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Continuazione reato: quando si esclude il disegno unico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna che chiedeva il riconoscimento della continuazione reato tra due condanne. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo l’esistenza di un unico disegno criminoso a causa dell’ampio lasso temporale (oltre tre anni) e delle diverse modalità di esecuzione dei reati, ritenendo irrilevante il periodo di detenzione intercorso.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: Quando un Unico Disegno Criminoso Non Sussiste

L’istituto della continuazione reato, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un’importante applicazione del principio del favor rei. Esso consente di unificare sotto un’unica pena, opportunamente aumentata, più violazioni di legge commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa verifica da parte del giudice. Con l’ordinanza n. 1696/2024, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini di questo istituto, chiarendo quando un ampio lasso di tempo e diverse modalità esecutive possono escludere l’esistenza di un piano unitario.

I Fatti del Caso: Due Reati Separati da Anni

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una ricorrente condannata con due sentenze distinte per reati legati agli stupefacenti. Il primo episodio risaliva all’ottobre 2016 e consisteva nella detenzione di circa cinquanta grammi di cocaina nella propria abitazione. Il secondo fatto, collocato a partire dal gennaio 2020, riguardava un’intensa e strutturata attività di detenzione e cessione della medesima sostanza a terzi. Tra i due episodi intercorreva un periodo di oltre tre anni, durante il quale la donna era stata sottoposta a misure detentive, anche domiciliari, per circa due anni. La difesa sosteneva che proprio questa detenzione giustificasse il lungo intervallo temporale, e che entrambi i reati fossero parte di un unico programma criminale iniziale.

La Decisione della Corte: Niente Continuazione Reato

Sia il giudice dell’esecuzione che la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta di applicare la continuazione. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso, ha confermato questa linea, dichiarando l’impugnazione inammissibile. Secondo gli Ermellini, gli elementi portati dalla difesa non erano sufficienti a dimostrare l’esistenza di un’unica e originaria programmazione delittuosa. La decisione si fonda su un’analisi consolidata della giurisprudenza di legittimità, che richiede prove concrete e non mere congetture per riconoscere il vincolo della continuazione.

Le Motivazioni: I Criteri per la Continuazione Reato secondo la Cassazione

La Corte ha ribadito i principi fondamentali che governano l’istituto.

L’Importanza di un Progetto Unitario e Originario

Per poter parlare di continuazione reato, non è sufficiente che i reati siano della stessa indole o commessi dalla stessa persona. È indispensabile dimostrare che, al momento della commissione del primo illecito, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Questo concetto si distingue nettamente da una generica ‘tendenza a delinquere’ o da uno stile di vita improntato all’illegalità, che vengono sanzionati da altri istituti come la recidiva o l’abitualità nel reato.

Indicatori Concreti e Non Mere Congetture

La prova del disegno criminoso unitario deve basarsi su indicatori concreti, quali:

* L’omogeneità delle violazioni.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini di vita.

Il giudice deve compiere una verifica approfondita di questi elementi, e il suo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da una motivazione logica e congrua.

Il Caso Specifico: L’Irrilevanza del Lasso Temporale e delle Diverse Modalità

Nel caso in esame, i giudici hanno dato peso a due fattori principali: l’enorme iato temporale (superiore a tre anni) e le diverse modalità di realizzazione dei fatti (da una semplice detenzione a un’intensa attività di spaccio). Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti per escludere che, nell’ottobre 2016, la ricorrente avesse già prefigurato l’attività criminale che avrebbe intrapreso nel 2020. Il periodo di detenzione intermedio, secondo la Corte, non è stato ritenuto una prova idonea a saldare le due condotte in un unico progetto originario.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza ribadisce un principio cruciale: la continuazione reato non è uno strumento per mitigare la pena a fronte di una generica carriera criminale, ma un istituto volto a riconoscere l’unicità di un impulso delittuoso che si manifesta in più atti. La decisione sottolinea che l’onere di provare l’esistenza di un disegno unitario spetta a chi lo invoca, e che elementi come un lungo intervallo di tempo e modalità operative differenti possono costituire ostacoli significativi, superabili solo con prove concrete di una programmazione iniziale. In assenza di tali prove, i reati restano distinti e autonomi, con le relative conseguenze sul piano sanzionatorio.

Cosa si intende per ‘continuazione reato’?
È un istituto giuridico che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un unico piano criminale, come un’unica violazione ai fini del calcolo della pena, applicando la pena per il reato più grave aumentata fino al triplo.

Un lungo periodo di tempo tra due reati esclude sempre la continuazione?
Non automaticamente, ma un ampio iato temporale, come quello di oltre tre anni nel caso di specie, unito a diverse modalità di esecuzione, rappresenta un forte indizio contrario all’esistenza di un unico disegno criminoso, la cui prova diventa più difficile da fornire.

Il periodo di detenzione tra un reato e l’altro può giustificare il riconoscimento della continuazione?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte ha ritenuto che la detenzione subita tra il primo e il secondo reato non fosse di per sé sufficiente a dimostrare che la seconda condotta criminale fosse già stata pianificata al momento della prima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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