Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43217 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43217 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/02/2024 del GIP TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 febbraio 2024 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di AVV_NOTAIO, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME con la quale era stata chiesta l’applicazione della disciplina della continuazione in relazione alle sentenze emesse nell’ambito dei seguenti procedimenti:
n. 1767/2015 r.g.n.r. all’esito del quale è stata pronunciata condanna per il delitto di cui all’art. 416b1s cod. pen. e 10 legge n. 497 del 1974, aggravato ai sensi dell’art. 7 legge n. 203 del 1991;
n. 753/2013 r.g.n.r. relativo a più tentati omicidi, violazioni in materia di armi e ricettazione;
n. 8066/2014 r.g.n.r. definito con condanna per i reati di cui al combinato disposto degli artt. 81, comma secondo, 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo, n. 3, cod. pen.
Il giudice dell’esecuzione, pur avendo evidenziato il dato potenzialmente favorevole della «coincidenza dei luoghi e di tempi di commissione dei reati», ha escluso la ricorrenza di un medesimo disegno criminoso, non essendo emersa una «fase programmatoria unitaria».
Con particolare riferimento alla continuazione tra reato associativo e singoli reati fine, ha segnalato come il delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. sia stato ritenuto come commesso fino al 7 luglio 2011, mentre la commissione dei reati di cui agli altri due procedimenti (quelli sub 2) e 3)) risale ad epoca successiva alla cessazione del reato associativo con la conseguenza che gli stessi devono ritenersi frutto di «determinazioni criminali occasionali e non prevedibili».
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO COGNOME, per mezzo dei difensori, AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con un primo atto depositato il 20 febbraio 2024 con il quale ha eccepito vizio di motivazione e violazione di legge.
Il giudice dell’esecuzione sarebbe pervenuto alla decisione di rigetto omettendo una completa disamina delle sentenze emesse dai giudici della cognizione nell’ambito dei procedimenti a carico del condannato.
L’analisi si sarebbe fermata, infatti, ai soli titoli di reato.
La commissione di alcuni reati fine successivamente alla cessazione della condotta di partecipazione del condannato all’associazione a delinquere non poteva assumere rilievo decisivo e la relativa affermazione si pone in contraddizione con quanto affermato dallo stesso giudice dell’esecuzione, ossia
che i reati diversi da quello associativo rientravano nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed erano finalizzati al rafforzamento dello stesso.
Peraltro, nel procedimento per il reato associativo (per come desumibile dalla sentenza di condanna) la tesi secondo cui COGNOME sarebbe transitato, a partire dal luglio 2011, in un altro gruppo mafioso, era stata smentita, così come lo era stata in occasione di altra decisione (procedimento denominato Perseo, sentenza del Giudice per le indagini preliminari di AVV_NOTAIO dell’8 giugno 2015) prodotta ma ignorata dal giudice dell’esecuzione.
Tanto è vero che il delitto in materia di armi (commesso nel dicembre 2014, ossia a tre anni e mezzo di distanza dal luglio 2011) per il quale COGNOME ha subito condanna nel medesimo procedimento relativo al reato di cui all’art. 416bis cod. pen. è stato inteso come sintomatico del ruolo di armiere della RAGIONE_SOCIALE.
Erroneo, peraltro, è stato ritenuto il rilievo circa’il mancato accertamento di una programmazione unitaria di un progetto criminoso predeterminato nei suoi contenuti essenziali e ciò a fronte di una omogeneità dei beni giuridici tutelati dalle disposizioni violate e della vicinanza spazio – temporale dei fatti (circostanza non valutate).
Con altro ricorso depositato nell’interesse di COGNOME il 10 marzo 2024, per mezzo del difensore, AVV_NOTAIO, è stato articolato un motivo di impugnazione per vizi di violazione di legge, mancanza e manifesta illogicità della motivazione.
Nei medesimi termini di cui al precedente atto di impugnazione, è stata evidenziata la carente disamina delle sentenze di cognizione, con particolare riguardo ai passaggi argomentativi circa la smentita della tesi del passaggio cll COGNOME, a partire dal luglio 2011, ad altra associazione mafiosa.
Tale circostanza, emersa nel corso di diversi procedimenti penali, era stata evidenziata nella stessa sentenza di condanna per il delitto di cui all’art. 416b1s cod. pen.; delitto, quest’ultimo, ritenuto in continuazione (perché contestato nel medesimo procedimento) con altro in materia di armi commesso nel dicembre 2014.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
tJ (1r 1. I’g -iorsiisono fondati.
2. Deve essere richiamato, preliminarmente, il principio per cui «in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelanti una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420).
Peraltro, «il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074).
Con riferimento specifico ai reati associativi e ai rapporti tra gli stessi e i reati-fine, secondo l’orientamento prevalente qui condiviso, «è configurabile la continuazione tra il reato di partecipazione ad associazione mafiosa e i reati-fine nel caso in cui questi ultimi siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio, non essendo necessario che tale programmazione sia avvenuta al momento della costituzione dello stesso» (Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, Sellaj, Rv. 285369).
Sul punto, va altresì, ribadito che «non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili “ah origine” perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione» (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334 02).
Per completezza si segnala che non può essere trascurata neppure «la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di
detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903).
Operata tale doverosa premessa, allo scopo di individuare il perimetro entro il quale deve muoversi la valutazione del giudice dell’esecuzione ed i temi che devono essere oggetto di valutazione ai fini dell’esame dell’istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., si rileva che l’ordinanza impugnata esibisce plurime carenze motivazionali.
In primo luogo, l’assunto secondo cui la condotta associativa sarebbe cessata alla data del luglio 2011, circostanza che riveste, ai fini del rigetto della richiesta, importanza centrale, è contraddetto, motivatamente, da una serie di indicazioni precise fornite dal ricorrente e rinvenienti la propria ragione nei provvedimenti giurisdizionali a disposizione del giudice dell’esecuzione.
Questi non si è confrontato con quelle parti di motivazione della sentenza di condanna per il reato associativo (oltre che con la sentenza del procedimento Perseo del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di AVV_NOTAIO dell’8 giugno 2015) per come riportate alle pagg. 3 e 4 del ricorso depositato il 20 febbraio 2024.
E’ stata data per certa una circostanza apparentemente contrastante con più accertamenti giudiziali dei quali non si è tenuto adeguatamente conto; accertamenti che hanno smentito, al di là della delimitazione formale della contestazione della partecipazione al delitto di cui all’art. 416bis cod. pen. fino al 7 luglio 2011, il passaggio, a partire da tale data, del ricorrente ad altro gruppo.
Il dato integra una prima, significativa, carenza motivazionale che non rimane isolata.
Invero, il giudice adito non ha preso in considerazione il fatto che, nel procedimento per il reato associativo mafioso, COGNOME ha riportato condanna anche per delitti in materia di armi, aggravati dalla finalità agevolatrice della RAGIONE_SOCIALE, ossia l’unica alla quale ha sempre preso parte (secondo quanto accertato nei procedimenti penali di interesse).
Tali reati, ritenuti dal giudice della cognizione in continuazione con quello associativo, sono stati contestati come accertati nel 2014, ossia in epoca di gran lunga successiva al 2011.
Peraltro, meramente assertivo risulta il passaggio della motivazione del provvedimento impugnato laddove il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che dalla lettura delle sentenze rilevanti in questa sede, «non emerge la presenza di una fase programmatoria unitaria da parte del COGNOME, in base alla quale le singole condotte dei reati realizzati si pongano come fasi di un progetto criminoso predeterminato nei suoi contenuti essenziali».
Il dato risulta meramente affermato e privo di riferimenti a circostanze concrete.
Infine, coglie nel segno l’ulteriore censura di contraddittorietà della motivazione che, nella parte finale, ha, ritenuto, ancora una volta in termini generici, i reati diversi da quello associativo mafioso, «frutto di determinazioni criminali occasionali e non prevedibili al momento dell’ingresso di COGNOME nell’associazione criminale», segnalando, nondimeno, che gli stessi rientrano «nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso» e sono «finalizzati al rafforzamento dello stesso».
L’affermazione determina una insanabile, allo stato, frizione con la rimanente motivazione e impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata affinché il giudice dell’esecuzione rinnovi la valutazione mediante un esame che verifichi la proiezione associativa dei reati fine, rispetto all’ingresso dell’agente nel sodalizio e dunque, stabilisca se, a quel momento, la progettazione della serie di reati avesse incluso, almeno nelle loro caratteristiche essenziali, quelli oggetto dell’istanza.
Tanto alla luce di una motivazione più approfondita e radicata nell’esame delle sentenze accertative dei reati di cui si tratta, con determinazione libera nell’esito.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata relativamente alla statuizione sul diniego della continuazione, con rinvio al giudice dell’esecuzione, in diversa persona fisica (Corte cost. n. 183 del 2013), perché proceda a nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di AVV_NOTAIO.
Così deciso il 13/09/2024