Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24576 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24576 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Patti NOME nato a Paternò il 25/01/1979
avverso l’ordinanza del 13/01/2025 del Tribunale di Terni udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con dell ‘ordinanza impugnata, letta la requisitoria del pubblico ministero in persona del Procuratore Generale rinvio limitatamente alla pena finale inflitta all’esito della ritenuta continuazione criminosa, con rideterminazione della medesima in anni 22 di reclusione.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice dell’esecuzione di Terni ha accolto l’istanza di Patti Vincenzo di applicazione dell’istituto della continuazione tra le due sentenze pronunciate dalla C orte d’ A ssise d’appello di Catania , rispettivamente, in data 15.06.2021, di condanna alla pena di anni 20 di reclusione, per il reato di cui all’art. 575 cod. pen., e in data 12.07.2017, di
condanna alla pena di anni 5 di reclusione, per il reato di cui all’art.416 bis cod. pen., rideterminando la pena complessiva in anni ventitré di reclusione.
Contro l’anzidetta ordinanza , l’imputato propone ricorso , affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, in relazione agli artt. 81 cpv. cod. pen., 533 co. 2 e 442 cod. proc. pen., deducendo che, nel determina re l’aumento a titolo di continuazione, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto applicare la riduzione per il rito, in quanto la sentenza della Corte di Assise d’appello di Catania del 12/07/2017 era stata emessa a seguito di giudizio abbreviato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Con riferimento alla interpretazione dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., che, sotto la rubrica «Determinazione del reato più grave», recita: «per l’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato da parte del giudice dell’esecuzione si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato», la questione assume precipua rilevanza allorché vengano in considerazione reati puniti con la pena dell’ergastolo o per i quali trovi applicazione il criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen., per i quali ha incidenza l’individuazione della pena base sulla quale operare gli aumenti a titolo di continuazione, potendo solo in tal caso mutare il computo (così come la natura) della pena finale; viceversa, nessuna incidenza si determina per le pene temporanee, come nella specie, essendo sostanzialmente irrilevante, per la medesimezza del risultato finale, che la riduzione per il rito venga effettuata sui singoli addendi (le frazioni di pena da unificare) ovvero sulla pena finale.
Al riguardo, le Sezioni Unite (sentenza n. 7029 del 28/09/2023, dep. 2024, Rv. 285865 -02) sono intervenute a dirimere un contrasto giurisprudenziale, tra un primo orientamento, secondo il quale, per «pena più grave inflitta», che identifica la «violazione più grave» ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., deve intendersi quella antecedente alla riduzione per il rito abbreviato (vengono annoverate tra le pronunce adesive a tale filone: Sez. U, n. 45583 del 25/10/2007, P.G. in proc. Volpe e altri, Rv. 237692 – 01; Sez. 1, n. 37168 del 19/07/2019, COGNOME Rv. 276838 – 01; Sez. 1, n. 31041 del 20/04/2018, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 43044 del 04/05/2015, COGNOME, Rv. 265867 – 01; Sez. 1, n. 20007 del 05/05/2010, COGNOME, Rv. 247616 – 01; Sez. 1, n. 26758 del 29/05/2009,
Signore, non mass.; Sez. 5, n. 18368 del 09/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229229 – 01; Sez. 1, n. 6217 del 07/04/1994, COGNOME, Rv. 197840 – 01), ed un secondo orientamento, secondo il quale: «ai fini dell’individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, il giudice deve tenere conto della sanzione più severa concretamente inflitta (nella specie, previa riduzione di un terzo nel caso di condanna pronunciata con rito abbreviato)», affermando che l’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. deve essere interpretato nel senso che occorre avere riguardo alla pena risultante dall’applicazione della riduzione (Sez. 1, n. 48204 del 10/12/2008, COGNOME, Rv. 242660 -01), aderendo al secondo orientamento sulla base di considerazioni di tipo letterale e logico-sistematico (il criterio d’interpretazione letterale di cui all’art. 12 delle preleggi, della natura “derogatoria” della disposizione di attuazione rispetto alla norma generale di cui all’art. 81 cod. pen., come sottolineato da Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013, COGNOME, Rv. 255347 10 -01, che ha osservato che «l’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. è espressamente e logicamente limitato alla fase dell’esecuzione, in cui si può solo prendere atto della valutazione effettuata dal giudice della cognizione, sicché, per esaminare sentenze o decreti irrevocabili ai fini del concorso formale o della continuazione, ci si deve necessariamente riferire alle pene più gravi che siano state concretamente inflitte».
In termini analoghi si sono espresse le successive Sez. U, n. 28569 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270073 – 01, che, nel risolvere la questione ad esse demandata, attinente al rapporto tra l’art. 81 cod. pen. e l’art. 671 cod. proc. pen., hanno affermato che «nel riconoscimento del concorso formale o della continuazione, in sede esecutiva il giudice, nella determinazione della pena, è tenuto al rispetto, oltre che del criterio indicato dall’art. 671, comma 2, cod. proc. pen., anche del limite del triplo della pena stabilita per la violazione più grave previsto dall’art. 81, commi primo e secondo, cod. pen.». Tale pronuncia, nel descrivere il “parallelismo” tra la norma sostanziale e quella processuale, ha rilevato come la previsione dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. sia ispirata all’esigenza di «adattamento» dell’istituto della continuazione «alle caratteristiche proprie dell’esecuzione».
