Continuazione tra Reati: Quando il Ricorso è Generico e Inammissibile
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, permette di unificare sotto un’unica pena più violazioni di legge commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Recentemente, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38309/2024, ha ribadito i confini e i requisiti per l’ammissibilità di un ricorso che ne chiede il riconoscimento, sottolineando l’importanza di argomentazioni specifiche e non generiche.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso l’ordinanza di una Corte d’Appello che aveva negato l’applicazione della disciplina della continuazione. Il ricorrente chiedeva di unificare diverse condanne, sostenendo che i reati commessi fossero parte di un unico progetto criminale. Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto la richiesta, evidenziando una serie di elementi ostativi.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Continuazione tra Reati
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, le censure presentate dal ricorrente erano generiche e si limitavano a sollecitare un riesame dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, non opponeva elementi concreti e specifici in grado di confutare il ragionamento, logico e corretto, del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su una rigorosa analisi delle motivazioni addotte dal giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva correttamente escluso la continuazione tra reati basandosi su tre pilastri fondamentali:
1. Il notevole lasso di tempo: Era trascorso un periodo di circa dieci anni tra la commissione dei diversi reati. Sebbene non sia un elemento di per sé decisivo, una tale distanza cronologica rappresenta un forte indice probatorio contro l’esistenza di un’unica programmazione criminosa. Diventa un limite logico alla possibilità di ravvisare un disegno unitario tanto più i fatti sono lontani nel tempo.
2. La diversità delle modalità esecutive: I reati erano stati commessi con modalità diverse e in contesti territoriali differenti, suggerendo che la spinta criminale fosse occasionale e personale, piuttosto che parte di un piano prestabilito.
3. L’assenza di un medesimo disegno criminoso: Non vi erano circostanze dalle quali desumere che il condannato, sin dalla commissione del primo reato, avesse programmato anche i successivi. In particolare, il reato più recente (violazione dell’art. 416-ter c.p.) era stato considerato espressione di un impulso criminale estemporaneo.
Il ricorso si limitava a contestare astrattamente queste conclusioni, senza fornire prove o argomenti specifici capaci di dimostrare il contrario. Questa genericità ha reso l’impugnazione inammissibile.
Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati non può limitarsi a una critica generica della decisione del giudice di merito. È indispensabile articolare un ricorso fondato su elementi concreti e specifici che dimostrino, al di là di ogni ragionevole dubbio, l’esistenza di un’unica programmazione criminale fin dall’inizio. La sola distanza temporale, pur non essendo un ostacolo assoluto, costituisce un indice probatorio di peso che deve essere superato con argomentazioni solide. In assenza di tali elementi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché il ricorso per la continuazione tra reati è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché le censure erano generiche, non contestavano con elementi concreti e specifici le motivazioni del giudice, e si limitavano a sollecitare un riesame dei fatti, non consentito in sede di Cassazione.
Quali elementi ha considerato il giudice per negare la continuazione tra i reati?
Il giudice ha considerato principalmente tre elementi: il lungo lasso di tempo tra i fatti (circa 10 anni), la diversità delle modalità esecutive dei reati e l’assenza di circostanze che provassero un’unica e preordinata programmazione criminale.
Il solo passare del tempo è sufficiente a escludere la continuazione tra reati?
No, il fattore temporale da solo non è decisivo, ma è un indice probatorio molto importante. Secondo la Corte, una notevole distanza cronologica tra i reati rappresenta un limite logico alla possibilità di ravvisare un’unica programmazione, e il suo peso è tanto maggiore quanto più i fatti sono lontani nel tempo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38309 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38309 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PIZZO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRI 170
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e l’ordinanza impugnata.
Ritenuto che le censure articolate da NOME COGNOME COGNOME‘ u impugnazione non superaMI vaglio preliminare di ammissibil sollecitano, COGNOMEa sostanza, non consentiti apprezzamenti di mer pongono questioni giuridiche, risultano manifestamente infondate c nico motivo di ità i I quanto ito e, laddove ) gen 2riche.
1.1. Il Giudice dell’esecuzione, in puntuale applicazione dei prir di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di I ineccepibilmente osservato che ostano al riconoscimento dell’istitc decisivo, il lasso di tempo intercorso tra i fatti (circa 10 anni), la loro modalità esecutive, l’assenza di circostanze da cui des condannato, sin dalla consumazione del primo reato, avesse prc pure COGNOMEe linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, co quello successivo. Al contrario la spinta criminale che ave n i realizzazione del reato commesso più di recente (la violazione d cod. pen.) ed in altro contesto territoriale, era stata occasionale personale. icipi in materia agitti nità, ha NOME, con rilievo dive sità delle umei e che il ‘gran ‘mato sia d. p€ n., anche a si: rretto la 416-ter strE ttamente
1.2. Le censure del ricorrente sollecitano una lettura E compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrap non manifestamente illogica, del giudice di merito. Correttament distanza cronologica tra i reati è stato apprezzato alla stregu< probatorio che, pur non essendo decisivo, può in concreto rapprese logico alla possibilità di ravvisare la continuazione, tanto maggic lontani nel tempo sono i fatti di cui si discute. E a tale cano esperienza, il ricorso nulla di concreto oppone, limitandosi a contes i astrattamente la conducenza. iltern3tiva del porrE a quella, e il dato della di in indice ntare un limite rre q 'lento più ne d comune :arne del tutto
1.3. Resta dunque solo da aggiungere che il ricorso è COGNOMEa s assolutamente generico, perché ai rilievi, come detto, corrett i provvedimento impugnato, non oppone alcun elemento concreto e ostar za anche e 1)gici, del spec fico
lità d l ricorso, processuali e, ine cíffla causa )re d flla Cassa 2. Ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l'inammissibi con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese in mancanza di elementi atti a escludere la colpa COGNOMEa determinazic di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in fav i delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al p -igam mito delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della CE ssa delle ammende.
Così deciso, in Roma 26 settembre 2024.