Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12473 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12473 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Partinico il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della Corte di appello di Palermo
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena per NOME COGNOME e la dichiarazione di inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME; uditi i difensori degli imputati, in persona dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per NOME NOME COGNOME e dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME per NOME COGNOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei relativi ricorsi;
RITENUTO IN IFATTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono sotto processo per il delitto di cui all’art. 416-bis, primo comma, cod. peri., quale associati a famiglie mafiose palermitane.
All’esito del giudizio di appello, COGNOME era condannato alla pena principale, così ridotta per il rito abbreviato, di otto anni di reclusione; COGNOME previo riconoscimento della continuazione esterna con altro til:olo (sentenza della Corte di appello di Palermo 5 novembre 2014, irrevocabile l’B luglio 2016), alla pena principale complessiva di dieci anni di reclusione (p.b., per il reato associativo odierno, otto anni, così ridotta per il rito; aumentata di due anni, ex art. 81 cpv. cod. pen.).
Con sentenza 18 novembre 2022 la Corte di Cessazione, Quinta sezione penale, ha annullato con rinvio la decisione di appello:
con riferimento a COGNOME, limitatamente alla richiesta continuazione esterna con altro titolo (sentenza della Corte di appello di Palermo 14 luglio 2009, irrevocabile il 2 novembre 2009), sulla quale vi era stata omissione di pronuncia;
-con riferimento a COGNOME, li mitatamente alla quantificazione dell’aumento di pena ex art. 81 cpv. cod. pen., giudicata immotivata.
La Corte di appello di Palermo, in sede di rinvio:
ha riconosciuto la continuazione esterna a beneficio di COGNOME e ha rideterminato la pena principale complessiva in diciassette anni e quattro mesi di reclusione e tremila euro di multa (pena riteribile al titolo già giudicato, diec anni e quattro mesi e tremila euro; aumentata la pena detentiva di sette anni, ex art. 81 cpv. cod. pen., per il reato associativo odierno);
rispetto a COGNOME, ferma la riconosciuta continuazione tra il reato associativo odierno, più grave, e l’estorsione già giudicata, ha ribadito l’aumento di pena riferibile a quest’ultimo reato nella misura di due anni di reclusione.
NOME COGNOME ricorre nuovamente per cassazione, con il ministero dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO. Nel motivo unico deduce violazione di legge, sostenendo che, essendosi il giudizio di merito svolto in rito abbreviato, l’aumento di pena a titolo di continuazione, riferibile al reato associativo, avrebbe dovuto essere ridotto di un terzo, come non avvenuto.
NOME COGNOME ricorre nuovamente a sua volta, con il ministero dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME. Nel motivo unico deduce violazione di legge e
vizio di motivazione. Il ribadito aumento di due anni per l’estorsione, separatamente giudicata, sarebbe stato giustificato con argomenti soli apparenti. Assertivo sarebbe il richiamo al disvalore dei fatti e ai precedenti penali. Per il correo di COGNOME, COGNOME, nel separato processo l’aumento di pena per la medesima estorsione era stato quantificato I:a partire dalla stessa pena base di otto anni) in appena sei mesi di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di NOME COGNOME è fondato.
Per pacifica giurisprudenza di legittimità (da ultimo, Sez. 1, n. 26269 del 08/04/2021, De Rita, Rv. 281617-01), in tema di riconoscimento della continuazione esterna, o in sede esecutiva, qualora il giudizio relativo al reato satellite sia stato celebrato con il rito abbreviato, l’aumento di pena inflitto applicazione dell’art. 81 cpv. cod. pen. è soggetto alla riduzione premiale di cui all’art. 442 cod. proc. pen., nella misura indeclinabile di un terzo.
Tale riduzione non risulta apportata dal giudice a quo e l’omissione deve essere riparata da questa Corte, previo annullamento senza rinvio della sentenza impugnata sul punto (in termini, Sez. 1, n. 5480 del 13/01/2010, COGNOME, Rv. 245915-01; Sez. 1, n. 15409 del 17/02/2004, Pennisi, Rv. 227929-01), con rideterminazione dell’aumento per continuazione nella misura di quattro anni e otto mesi di reclusione, e conseguente rideterminazione della pena finale nella complessiva misura di quindici anni di reclusione e tremila euro di multa (lo sviluppo del calcolo risulta il seguente: pena base riferibile al reato più grave, oggetto della sentenza della Corte di appello di Palermo 14 luglio 2009, già in giudicato, dieci anni e quattro mesi di reclusione e tremila euro di multa; aumento di pena per la continuazione con il reato associativo, ritenuto nel processo odierno, pari a quattro anni e otto mesi di reclusione, corrispondente ai sette anni individuati dalla sentenza impugnata, ridotti però di un terzo alla luce del principio di diritto sopra enunciato; pena complessiva finale pari a quindici anni di reclusione e tremila euro di multa).
Il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Il giudice a quo ha adempiuto al mandato affidatogli dalla sentenza rescindente, facendo espresso, ancorché sintetico, riferimento a criteri sicuramente rilevanti ai fini della dosimetria dell’aumento di pena, quali la gravità del reato (art. 133, primo comma, cod. pen.) e i precedenti penali (art. 133, secondo comma, n. 2, cod. pen.).
Il grado di impegno motivazionale deve essere, in casi simili, correlato all’entità dell’aumento e deve risultare tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altr illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cpv. cod che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Pizzone, Rv. 282269-01).
La motivazione concretamente spesa supera in tutta evidenza il vaglio di legittimità, in rapporto alla misura dell’aumento, considerata sia in assoluto che in proporzione alla pena base di riferimento, rimanendo l’aumento apportato notevolmente inferiore ai limiti del cumulo materiale. Né appare, in senso contrario, dirimente il generico raffronto con altri correi, essendo la risposta sanzionatoria soggettivamente modulabile secondo il ruolo ricoperto da ciascun concorrente e la diversa capacità a delinquere individuale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (Corte cos sentenza n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata relativamente alla pena principale per COGNOME NOME, pena che ridetermina in complessivi anni quindici di reclusione ed euro tremila di multa.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2023