Continuazione Reato: Quando la Ripetizione Non Implica un Unico Disegno
L’istituto della continuazione reato rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, basato sul principio del favor rei. Esso consente di unificare, ai fini della pena, più violazioni della legge penale commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, non sempre la commissione di più reati da parte dello stesso soggetto dà diritto a questo beneficio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini applicativi di questo istituto, distinguendolo da una generica inclinazione a delinquere.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con due sentenze irrevocabili, emesse da due diversi Tribunali (Lodi e Milano). L’interessato aveva richiesto al Tribunale di Lodi, in sede di esecuzione, di riconoscere il vincolo della continuazione reato tra i delitti giudicati, al fine di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in termini più favorevoli. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la richiesta. La ragione del diniego si fondava su tre elementi principali: la non omogeneità dei reati, l’eterogeneità delle modalità esecutive e il considerevole lasso di tempo intercorso tra le diverse violazioni. Secondo il giudice dell’esecuzione, questi fattori impedivano di ravvisare un’originaria e unitaria programmazione criminale.
La Decisione della Cassazione e la nozione di continuazione reato
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la valutazione del Tribunale di Lodi. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire i criteri distintivi per l’applicazione della continuazione reato. Il punto cruciale non è la mera ripetizione di condotte illecite, ma la loro riconducibilità a un progetto criminoso unitario, deliberato ab origine.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che la reiterazione di condotte illecite, specie se eterogenee e distanti nel tempo, non è di per sé espressione di un unico disegno criminoso. Al contrario, può essere sintomo di un ‘programma di vita improntato al crimine’. Questa condizione, però, è disciplinata da altri istituti giuridici, con finalità e conseguenze completamente diverse. Istituti come la recidiva, l’abitualità nel reato, la professionalità e la tendenza a delinquere sono volti a sanzionare più aspramente la persistenza nel crimine, considerandola un indicatore di maggiore pericolosità sociale. La continuazione reato, invece, ha una logica opposta: mitiga il trattamento sanzionatorio perché considera le plurime violazioni come manifestazioni di un’unica risoluzione criminosa. Pertanto, l’eterogeneità dei reati e l’ampio divario temporale sono elementi oggettivi che, come nel caso di specie, possono validamente far escludere la presenza di quel progetto unitario richiesto dalla legge per il riconoscimento del vincolo della continuazione.
Le Conclusioni
La decisione in commento offre un’importante lezione pratica: per ottenere il riconoscimento della continuazione reato, non basta aver commesso più reati. È necessario dimostrare, con elementi concreti, che tutte le condotte illecite erano state programmate fin dall’inizio come parte di un unico piano. In assenza di tale prova, e in presenza di reati diversi commessi in un lungo arco temporale, i giudici tenderanno a escludere il beneficio, interpretando la sequenza di crimini non come un’unica azione articolata, ma come una scelta di vita delittuosa, da sanzionare secondo gli istituti specifici previsti dal codice penale, che comportano un trattamento sanzionatorio più severo.
Quando può essere riconosciuta la continuazione tra reati diversi?
La continuazione può essere riconosciuta solo se si dimostra che i diversi reati, anche se commessi in momenti differenti, sono stati concepiti e programmati come parte di un unico e originario disegno criminoso. L’omogeneità dei reati e la vicinanza temporale sono indici importanti per questa valutazione.
La semplice ripetizione di reati nel tempo è sufficiente per ottenere la continuazione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera reiterazione di condotte illecite non è sufficiente. Anzi, può essere considerata espressione di un ‘programma di vita improntato al crimine’, una condizione che viene sanzionata da istituti diversi e più severi, come la recidiva o l’abitualità a delinquere.
Qual è la differenza tra continuazione reato e abitualità a delinquere secondo la Cassazione?
La continuazione presuppone un’unica programmazione iniziale per più reati e porta a una pena più mite (favor rei). L’abitualità, invece, sanziona una tendenza consolidata a commettere crimini come scelta di vita, non legata a un singolo piano, e comporta un trattamento sanzionatorio più aspro e l’applicazione di misure di sicurezza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20309 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20309 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/01/2024 del TRIBUNALE di LODI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 26 gennaio 2024, con la quale il Tribunale di Lodi rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai delitti giudicati dalle sentenze irrevocabili 10325/21 emessa dallo stesso Tribunale di Lodi e n. 638/22 emessa dal Tribunale di Milano.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME COGNOME e del fatto che «i tempi trascorsi tra le diverse violazioni sono considerevolmente lunghi »; connotazioni, queste, che impedivano di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio esecutivo (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie differenti, quali la recidiva, l’abitualità la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro dosimetrico rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.