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Continuazione tra patteggiamenti: la procedura speciale

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze di patteggiamento, ha chiesto al giudice dell’esecuzione l’applicazione della continuazione tra i reati. La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata, dichiarando inammissibile l’istanza originaria. La ragione risiede nel mancato rispetto della procedura speciale prevista per la continuazione tra patteggiamenti, che impone un accordo preventivo tra l’imputato e il Pubblico Ministero prima di adire il giudice, come stabilito dall’art. 188 disp. att. c.p.p.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Patteggiamenti: La Procedura Speciale da Rispettare

Quando un soggetto subisce più condanne, può sperare di mitigare la pena complessiva attraverso l’istituto della continuazione. Ma cosa succede se queste condanne derivano da sentenze di patteggiamento? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla procedura da seguire, sottolineando come la continuazione tra patteggiamenti non segua le regole ordinarie, ma richieda un passaggio fondamentale: un nuovo accordo con il Pubblico Ministero. Analizziamo la decisione per comprendere i passaggi obbligati e gli errori da evitare.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato con due distinte sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) per reati contro la pubblica amministrazione e il patrimonio, presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle due sentenze, al fine di unificare le pene in un’unica, più favorevole, sanzione.

Il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. Avverso tale ordinanza, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione degli elementi che, a suo dire, dimostravano l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione e la procedura per la continuazione tra patteggiamenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37420/2025, ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata, ma non per le ragioni sollevate dal ricorrente. Gli Ermellini hanno infatti rilevato d’ufficio un vizio procedurale radicale che rendeva l’istanza originaria inammissibile.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’applicazione dell’art. 188 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. Questa norma disciplina specificamente l’ipotesi di più sentenze di patteggiamento pronunciate nei confronti della stessa persona. La Corte ha chiarito che, in questi casi, la disciplina ordinaria sulla continuazione (art. 671 c.p.p.) non si applica in modo automatico. Essendo il patteggiamento un rito basato su un accordo tra le parti, anche la sua modifica in fase esecutiva deve mantenere una natura negoziale.

Di conseguenza, chi intende chiedere la continuazione tra patteggiamenti non può rivolgersi direttamente al giudice dell’esecuzione. Deve, invece, avviare una nuova pattuizione con il Pubblico Ministero per determinare la pena complessiva da applicare. Solo una volta raggiunto tale accordo, l’istanza congiunta può essere sottoposta al vaglio del giudice, che ne verificherà la congruità.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando come il procedimento di patteggiamento abbia una natura negoziale che si estende anche alla fase esecutiva. L’intervento del giudice dell’esecuzione, se non preceduto da un accordo tra le parti, snaturerebbe questo modello processuale. L’art. 188 disp. att. c.p.p. introduce uno schema speciale che deroga a quello generale dell’art. 671 c.p.p., proprio per preservare la logica dell’accordo.

Nel caso di specie, il ricorrente aveva presentato l’istanza direttamente al giudice, senza aver preventivamente investito il Pubblico Ministero della richiesta. Questa omissione ha reso l’istanza ab origine inammissibile. L’inammissibilità è un vizio talmente grave da poter essere rilevato in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio dalla stessa Corte di Cassazione, e travolge qualsiasi provvedimento successivo, anche di rigetto. L’ordinanza impugnata, essendo stata emessa su una domanda non valida, è stata quindi annullata senza rinvio.

Le Conclusioni

La sentenza offre un’indicazione pratica di fondamentale importanza: per ottenere l’applicazione della continuazione tra patteggiamenti, è indispensabile seguire la via negoziale. Il difensore deve prima formulare una proposta di pena unificata al Pubblico Ministero e, solo dopo aver ottenuto il suo consenso, depositare l’istanza al giudice dell’esecuzione. Saltare questo passaggio significa presentare una richiesta destinata a essere dichiarata inammissibile, con conseguente annullamento di ogni decisione successiva. Questa pronuncia ribadisce la coerenza del sistema processuale, mantenendo la natura pattizia del rito speciale anche nella sua fase terminale.

È possibile chiedere la continuazione tra reati giudicati con due diverse sentenze di patteggiamento?
Sì, è possibile, ma è necessario seguire una procedura speciale che non è quella ordinaria.

Qual è la procedura corretta per chiedere la continuazione tra patteggiamenti?
La legge (art. 188 disp. att. c.p.p.) richiede che l’interessato e il Pubblico Ministero raggiungano un nuovo accordo sulla pena complessiva da applicare. La richiesta, basata su questo accordo, va poi presentata al giudice dell’esecuzione, che ne valuterà la congruità.

Cosa succede se si presenta l’istanza di continuazione direttamente al giudice senza l’accordo del Pubblico Ministero?
L’istanza è considerata inammissibile. Come stabilito dalla Cassazione in questa sentenza, il giudice non può esaminarla nel merito e l’eventuale provvedimento emesso, anche se di rigetto, deve essere annullato perché basato su una richiesta proceduralmente viziata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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