Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37420 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37420 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SALERNO il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 07/05/2025 del GIP TRIBUNALEdi Nocera Inferiore Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 maggio 2025 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. tra le seguenti sentenze, emesse rispettivamente dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore:
16 aprile 2024, irrevocabile il 29 maggio 2024, per i reati di cui agli artt. 110 e 316ter cod. pen., commessi in Candiana il 16 ottobre 2020 e in Villafranca di Verone il 23 dicembre 2020, il 14 febbraio 2021 e il 19 febbraio 2021;
27 giugno 2024, irrevocabile il 23 luglio 2024, per i reati di cui agli artt. 110, 61, n. 7, 640bis cod. pen., 56 e 640bis cod. pen., commessi in Milano l’1 ottobre 2021, in Scafati l’1 ottobre 2021, in Fiorano Modenese l’1 ottobre 2021, in Porcia il 9 ottobre 2021, in Padova il 30 novembre 2021, in Padova dal 14 maggio 2021 al 7 giugno 2021, in Pagani l’8 maggio 2021 e il 14 maggio 2021, in provincia di Napoli nel maggio 2021 e in Pagani il 9 ottobre 2021.
Entrambe le sentenze sono state emesse ai sensi degli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale eccepisce, promiscuamente, inosservanza o erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., e illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Il Giudice dell’esecuzione, oltre a ritenere l’istanza priva delle allegazioni degli elementi concreti dai quali desumere l’esistenza del medesimo disegno criminoso, e ad omettere
l’indicazione delle circostanze di segno contrario a quelle indicate dal giudice della cognizione in occasione del precedente riconoscimento della continuazione, avrebbe identificato la tendenza del condannato alla commissione ed alla reiterazione delle condotte criminose in luogo dell’unitarietà del disegno criminoso.
A tali conclusioni sarebbe pervenuto nonostante l’incensuratezza del condannato prima dei procedimenti in esame, il medesimo contesto ideativo, l’identità dell’ambito temporale di commissione dei reati e della loro finalità.
Gli elementi della diversità delle condotte, dei contesti temporali e dell’aspetto soggettivo dei reati, posti, invece, a fondamento del rigetto dell’istanza, sarebbero stati oggetto di erronea valutazione.
In particolare, il primo non tiene conto del fatto che le azioni sono state poste in essere per ottenere l’unico fine del profitto, a nulla rilevando la distinzione tra azioni finalizzate alla percezione di contributi agevolati non dovuti e quelle relative a crediti di imposta inesistenti, poste in essere entrambe quale amministratore delle medesime società; il secondo Ł smentito dalla constatazione che la data di accertamento dei singoli reati evidenzia la continuità temporale delle violazioni, risultando poi indipendente dalla volontà del reo e dipendente solo dalle tempistiche delle procedure contabili il momento effettivo di conseguimento del profitto nelle diverse operazioni; in ordine al terzo, infine, occorrerebbe considerare che, in virtø delle modalità attraverso cui i reati sono stati commessi e della natura delle relazioni commerciali, le varie interazioni plurisoggettive con diversi autori erano essenziali, non denotando queste, in ogni caso, l’assenza di un legame finalistico tra i reati.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il provvedimento impugnato deve essere annullato senza rinvio a ragione dell’inammissibilità della originaria istanza di riconoscimento della continuazione.
In ragione del fatto che le due sentenze rispetto alle quali il ricorrente ha chiesto il riconoscimento della continuazione sono state emesse entrambe ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., deve farsi riferimento allo schema di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., la cui inosservanza inficia la regolarità del procedimento di esecuzione.
Il relativo vizio deve essere rilevato d’ufficio.
L’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. stabilisce che, nel caso di piø sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona, non possono cumularsi, in maniera costante e indiscriminata, i benefici previsti dagli artt. 81 cod. pen. e 444 cod. proc. pen.; essendo intangibile, a causa della formazione del giudicato, l’effetto premiale del rito di patteggiamento, l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato Ł preclusa, pur quando ricorrano i presupposti dell’art. 81 cod. pen.
Sulle modalità e il perimetro di applicazione della disposizione Ł tuttora condiviso l’orientamento risalente secondo cui «nel caso di piø sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti, pronunciate in procedimenti distinti contro la stessa persona, non possono cumularsi in maniera costante e indiscriminata i benefici previsti dagli artt. 81 cod. pen. e 444 cod. proc. pen.; ed essendo intangibile, a causa della formazione del giudicato, l’effetto premiale del rito di patteggiamento, può rimanere preclusa l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, pur quando ricorrano i presupposti dell’art. 81 cod. pen.. Se tutti i reati da unificare (e non solo una parte di essi, come nella diversa ipotesi dell’art. 137 comma secondo disp. att. cod. proc. pen.) sono stati giudicati ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., non Ł sufficiente che la pena complessiva rientri nei limiti di cui all’art. 81 cod. pen., ma Ł indispensabile che essa non superi due anni di reclusione o di arresto, soli o congiunti a pena pecuniaria. In particolare, non Ł applicabile la disciplina del reato continuato ex art. 671 cod. proc. pen. sul solo presupposto dell’esistenza di un medesimo disegno criminoso, essendo necessario: a) che l’applicazione della disciplina del reato continuato sia concordemente richiesta dall’interessato e dal P.M.; b) che, in difetto della condizione sub a), il disaccordo del P.M. sia ritenuto ingiustificato dal giudice dell’esecuzione; c) che la pena complessiva concordata (o comunque da determinare in concreto in applicazione dell’art. 81 cod. pen.) non superi il limite dell’art. 444 cod. proc. pen. e sia ritenuta congrua dal giudice dell’esecuzione» (Sez. 1, n. 1749 del 26/04/1993, Imprice, Rv. 194423 – 01)
Lo schema, pertanto, si differenzia da quello generale previsto per gli incidenti di esecuzione.
