Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1696 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1696 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME natka ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità, c riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costitu parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche ess (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156);
che tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata all’illecito, perché in tal ca reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vit improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professio reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametr rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950);
che la verifica di tale preordinazione non può essere compiuta sulla base indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essend necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo d continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito d programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596);
che, di conseguenza, «Il riconoscimento della continuazione, necessita anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, d una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-tempor le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le ab programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenz non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinaz estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074)»;
che, per converso, non è necessaria la concomitante ricorrenza di tutt predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprez anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significati
questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098);
che l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento d giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici travisamento dei fatti;
che, nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibil al medesimo disegno criminoso dei reati per cui la NOME è stata condannata con due diverse sentenze sul congiunto rilievo dell’enorme iato temporale superiore a tre anni, che separa le condotte criminose e delle diverse modalità realizzazione dei fatti;
che, a fronte di tali convincenti e lineari considerazioni, la ricorrente ar obiezioni imperniate sulla sua sottoposizione, nel periodo intercorso tra i r che assume essere espressione del medesimo disegno criminoso, a regime di detenzione, anche domiciliare, che si è protratto per circa due anni, ovvero una circostanza della quale la Corte di appello di Roma ha dato puntualmente atto, reputandola, in forza di argomentazioni logicamente ineccepibili, n idonea a dimostrare che ella, all’atto di detenere, nell’ottobre 2016, cinquanta grammi di cocaina nella propria abitazione, si fosse già prefigurata avviare, nel gennaio 2020, un’intensa attività di detenzione e cessione a terz quantitativi della medesima sostanza;
che la doglianza difensiva, dunque, non vale in alcun modo a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il qua chiarito, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottopos al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazi manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, ne fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricor con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione de causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favor della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 28/09/2023.