Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38640 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38640 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 17/04/2024 dalla Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 aprile 2024, la Corte di appello di Napoli, pronunciandosi quale Giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione, ai sensi degli artt. 81, secondo comma, cod. pen. e 671 cod. proc. pen., in relazione alle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1 e 2 de provvedimento impugnato, emesse dalla stessa Corte nelle date del 18 giugno 2012 e del 5 maggio 2015.
Si riteneva, in particolare, ostativa all’applicazione della continuazione la circostanza che COGNOME, per affermare la sussistenza del vincolo invocato, aveva richiamato un comportamento criminoso, ulteriore ed estraneo alle pronunce di condanna irrevocabili presupposte, riguardante la fattispecie di reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., giudicata nel procedimento n. 17408/2020 R.G.N.R.
Avverso questa ordinanza NOME AVV_NOTAIO, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva alla luce della correlazione tra i reati associativi giudicati dalle due pronunce irrevocabili presupposte, riguardanti le fattispecie di cui agli artt. 416-bis cod. pen. e 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. stup.), aggravato ex art. 416-bis.1 cod. pen., commesse nell’ambito di operatività del RAGIONE_SOCIALE di Napoli,
Tale correlazione era stata svalutata dal Giudice dell’esecuzione, che aveva omesso di considerare la contiguità, temporale e tipologica, esistente tra le due condanne presupposte, che andava correlata alle condotte illecite poste in essere da COGNOME in un più vasto ambito criminale, collegato al RAGIONE_SOCIALE COGNOME, riguardante sia i fatti di reato in esame sia il delitto di cui all’art. 416-bis pen., giudicato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli nel procedimento n. 17408/2020 R.G.N.R.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
In via preliminare, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità consolidata, con specifico riferimento al vincolo della continuazione invocato da NOME COGNOME in riferimento ai reati associativi presupposti, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso, che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati – monosoggettivi, plurisoggetti o associativi che siano – già concepiti almeno nelle loro caratteristiche strutturali essenziali (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 d 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
La verifica di tale preordinazione criminosa, al contempo, non può essere compiuta dall’autorità giudiziaria sulla base di indici di natura meramente presuntiva ovvero di congetture processuali, essendo necessario, di volta in volta, dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso che, quantomeno nelle sue linee fondamentali, risulti unitario e consenta l’applicazione della disciplina prevista dagli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 671 cod. proc. pen. (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596 – 01; Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 – 01; Sez. 1, n. 46576 del 17/11/2005, COGNOME, Rv. 232965 – 01).
Tanto premesso, deve rilevarsi che la Corte di appello di Napoli non valutava correttamente le condotte illecite presupposte, escludendo la sussistenza del vincolo della continuazione invocato sull’assunto che NOME COGNOME, a sostegno delle sue deduzioni, aveva richiamato un comportamento criminoso, ulteriore ed estraneo alle pronunce di condanna presupposte, riguardante il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., giudicato nel procedimento n. 17408/2020 R.G.N.R. Tale dato circostanziale è incontroverso, atteso che la condotta illecita in questione non è compresa nelle decisioni irrevocabili esaminate nell’ordinanza impugnata, pronunciate dalla Corte di appello di Napoli nelle date del 18 giugno 2012 e del 5 maggio 2015.
In questa cornice, deve rilevarsi che è certamente vero che identificare l’unicità del disegno criminoso soltanto con la propensione del condannato ad agire come esponente di una consorteria camorristica, porterebbe a ricondurre irragionevolmente tutte le condotte illecite del ricorrente alla sfera di operativit
dello stesso sodalizio, senza il compimento di alcuna verifica sulla genesi dei singoli reati, in violazione della giurisprudenza di legittimità richiamata ne paragrafo 2, cui si rinvia. Né può assumere un rilievo unificante il ruolo ricoperto dal condannato nell’organizzazione criminale di riferimento, rappresentato nel nostro caso dal RAGIONE_SOCIALE di Napoli, al quale, sic et simpliciter, non può attribuirsi alcuna decisiva rilevanza sintomatica, in assenza di elementi probatori da cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite.
Non può, tuttavia, non rilevarsi che, nel caso di specie, non si poteva non tenere conto dell’ambiente camorristico partenopeo nel quale NOME COGNOME gravitava da tempo, che, all’evidenza, costituiva il modus operandi consolidato del ricorrente, rispetto al quale, in astratto, non sussistevano le preclusioni processuali richiamate dalla Corte di appello di Napoli. Sul punto, non si può che richiamare il principio di diritto, affermato da Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266413 – 01, secondo cui in tema «continuazione, l’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti».
L’incongruità del percorso motivazionale seguito dalla Corte di appello di Napoli, a ben vedere, emerge dallo stesso provvedimento impugnato, nel quale, a pagina 2, si osserva impropriamente che «gli elementi offerti dalla Difesa non possono essere in questa sede positivamente valutati perché essi determinerebbero come effetto quello di riconnprendere nell’unicità del disegno criminoso un ulteriore reato , per il quale il COGNOME sembrerebbe non essere mai stato giudicato»; incongruità che impone la rivalutazione complessiva degli elementi, fattuali e processuali, dedotti dal ricorrente a sostegno della sussistenza del vincolo della continuazione invocato.
3.1. Occorre, infine, evidenziare che, nel giudizio di rinvio demandato da questo Collegio, la Corte di appello di Napoli dovrà tenere conto del fatto che, nel caso in cui l’applicazione del vincolo della continuazione sia invocata in sede esecutiva con riferimento a una pluralità di fattispecie associative, collegate, come nel caso di NOME COGNOME, a un’organizzazione camorristica, non è sufficiente il riferimento alla tipologia dei reati e all’omogeneità delle condott illecite, ma «occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero
ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, Carpentieri, Rv. 271569 – 01).
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo giudizio, che dovrà essere eseguito nel rispetto dei principi di diritto che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso l’11 settembre 2024.