Continuazione tra Reati Associativi: Quando si Applica? La Sentenza della Cassazione
La partecipazione a più organizzazioni criminali nel corso del tempo costituisce una scelta di vita delinquenziale o può essere ricondotta a un unico progetto criminoso? Questa è la domanda centrale affrontata dalla Corte di Cassazione in una recente ordinanza. L’analisi del concetto di continuazione tra reati associativi è fondamentale, poiché da essa dipende la possibilità di unificare più pene in una sola, con un trattamento sanzionatorio più favorevole per il condannato. Vediamo come la Suprema Corte ha delineato i confini di questo istituto.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato con due sentenze separate per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aveva presentato un’istanza al Giudice dell’esecuzione. La richiesta era di unificare le pene ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, sostenendo l’esistenza di un vincolo di continuazione tra le due condotte. 
Nello specifico, la prima condanna riguardava la sua partecipazione a un clan criminale fino all’anno 2000, mentre la seconda si riferiva all’appartenenza a un diverso sodalizio, operante nello stesso territorio, in un periodo successivo (dal 2010 al 2012). Secondo la difesa, un unico elemento ideativo e volitivo legava le due partecipazioni, che si sarebbero succedute in una sorta di ‘sostanziale soluzione di continuità’ nella gestione del traffico illecito.
La Corte di Appello di Napoli, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva però rigettato l’istanza. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.
La Decisione della Corte e la Prova della Continuazione tra Reati Associativi
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di continuazione tra reati associativi. 
Il punto chiave della decisione è che, sebbene in astratto sia possibile riconoscere la continuazione tra più reati di partecipazione ad associazioni criminali diverse, ciò non è automatico. È necessaria una specifica e approfondita indagine che vada oltre la semplice constatazione di alcuni elementi comuni.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno spiegato che per accertare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso non è sufficiente una valutazione generica basata su:
*   Omogeneità del titolo di reato: il fatto che si tratti in entrambi i casi dello stesso tipo di reato associativo.
*   Contiguità geografica e cronologica: la circostanza che le attività criminali si siano svolte nello stesso luogo e in periodi di tempo vicini.
*   Natura permanente del reato: la caratteristica intrinseca del reato associativo di protrarsi nel tempo.
Al contrario, il giudice deve condurre un’analisi molto più dettagliata, esaminando la natura delle diverse associazioni, la loro concreta operatività, la loro continuità nel tempo, i programmi perseguiti e la tipologia dei membri. L’obiettivo è distinguere un preventivo e unitario progetto delinquenziale da quelle che sono, invece, ‘scelte di vita ispirate alla sistematica consumazione di illeciti’. In altre parole, la Corte deve capire se l’imputato aveva pianificato fin dall’inizio di passare da un’associazione all’altra come parte di un unico piano, o se semplicemente ha continuato a delinquere unendosi a un nuovo gruppo dopo la fine della sua affiliazione al primo.
La Corte ha inoltre sottolineato che questa indagine costituisce una quaestio facti, ovvero una valutazione dei fatti, che spetta esclusivamente al giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile proprio perché la difesa, criticando la decisione della Corte d’Appello, chiedeva in sostanza una rivalutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un orientamento rigoroso della giurisprudenza. Per ottenere il beneficio della continuazione tra reati associativi, non basta dimostrare una sequenza di affiliazioni criminali. È onere del condannato fornire la prova concreta di un progetto unitario, originario e ben definito che abbracci tutte le condotte criminose. In assenza di tale prova, le diverse partecipazioni saranno considerate come espressione di una persistente inclinazione al crimine, ma non come l’attuazione di un singolo disegno, con la conseguenza che le pene rimarranno separate e verranno sommate aritmeticamente (salvo il limite del cumulo giuridico), portando a un trattamento sanzionatorio complessivamente più severo.
 
È possibile applicare la continuazione a due reati di partecipazione ad associazioni criminali diverse?
Sì, è teoricamente possibile, ma solo a condizione che un’indagine specifica e approfondita dimostri che entrambe le partecipazioni erano parte di un unico e preventivo progetto delinquenziale, concepito sin dall’inizio.
Cosa non è sufficiente per dimostrare la continuazione tra reati associativi?
Non è sufficiente basarsi sulla mera contiguità temporale e geografica delle condotte, sull’omogeneità del tipo di reato o sulla natura permanente del reato associativo. Serve la prova di un piano unitario.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della difesa miravano a una rivalutazione dei fatti e delle prove (‘quaestio facti’), un’attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale si limita a giudicare la corretta applicazione della legge.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3536 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3536  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
/ vverso l’ordinanza del 20/07/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI / JÀ e  GLYPH k ,sw,/ i > 0  GLYPH , 5 >tei fì…4f udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Napoli – n veste di Giudice dell’esecuzione – ha rigettato l’istanza a mezzo della NOME COGNOME aveva chiesto l’unificazione ex art. 671 cod. proc. pen. due sentenze, entrambe emesse per violazione dell’art. 74 d.P.R. 09 ottobre 199 n. 309, relativamente a fatti commessi in Napoli, rispettivamente, “fino all’ 2000” e “dall’ottobre 2010 sino al giugno 2012”, nonché aggravati dall’av favorito, in un caso, il clan COGNOME e, nell’altro, il clan NOME.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, tramite il difensore AVV_NOTAIO, deducendo violazione degli artt. 81 e 671 cod. proc. pen., riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., nonché contradditt della motivazione, in ragione del contrasto esistente rispetto alle ordi applicative della continuazione, emesse a carico di NOME COGNOME, imputa nel processo culminato nell’emissione della sentenza della Corte di appello Napoli del 20/12/2017, ossia una delle pronunce in ordine alle quali si inv l’unificazione. Unico era – in ipotesi difensiva – l’elemento ideativo e volit sorreggeva la partecipazione del soggetto alle due organizzazioni criminose; ne sentenza della Corte di appello del 31/10/2019, peraltro, può espressamen leggersi come le due sopra dette associazioni si siano tra loro avvicendate sostanziale soluzione di continuità – nella gestione sul medesimo territori traffico di sostanze stupefacenti.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, in ragione della manife infondatezza dei motivi addotti. Secondo le linee interpretative emerse ne presente sede di legittimità, laddove risulti riconosciuta l’appartenenza soggetto a più sodalizi criminosi, può essere ritenuto il vincolo della continua fra le varie ipotesi associative, ma esclusivamente a seguito di una spec indagine, in ordine alla natura delle diverse associazioni, alla loro co operatività e alla loro continuità nel tempo, avendo sempre riguardo ai profili contiguità temporale, dei programmi operativi avuti di mira e della tipologi compagine che concorre alla loro formazione. Non è infatti sufficiente, all’uopo compimento di una mera valutazione circa la natura permanente del reato associativo, nonché in ordine all’omogeneità del titolo di reato e delle con criminose. Nonostante la contiguità geografica e cronologica delle diverse condo associativo – e finanche ad onta della loro tendenziale omogeneità – le moda concrete di consumazione dei vari delitti possono risultare, infatti, sintomati scelte di vita ispirate alla sistematica consumazione di illeciti, piutt
all’attuazione di un preventivo progetto delinquenziale unitario (fra tante, Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016, dep. 2017, Napolitano, Rv. 268786).
In aderenza a tali consolidati principi ermeneutici, va affermato che, nel caso in esame, la quaestio facti di cui sopra è stata risolta – dal giudice dell’esecuzione – con approfondita analisi dei singoli fatti delittuosi, della lor genesi prossima, delle loro modalità esecutive, con argomenti di fatto del tutto logici, la cui “ridiscussione” è pertanto radicalmente preclusa in sede di legittimità. Sotto tale profilo, la critica difensiva introduce una sostanziale richiesta d rivalutazione di tali argomentazioni, operazione del tutto incompatibile con la conformazione normativa del giudizio di legittimità. Da ciò deriva la inammissibilità del proposto ricorso.
 Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 07 dicembre 2023.