Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23816 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23816 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TAURIANOVA il 20/02/1962
avverso l’ordinanza del 19/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria limitatamente alla configurabilità della continuazione tra i due reati associativi. Rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo, la Corte d’appello di Reggio Calabria, quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata ad ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. in relazione ai reati giudicati dalle seguenti pronunce irrevocabili:
sentenza emessa dalla Corte assise appello Reggio Calabria il 10/02/1999, irr. il 08/02/2000, di condanna per il delitto 416 bis cod. pen. commesso in Taurianova dal 1990 al 16/03/1992;
sentenza emessa dalla Corte assise appello Reggio Calabria il 05/03/2002, irr. il 26/02/2004, di condanna per il delitto di tentato omicidio e armi, commesso in Genova il 17/03/1991;
sentenza emessa dalla Corte assise appello Reggio Calabria il 1920/04/2021, irr. il 07/11/2023, di condanna per il delitto 416 bis cod. pen. commesso in Taurianova, Molochio e zone limitrofe dal 2007.
A ragione il decidente ha osservato, quanto al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i delitti di associazione ex art. 416 bis cod. pen., di cui alle sentenze sub 1) e sub 3), che la “notevolissima distanza temporale” tra le rispettive contestazioni (dal 1990 al 16/03/1992 la prima, e dal 2007 in permanenza la seconda), la diversa composizione delle compagini associative, gli stravolgimenti provocati dalla faida tra le fazioni rivali di COGNOME e COGNOME per la conquista dell’egemonia sul territorio taurianovese, ed i rinnovati equilibri criminali caratterizzanti il più recente assetto della consorteria mafiosa, non consentissero di ravvede-re l’unitarietà della ideazione criminosa.
In ordine, poi, al tentato omicidio di cui alla sentenza sub 2), si trattava di una risposta ad un tentativo di omicidio del medesimo COGNOME connesso a questioni di mancato pagamento di partite di droga, con conseguente impossibilità di ravvédWe una continuazione con le ulteriori due sentenze.
COGNOME Avverso la descritta ordinanza, propone ricorso per cassazione COGNOME a mezzo del difensore, deducendo vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra le tre sentenze indicate l’istanza.
Osserva il ricorrente come la descrizione dei fatti giudicati con le sentenze sub 1) e 3) mostri con chiarezza che le attività illecite dei gruppi mafiosi ivi giudicati appaiono solo parzialmente dissimili, trovando ciò giustificazione nell’evoluzione temporale dell’associazione, e dovendosi ritenere che il condannato abbia in sostanza proseguito a far parte del medesimo consorzio illecito anche durante la detenzione (dal
16/03/1992 al 02/11/2013), e ciò anche se, nel tempo, la composizione soggettiva del clan è lievemente mutat% Quanto al reato di tentato omicidio di cui alla sentenza sub 2), esso non era ‘stato determinato dalla mera spinta vendicativa del COGNOME, a seguito di un attentato alla sua vita, ma si inseriva anche nel contesto di contrasti tra clan.
Richiamati i più recenti approdi della Corte di legittimità in ordine alla configurabilità della continuazione tra reati associativi, osservava poi la difesa come non risultasse che la cosca di appartenenza del COGNOME, per la quale egli era stato condannato con la prima sentenza in oggetto, fosse stata disarticolata o si fosse sciolta né che il COGNOME avesse receduto dalla stessa con condotte univoche; neppure risultava che la seconda condotta partecipativa, di cui alla sentenza sub 3), avesse costituito l’esito di un diverso ed ulteriore pactum sceleris o di una diversa programmazione criminosa; anzi la pressoché totale sovrapposizione delle compagini sociali e la sovrapposizione, sia pure parziale, degli scopi, conseguente alle fisiologiche variazioni dovute al tempo, oltre al fatto che il luogo di operatività delle due associazioni era il medesimo, doveva consentire di ritenere unica l’adesione al sodalizio illecito evolutosi negli anni con conseguente accoglimento dell’istanza proposta.
Il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte di appello di Reggio Calabria limitatamente alla configurabilità della continuazione tra i due reati associativi. Rigetto del ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al mancato riconoscimento della continuazione tra le sentenze di condanna per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. (sub 1 e 3), dovendosi respingere nel resto.
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti e altro, Rv. 266413). Tali principi sono stati ribaditi, con specifico riferimento ai contenuti della valutazione da compiersi in sede esecutiva, da Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01, che si è espressa nel senso che il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della
condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea.
Nel caso in cui la richiesta di applicare la disciplina della continuazione abbia ad oggetto un reato associativo e i reati fine non è sufficiente che i secondi rientrino nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso e che siano finalizzati al suo rafforzamento (Sez. 6, n. 4680 del 20/01/2021, COGNOME, Rv. 280595 – 01Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334 – 02). In tale ipotesi, infatti, la continuazione tra il reato di partecipazione a un’associazione e i reati fine può essere riconosciuta solo a condizione che il giudice verifichi puntualmente e in concreto che ogni specifico reato cui si riferisce la richiesta sia stato programmato “ab origine” al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio e che, pertanto, questo non sia legato a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, sopravvenuti ovvero non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 1, n. 23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430 – 01).
La continuazione, d’altro canto, può essere riconosciuta anche tra reati associativi purché, a prescindere dall’omogeneità delle condotte, all’esito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, sia accertata l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto a una pluralità di organizzazioni, comunque denominate, ovvero a una medesima organizzazione in ordine a diversi segmenti temporali (Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, COGNOME, Rv. 281375 – 01; Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 271569-01). In ordine alla continuazione tra reati associativi di stampo mafioso, va osservato che, in tema di associazione di tipo mafioso, non comportano soluzione di continuità nella vita dell’organizzazione: a) l’eventuale variazione della compagine associativa per successiva adesione di nuovi membri o per rescissione del rapporto di affiliazione da parte di alcuni sodali; b) l’estensione dell’attività criminosa alla commissione di reati di altra specie; c) l’ampliamento dell’ambito territoriale di operatività (Sez. 2, n. 1688 del 26/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282516, in cui la Corte ha precisato che, per affermare che ad un’associazione ne segua una diversa, occorre la prova che la seconda sia scaturita da un diverso patto criminale oppure che quella originaria abbia definitivamente cessato di esistere a causa di un evento traumatico, generatore di discontinuità nel programma associativo, come in caso di faide o scissioni).
Nel caso di specie il giudice della esecuzione si è conformato solo in parte ai principi esposti.
3.1. GLYPH Corretta appare infatti la disamina effettuata dal G.E. in ordine al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati associativi (di cui alle sentenze sub 1 e 3) ed i reati giudicati con la sentenza sub 2), posto che il ricorrente elude il nucleo centrale dei principi enunciati: la necessità di una preventiva programmazione unitaria dei reati almeno nella loro linea essenziale.
Perspicua appare sul punto la motivazione resa dal G.E., non incisa dalle considerazioni, declinate su un piano essenzialmente rivalutativo, di cui al ricorso del prevenuto. Dirimente appare infatti la circostanza, correttamente sottolineata dal G.E. attinente all’estemporaneità del tentato omicidio commesso il 17/03/1991, in risposta ad un precedente analogo episodio delittuoso in danno del medesimo Maiolo del 20/01/1991, a seguito di contrasti a causa del mancato pagamento di quantitativi di droga.
3.2. GLYPH Appare invece fondato il motivo di ricorso che lamenta il mancato riconoscimento tra le sentenze sub 1 e 3, di condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen..
Sul punto, il giudice dell’esecuzione non si è attenuto ai richiamati principi di diritto, evidenziando unicamente “la notevolissima distanza temporale” tra le contestazioni (dal 1990 al 16/03/1992 la prima e dal 2007 con condotta perdurante la seconda) e la diversa composizione del clan di riferimento, a seguito di conflitti interni sorti tra fazioni rivali; va precisato come la giurisprudenza di legittimità abbia sottolineato, con riferimento al reato associativo, che la condotta criminosa, anche se contestata in tempi diversi, cessa solo con lo scioglimento del sodalizio criminale o per effetto di condotte che denotino l’avvenuto recesso volontario, e che l’esclusione dell’identità del disegno criminoso per fatti imprevedibili come la detenzione o la condanna non si può applicare automaticamente a contesti delinquenziali come quelli determinati dalle associazioni mafiose, nei quali detenzioni e condanne definitive sono accettate come prevedibili eventualità, sì che in tali casi il vincolo della continuazione non è incompatibile con un reato permanente, ontologicamente unico, come quello di appartenenza ad un’associazione di stampo mafioso, quando il segmento della condotta associativa successiva ad un evento interruttivo trovi la sua spinta psicologica nel pregresso accordo per il sodalizio (Sez. 2 n. 16560 del 23/02/2023 , PG c. Monti, Rv. 284525 – 01).
Coglie allora nel segno la censura difensiva che, sulla base dell’analisi delle sentenze di condanna, evidenzia come la parziale sovrapposizione della compagine sociale delle due associazioni, nonché la parziale sovrapposizione degli scopi, in assenza di alcuna emergenza dalla quale dedurre la disarticolazione o lo scioglimento
della prima compagine associativa, offrissero spunti per ritenere unica l’adesione al sodalizio illecito.
4. GLYPH
Per le rilevate lacune, l’ordinanza impugnata dev’essere annullata, limitatamente alla continuazione relativa ai reati giudicati con le sentenze di cui ai
numeri 1) – Corte assise appello Reggio Calabria il 10/02/1999, irr. il
08/02/2000- e
3) – Corte assise appello Reggio Calabria il 19-20/04/2021, irr. il
07/11/2023 -, con rinvio per nuovo giudizio su tale punto alla Corte di appello di Reggio Calabria.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al diniego della continuazione fra i reati associativi giudicati con le sentenze indicate sub 1) e sub 3) nell’ordinanza
medesima, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Reggio
Calabria. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 17/04/2025