Ha, inoltre, argomentato che «mentre nel processo di cognizione l’individuazione della violazione più grave è affidata alla valutazione discrezionale, per quanto vincolata, del giudice, nella fase esecutiva essa, pur a fronte alla cedevolezza, pro reo, del giudicato, non può che incontrare il limite della pena più grave già inflitta. Nell’uno come nell’altro caso, quindi, la pena-base è sempre quella per la violazione più grave, rispettivamente da determinare o già determinata».
Il tema in discussione è stato affrontato anche da Sez. U, n. 45583 del 27/10/2007, Volpe, Rv. 237692 – 01. Tale decisione ha consacrato il principio per cui «la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato si applica dopo che la pena è stata determinata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene stabilite dagli artt. 71 ss. cod. peti., fra le quali vi è anche la disposizione limitativa del cumulo materiale, in forza della quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta».
Con riferimento alla ipotesi regolata dall’art. 671 cod. proc. pen., Sezioni Unite COGNOME hanno affermato il principio che la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito opera necessariamente prima del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen. Come efficacemente rimarcato da Sez. 1, n. 42316 del 11/11/2010, COGNOME, Rv. 249027 – 01, il richiamo al principio di diritto definito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 45583 del 2007, COGNOME, cit., non può essere utilmente invocato in senso contrario, riguardando esclusivamente «l’applicazione della continuazione nella fase del giudizio, celebrato col rito abbreviato, e non (anche) il regime del riconoscimento del ridetto vincolo in executivis».
Con riferimento, all’art. 187 disp. att. cod. proc. pen., di stretto interesse in questa sede, si evidenzia che le Sezioni Unite, con la decisione in commento, a proposito della individuazione della «pena più grave, anche quando per alcuni reati si è proceduto con giudizio abbreviato», hanno richiamato, definendole “univoche” sul punto, le Osservazioni del Governo al Progetto preliminare del d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, secondo le quali «la prescrizione è stata ritenuta opportuna con specifico riferimento al giudizio abbreviato, dove la circostanza che la riduzione di un terzo dipende dalla scelta del rito e quindi da una scelta meramente processuale avrebbe potuto far argomentare che la pena in concreto era quella precedente rispetto a detta riduzione». Con la citata decisione, è stata, quindi, espressa, sia pure incidentalmente, un’opzione netta a favore della tesi secondo cui l’operazione di ricalcolo della pena a norma dell’art. 187 cit. deve assumere come base la pena concretamente applicata, al netto della riduzione operata per effetto del giudizio abbreviato. Si tratta, del resto, di opzione interpretativa che è stata, ancora prima, affermata negli stessi termini, anche in questo caso in via incidentale, da Sez. U, n. 8411 del 27/05/1998, Ishaka, Rv. 210980 – 01, avente ad oggetto l’individuazione dei criteri di computo della pena ai fini della sua determinazione in funzione dell’applicazione delle pene accessorie. Le Sezioni Unite, nel dare risposta al quesito se, ai fini dell’applicazione delle pene accessorie debba farsi riferimento, in caso di giudizio abbreviato, alla pena principale determinata prima dell’applicazione della diminuente del rito, ovvero a quella inflitta in concreto, hanno affermato che occorre fare riferimento alla pena concretamente inflitta, così come determinata dopo la riduzione per il rito abbreviato.
La corretta lettura dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. richiede che, nella sequenza delle operazioni per la determinazione del trattamento sanzionatorio del reato continuato, in fase esecutiva, la riduzione per il giudizio abbreviato assume rilievo in limine, dovendosi avere riguardo alla pena concretamente inflitta in esito all’applicazione della riduzione premiale del rito, e ciò con riferimento sia al reato base che ai reati satellite e prima, eventualmente, dell’applicazione del criterio moderatore di cui all’art. 78 cod. pen. (così, Sez. 1, n. 42316 del 2010, COGNOME, cit.).
Può ritenersi, ormai, condivisa la prospettiva secondo la quale è innegabile la natura sostanziale delle ricadute sul trattamento sanzionatorio derivanti dall’accesso al rito abbreviato, dal che consegue, necessariamente, la loro sottoposizione alla disciplina prevista dagli artt. 2 cod. pen. e 25 Cost.
Nella specie il giu dice dell’esecuzione , dopo avere correttamente individuato il reato più grave in quello di omicidio, giudicato dalla Corte d’assise d’appello di Catania , in data 15.06.2021, si è limitato ad infliggere, a titolo di aumento per la continuazione, per il reato satellite (partecipazione all’associazione mafiosa), la pena di anni tre di reclusione. Nel procedere alla determinazione di tale pena, non si evince che il giudice dell’esecuzione a bbia disposto la riduzione per il rito abbreviato, cui il condannato aveva diritto, poiché il reato satellite era stato giudicato con rito abbreviato; né, dalla lettura della motivazione del provvedimento impugnato, si rinvengono elementi per ri tenere che l’aumento di pena operato debba ritenersi già al netto della diminuzione processuale.
Pertanto, in accoglimento del motivo di ricorso, l’ordinanza dev’essere parzialmente annullata, con rinvio al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Terni , perché, in applicazione dei principi sopra enunciati, dia conto, con specifica motivazione, della determinazione dell’aumento di pena, applicato a titolo di continuazione, con applicazione della diminuzione processuale per la scelta del rito abbreviato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Terni, in funzione di giudice dell’esecuzione.
Così deciso in Roma il 30/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME