SOCIALE. Ciò era stato oggetto di specifica indicazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia COGNOME il quale avrebbe affermato in data 9 febbraio 2015 che il COGNOME si occupava per il suddetto RAGIONE_SOCIALE dei fatti di usura e, su tale deduzione la corte non ha fornito alcun riscontro.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il ricorso è fondato, quindi, meritevole di un accoglimento.
Come correttamente evidenziato in ricorso, il giudizio della Corte di cassazione, infatti, può e deve limitarsi alla verifica della complessiva tenuta logica delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, senza sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma valutando soltanto se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995, COGNOME, Rv. 203428, ribadita, in termini analoghi, anche da Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Da ciò, va rilevato che il provvedimento impugnato in motivazione non ha debitamente considerato la deduzione difensiva relativa alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia che, secondo l’assunto difensivo, avrebbe consentito di considerare la sentenza di condanna, invece rimasta esclusa, all’interno del medesimo disegno criminoso.
Appare opportuno ricordare che, come evidenziato dal Procuratore generale, questa Corte, in tema di art. 81 cod. pen., ha già affermato che il problema della configurabilità della continuazione tra reato associativo e reati-fine non va impostato in termini di compatibilità strutturale, in quanto nulla si oppone a che, sin dall’inizio, nel programma criminoso dell’RAGIONE_SOCIALE, si concepiscano uno o più reati-fine individuati nelle loro linee essenziali, di guisa che tra quest reati e quello associativo si possa ravvisare una identità di disegno criminoso. Ne consegue che tale problema si risolve in una “quaestio facti” la cui soluzione è rimessa di volta in volta all’apprezzamento del giudice di merito” (Sez. 6, n. 15889 del 02/03/2004, GLYPH Rv. 228874). Tale GLYPH principio è stato reiteratamente affermato e può essere qui ribadito anche alla luce dell’ultimo precedente conforme rappresentato da Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Rv. 257253 relativo a una fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la decisione che non aveva riconosciuto, in sede esecutiva, la continuazione in relazione a due sentenze di condanna, una per usura e l’altra per RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE, riciclaggio e usura aggravata ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 sul presupposto sia della diversità strutturale della fattispecie di usura, sia del dato temporale.
Sulla base delle precedenti considerazioni deriva l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 28/6/2024