Non sono sufficienti l’allegazione e la dimostrazione della sussistenza del solo presupposto della riconducibilità dei fatti criminosi ad un disegno unitario secondo la previsione generale dell’art. 671 c.p.p.
D’altronde, che la portata dell’intervento del giudice dell’esecuzione, nel caso di istanza di riconoscimento della continuazione tra piø sentenze emesse all’esito di procedimenti ai sensi degli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen., sia vincolato allo schema negoziale di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. Ł affermato da altro (ormai consolidato) orientamento formatosi in punto di esatta individuazione della pena da parte del giudice investito dell’istanza.
Giova ricordare, a tale proposito, che «quando Ł richiesta l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato in riferimento a piø sentenze di patteggiamento, il giudice dell’esecuzione non può fare esercizio degli ordinari poteri valutativi di cui all’art. 671cod. proc. pen. ed individuare la pena in misura diversa da quella negoziata fra l’interessato e il pubblico ministero, poichØ l’autonoma regolamentazione dettata dall’art. 188 cod. proc. pen. disp. att. consente un intervento modificativo sul giudicato, formatosi a seguito di un negozio processuale fra le parti, soltanto per effetto di una successiva loro pattuizione, salvo il caso di dissenso ingiustificato dell’ufficio requirente» (Sez. 1, n. 18233 del 02/04/2014, COGNOME, Rv. 259892;Sez. 1, n. 1527 del 13/07/2018, dep. 2019, Spatola, Rv. 275169).
Tanto in base al principio generale che piø rileva in questa sede, ossia che «in materia di esecuzione, Ł inammissibile la richiesta di continuazione tra reati oggetto di sentenze di patteggiamento presentata senza l’osservanza dello schema procedimentale delineato dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen., a termini del quale Ł necessario che il Pubblico Ministero esprima formale consenso o dissenso su una pena determinata nei limiti indicati dall’art. 444 cod. proc. pen., fermo il potere del giudice, cui compete il controllo di congruità della pena, di ritenere ingiustificato l’eventuale suo dissenso, atteso che le indicazioni di legge sulle modalità di proposizione della predetta richiesta non ammettono alternative» (Sez. 1, n. 22298 del 08/03/2018, Ben, Rv. 273138).
In motivazione, l’arresto citato ha evidenziato come il riconoscimento del vincolo tra reati oggetto tutti di sentenze di patteggiamento si collochi in uno schema, pur esso, negoziale, perchØ la delibazione in fase esecutiva di un aspetto che naturalmente appartiene all’ambito del giudizio di cognizione non può segnare una frattura del modello di composizione della vicenda processuale che si Ł imposto nella sede propria.
3. Nel caso di specie, la disposizione di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen. non Ł
stata osservata: come si evince dall’ordinanza impugnata e dalla disamina degli atti, il ricorrente ha presentato l’istanza, pur rigettata dal giudice dell’esecuzione, senza aver preventivamente investito il pubblico ministero della propria richiesta; l’istanza deve ritenersi, pertanto, inammissibile.
Si deve ricordare, peraltro, che l’inammissibilità sanziona una invalidità, sempre rilevabile d’ufficio nel corso del processo, per la quale la norma processuale non prevede alcuna sanatoria (salvo il limite preclusivo del giudicato) ed alla quale non possono ritenersi applicabili le sanatorie generali previste per la nullità, neppure quelle derivanti dal raggiungimento dello scopo dell’atto, dovendo per la natura del pubblico interesse posto a base dell’inammissibilità equipararsi quest’ultima alle nullità assolute insanabili (Sez. 5, n. 2554 del 13/10/1980, Cervi, Rv. 146732).
La rilevazione dell’inammissibilità della domanda, sfuggita al giudice del merito, può dunque essere compiuta in sede di legittimità anche se non devoluta con i motivi di ricorso.
Se pertanto Ł inammissibile la domanda, il provvedimento impugnato, che non avrebbe dovuto essere pronunciato, ricade nella categoria di quelli non consentiti dalla legge di cui all’articolo 620, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., che devono essere annullati senza rinvio.
Eliminato il provvedimento assunto in forza di una richiesta inammissibile, il procedimento esecutivo potrà essere introdotto validamente da una nuova domanda articolata nel rispetto delle forme di legge.
Da quanto esposto deriva l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata. Così Ł deciso, 18/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME