LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra giudicati: calcolo pena ex novo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 33734/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato in materia di continuazione tra giudicati. La Corte ha stabilito che, in seguito all’annullamento con rinvio di un’ordinanza, il giudice deve ricalcolare la pena da zero (ex novo), individuando il reato più grave, ‘scorporando’ i reati satellite dalle sentenze originali e determinando autonomi aumenti di pena, senza essere vincolato dai calcoli della precedente decisione annullata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra giudicati: la Cassazione sul ricalcolo della pena ex novo

L’istituto della continuazione tra giudicati, disciplinato dall’art. 671 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire l’equità del trattamento sanzionatorio. Esso consente di unificare, in fase esecutiva, le pene inflitte con diverse sentenze per reati legati da un medesimo disegno criminoso. Con la recente sentenza n. 33734/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri di calcolo della pena in questo contesto, specialmente dopo un annullamento con rinvio, offrendo chiarimenti cruciali per gli operatori del diritto.

I fatti del caso

La vicenda processuale trae origine da un’ordinanza con cui la Corte d’Appello di Bologna aveva riconosciuto la continuazione tra più sentenze di condanna a carico di un soggetto per reati quali associazione per delinquere, bancarotta e truffa. Questa prima ordinanza era stata però annullata dalla Corte di Cassazione per due vizi fondamentali: l’errata individuazione del reato più grave (era stata scelta la bancarotta anziché l’associazione per delinquere) e la mancata operazione di ‘scorporo’ dei reati satellite già unificati nelle sentenze di merito.

In sede di rinvio, la Corte d’Appello, uniformandosi ai principi della Cassazione, ha ricalcolato la pena complessiva. Ha correttamente identificato il reato associativo come il più grave, ha assunto la relativa pena come base e ha poi determinato gli aumenti per tutti gli altri reati satellite derivanti dalle varie sentenze. Il risultato è stata una pena finale di 8 anni e 11 mesi di reclusione. L’imputato ha nuovamente proposto ricorso in Cassazione, lamentando l’erroneità di questo nuovo calcolo.

Le censure del ricorrente

Il ricorrente ha contestato la nuova determinazione della pena sotto diversi profili, sostenendo principalmente che:
1. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto considerare ‘cristallizzato’ (coperto da giudicato) l’aumento di pena per alcuni reati, così come stabilito nella prima ordinanza poi annullata.
2. La Corte d’Appello avrebbe commesso errori nel considerare i capi di imputazione per i quali calcolare l’aumento, includendo un reato per cui era stato assolto e dimenticandone un altro.
3. L’aumento di pena per il reato di bancarotta era immotivato e contraddittorio.

La disciplina della continuazione tra giudicati e i principi della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di continuazione tra giudicati. Il punto centrale della decisione è che, quando la Cassazione annulla con rinvio un’ordinanza ex art. 671 c.p.p. per vizi nel calcolo sanzionatorio, il giudice del rinvio ha il dovere di procedere a una rideterminazione della pena ex novo, ovvero da capo.

Questo comporta una procedura precisa:
1. Scorporo: Il giudice deve prima ‘sciogliere’ i vincoli della continuazione già applicati nelle singole sentenze di condanna, isolando ogni singolo reato.
2. Individuazione del reato più grave: Tra tutti i reati commessi, il giudice deve individuare quello sanzionato con la pena più severa.
3. Calcolo della pena base: La pena inflitta per il reato più grave diventa la base del nuovo calcolo.
4. Aumenti per i reati satellite: Per ciascuno degli altri reati (i cosiddetti ‘reati satellite’), il giudice deve operare un autonomo aumento di pena, motivando la sua scelta.

Le motivazioni

La Cassazione ha chiarito che l’annullamento della prima ordinanza aveva travolto l’intero calcolo della pena, impedendo che qualsiasi sua parte potesse considerarsi passata in giudicato. Pertanto, la Corte d’Appello aveva correttamente ricalcolato tutti gli aumenti senza essere vincolata dalla precedente decisione. Inoltre, il divieto di reformatio in pejus (peggioramento della condizione dell’imputato) non era applicabile, poiché il primo ricorso in Cassazione era stato promosso dal Pubblico Ministero.

In merito alle censure specifiche, i giudici hanno ritenuto che l’erronea menzione di un reato per cui vi era stata assoluzione fosse un mero errore materiale privo di conseguenze sulla pena finale, in quanto la Corte d’Appello aveva di fatto recepito l’aumento complessivo già calcolato correttamente in primo grado. Anche gli altri aumenti di pena sono stati giudicati congrui e adeguatamente motivati, nel rispetto dei limiti edittali e dei principi giurisprudenziali.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio procedurale di grande importanza: nel giudizio di rinvio per la determinazione della pena in caso di continuazione tra giudicati, il giudice gode di piena autonomia nel ricalcolare la sanzione, a condizione che segua scrupolosamente le indicazioni della Corte di Cassazione. L’operazione di scorporo dei reati è un passaggio preliminare ineludibile per garantire la correttezza del calcolo, che deve essere effettuato ex novo per tutti i reati satellite. Questa pronuncia offre un’utile guida per evitare errori procedurali e assicurare che la pena finale rispecchi fedelmente la gravità complessiva dei fatti, nel rispetto del favor rei sotteso all’istituto della continuazione.

Cosa deve fare il giudice del rinvio se un’ordinanza sulla continuazione tra giudicati viene annullata?
Deve procedere a un ricalcolo completo della pena partendo da zero (ex novo). Questo significa che deve prima ‘scorporare’ i reati già unificati nelle sentenze di merito, poi individuare il reato più grave, assumerne la pena come base e, infine, calcolare autonomi e motivati aumenti per tutti gli altri reati satellite.

Il giudice del rinvio è vincolato ai calcoli di pena contenuti nell’ordinanza annullata?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’annullamento del calcolo sanzionatorio travolge l’intera operazione, senza che alcuna parte di essa possa considerarsi ‘cristallizzata’ o passata in giudicato. Il giudice del rinvio è quindi libero di determinare nuovi aumenti di pena, seguendo i principi di diritto enunciati dalla Cassazione.

Il principio del divieto di ‘reformatio in pejus’ si applica sempre in questi casi?
No. Tale principio, che vieta di peggiorare la pena dell’imputato, si applica solo se il ricorso che ha portato all’annullamento è stato proposto esclusivamente dal condannato. Se, come nel caso di specie, l’annullamento è stato ottenuto su ricorso del Pubblico Ministero, il giudice del rinvio non è vincolato da questo divieto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati