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Continuazione tra reati: annullata ordinanza

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale che negava il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione è stata motivata dalla totale assenza di un’analisi di merito da parte del giudice, il quale si era limitato ad affermare, erroneamente, che la continuazione fosse già stata esclusa nei precedenti giudizi di cognizione. La Suprema Corte ha ribadito la necessità di una valutazione concreta degli elementi che indicano un medesimo disegno criminoso, rinviando il caso per un nuovo esame. La parola chiave è continuazione tra reati.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: Quando la motivazione è assente, la decisione va annullata

L’istituto della continuazione tra reati è un pilastro del nostro sistema penale, volto a mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, il suo riconoscimento non è automatico e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava tale beneficio, sottolineando un principio fondamentale: una decisione, specialmente se restrittiva, deve essere supportata da una motivazione concreta e non da affermazioni generiche o errate. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso: Una Richiesta di Unificazione delle Pene

Un soggetto, condannato con tre distinte sentenze definitive, presentava un’istanza al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. La richiesta era volta a ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra reati giudicati in tutti e tre i procedimenti. L’obiettivo era unificare le pene sotto un’unica strategia criminale, ottenendo così una pena complessiva inferiore rispetto alla somma aritmetica delle singole condanne.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la richiesta, riconoscendo la continuazione solo tra i reati di due delle tre sentenze. Escludeva, però, i reati giudicati nella terza sentenza, la più risalente nel tempo. Contro questa decisione parzialmente negativa, il condannato proponeva ricorso alla Corte di Cassazione.

Il Ricorso in Cassazione: Due Motivi di Doglianza

Il ricorrente basava il suo appello su due principali motivi:

1. Vizio Procedurale: Lamentava la mancata notifica personale dell’ordinanza, sostenendo che ciò avesse leso il suo diritto a impugnare autonomamente la decisione.
2. Vizio di Motivazione e Violazione di Legge: Contestava nel merito la decisione del Tribunale. Sosteneva che il giudice avesse erroneamente affermato che la continuazione con la terza sentenza fosse già stata esclusa dai giudici di merito, circostanza non veritiera. Inoltre, il Tribunale non aveva considerato gli elementi che, al contrario, provavano l’esistenza di un unico disegno criminoso, come il ruolo del ricorrente all’interno di un’associazione criminale e la natura dei reati commessi (in particolare, reati in materia di armi).

La Decisione della Corte: La Fondatezza della Continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a conclusioni differenti per ciascuno di essi.

Il Primo Motivo: La Notifica all’Imputato

La Corte ha ritenuto infondato il primo motivo. Ha chiarito che, nel procedimento di esecuzione, l’omessa notifica del provvedimento all’imputato non ne causa la nullità. L’effetto è unicamente quello di non far decorrere il termine per impugnare per la parte non notificata. Poiché il difensore aveva comunque presentato ricorso, si presumeva che l’interessato fosse venuto a conoscenza dell’atto e avrebbe potuto esercitare personalmente il suo diritto, cosa che non aveva fatto.

Il Secondo Motivo: Il Vizio di Motivazione sulla Continuazione tra Reati

Il secondo motivo è stato invece accolto. La Cassazione ha rilevato come il Tribunale avesse liquidato la questione con un’argomentazione “generica e assertiva”, senza svolgere alcuna analisi concreta. L’affermazione secondo cui i giudici della cognizione avrebbero già escluso la continuazione era smentita dai fatti, poiché le sentenze in questione non si erano mai espresse su quel punto.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha censurato duramente l’operato del giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo, invece di procedere a una valutazione autonoma e approfondita degli elementi indicativi di un medesimo disegno criminoso (come la vicinanza temporale dei fatti, le modalità delle condotte e il contesto criminale), ha omesso completamente tale valutazione. In questo modo, ha disatteso i principi di diritto espressi in una precedente sentenza di Cassazione che aveva già annullato una decisione analoga nello stesso procedimento, rinviando proprio per consentire questo tipo di analisi.

Il Tribunale, in sostanza, non ha adempiuto al suo dovere di motivare la decisione, basandola su un presupposto fattuale errato e ignorando gli specifici obblighi derivanti dal giudizio di rinvio. Questa carenza motivazionale costituisce una violazione di legge che impone l’annullamento del provvedimento.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione riafferma un principio cruciale: il giudice dell’esecuzione non può negare un beneficio come la continuazione tra reati attraverso formule di stile o motivazioni apparenti. È tenuto a condurre un’indagine fattuale e a spiegare in modo logico e coerente le ragioni della sua decisione. L’annullamento con rinvio impone ora al Tribunale di riesaminare la questione, questa volta entrando nel merito e valutando se i reati oggetto delle tre sentenze siano effettivamente riconducibili a un’unica programmazione criminale.

La mancata notifica personale dell’ordinanza all’imputato la rende nulla?
No, secondo la Corte l’omessa notifica del provvedimento all’imputato personalmente non determina la nullità dello stesso, ma incide unicamente sul termine per impugnarlo, impedendone il decorso per la parte a cui non è stato notificato.

Cosa succede se un giudice nega la continuazione tra reati senza una motivazione adeguata?
Se un giudice nega la continuazione basandosi su affermazioni generiche, assertive o su presupposti errati, senza effettuare una concreta valutazione degli elementi del caso, la sua decisione è viziata per violazione di legge e carenza di motivazione. La Corte di Cassazione può annullare tale provvedimento e rinviare il caso per un nuovo giudizio.

Può un giudice dedurre l’esclusione della continuazione dal silenzio delle sentenze precedenti?
No, il silenzio serbato dalle precedenti sentenze di merito sul punto non può essere interpretato come un’implicita esclusione dei presupposti della continuazione. Il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di compiere una valutazione autonoma e specifica sulla sussistenza del medesimo disegno criminoso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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