Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45959 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45959 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME
R.G.N. 27008/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ROMA il 06/01/1979 avverso l’ordinanza del 15/07/2024 della CORTE APPELLO di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 15 luglio 2024, la Corte di appello di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza, avanzata da NOME COGNOME di riconoscere il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto delle sentenze sub 1), 2) e 3) del provvedimento impugnato.
La Corte di appello riteneva che il medesimo disegno criminoso non potesse ravvisarsi in considerazione del lasso di tempo intercorrente tra i fatti, della loro disomogeneità, essendo la prima sentenza relativa ad una detenzione a fine di spaccio di stupefacenti, commesso a Roma il 15/12/2017, la seconda relativa a lesioni aggravate e a detenzione illecita di armi, commessi ad Ostia il 23/11/2017 e la terza a detenzione di stupefacenti a fini di spaccio ed estorsione. Aggiungeva infine che i fatti non erano nemmeno ricollegabili ad un unico progetto pianificato di una realtà organizzata di narcotraffico.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME con unico articolato motivo, con il quale lamenta violazione dell’art. 81 cpv. cod. pen. ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. e conseguente mancanza o comunque manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., nel non avere riconosciuto la continuazione.
Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione aveva calcolato in maniera erronea la distanza temporale tra i fatti oggetto delle prime due sentenze, che non era pari ad un anno e mezzo ma semmai era inferiore ad un anno.
Aveva altresì omesso di valutare tutti gli elementi ricavabili dalle sentenze in ordine al
contesto criminale legato al narcotraffico in Ostia e che consentivano di comprendere che tutti i reati accertati a carico di NOME, comprese anche le lesioni e la detenzione di armi, rientravano nel programma delittuoso di controllare il mercato degli stupefacenti in un determinato territorio.
Si lamenta inoltre che analoga richiesta di applicazione dell’art. 81 cpv. cod. pen. avanzata da coimputato di NOME, NOME COGNOME, era stata accolta e le loro posizioni erano assimilabili.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha depositato memoria scritta con la quale chiede il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato e va pertanto respinto.
Secondo un orientamento pacifico, «in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento Ł sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione» (Sez. 1, n. 12936 del 03/12/2018, dep. 2019, Rv. 275222 – 01; così anche sez. 6, n. 49969 del 21/09/2012, Rv. 254006 – 01; sez. 4, n. 25094 del 13/06/2007, Rv. 237014 – 01).
Le doglianze del ricorrente, che vertono tutte sulle modalità seguite dal giudice dell’esecuzione nell’accertamento della sussistenza di un medesimo disegno criminoso e sull’applicazione, asseritamente non corretta, dei principi giurisprudenziali in proposito elaborati, esulano dall’ambito della prospettata denuncia di violazione di legge e possono qualificarsi esclusivamente come censura relativa alla mancanza o alla manifesta illogicità della motivazione.
Deve ricordarsi che la Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez.2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento». Anche la sentenza Sez. 2, n. 25016 del 30/06/2022, n.m., ribadisce nella motivazione che «al giudice di legittimità Ł preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa».
Non Ł quindi compito di questa Corte riesaminare i dati indiziari della previa programmazione dell’unico disegno criminoso, e valutare se la loro interpretazione alternativa, prospettata dal ricorrente, sia preferibile a quella seguita dal giudice di merito.
Occorre semmai esaminare il provvedimento impugnato per verificare se contiene una motivazione congrua e completa, basata sull’esame delle risultanze evincibili dalle sentenze irrevocabili alla luce delle osservazioni e delle contestazioni mosse dalla difesa, ed avendo egli raggiunto, all’esito di tale valutazione, una conclusione non manifestamente illogica
Alla luce di queste premesse il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si rivela sostanzialmente rivalutativo a fronte di una motivazione, pure sintetica, ma in ogni caso precisa e coerente in punto di fatto.
Secondo costante orientamento, «il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Rv. 27007401).
In questa indagine, il giudice dell’esecuzione deve desumere la prova del medesimo disegno criminoso «da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, essendo sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto di tali indici, purchØ significativi»; ma in ogni caso non può essere escluso il riconoscimento della continuazione in ragione della mancanza di uno di tali indici, senza che si proceda alla valutazione tutti gli altri (sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, Rv. 284652- 01; analogamente sez. 1, n. 17878 del 25/01/2017, Rv. 270196-01).
Orbene il provvedimento impugnato ha esaminato tutti gli indici e, a fronte di alcuni elementi di equivoca valenza, ne ha individuato altri che contrastano con la prospettazione difensiva.
In ordine al tempo intercorso tra i fatti, che secondo il ricorrente sarebbe stato calcolato erroneamente in un anno e mezzo mentre risulterebbe inferiore all’anno, la valutazione del giudice dell’esecuzione che tiene conto delle date di cui alle contestazioni Ł del tutto secondaria rispetto all’accertamento dell’assenza di altri piø decisivi indicatori; posto che in ogni caso anche un periodo pari a poco meno di un anno non può valere ad integrare la brevità del tempo alla quale si riferisce la giurisprudenza, il giudice dell’esecuzione ha sottolineato due elementi in fatto del tutto dirimenti nel logico percorso seguito dalla motivazione, in alcun modo assertivo e del tutto immune da fratture argomentative; per un verso le violazioni in materia di stupefacenti nessun collegamento presentavano con i reati di lesioni e di armi, rispetto ai quali erano anche del tutto disomogenee, e per altro verso il condannato risultava dedito anche in precedenza alla commissione di reati contro il patrimonio e di spaccio di stupefacente, elemento indicativo di una piø generica spinta a delinquere che prescindeva da specifiche preordinazioni.
Nell’evocare l’assenza di un legame con un assetto associativo di tipo criminale, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il giudice dell’esecuzione non intendeva fondare un’equivalenza fra il programma tipico di un’associazione a delinquere e uno generico che caratterizza la continuazione, ma esponeva un argomento idoneo ad avvalorare l’assenza di qualunque concreto indicatore, anche generico come la finalità associativa di realizzare determinate tipologie di reati-fine, di un collegamento tra le condotte.
Il ricorrente propone poi una rilettura dei contenuti delle sentenze di accertamento dei reati che si chiede di riunire in continuazione, suggerendo di ricavarvi elementi in ordine a generici legami con il contesto criminale del narcotraffico in Ostia, caratterizzato anche dall’uso della violenza. Si tratta di argomenti che mostrano con contorni per nulla definiti solo una possibile strumentalità delle condotte rispetto agli interessi del traffico di stupefacenti ma non sono indicative di una previa programmazione degli illeciti, nemmeno nelle loro linee essenziali.
Si fa infine richiamo al riconoscimento della continuazione in favore di NOME COGNOME
deducendo l’assoluta assimilabilità della posizione di costui a quella di COGNOME; posto che anche questo argomento propone mera rilettura del merito, non potendosi lamentare l’omessa motivazione sul confronto tra due posizioni, che la Corte territoriale era chiamata a valutare separatamente, va comunque evidenziato che dalle stesse deduzioni difensive emerge la diversità dei presupposti valutati con riguardo a COGNOME, al quale l’art. 81 cod. pen. Ł stato applicato solo per fatti di spaccio.
Peraltro nei confronti di NOME che chiedeva di ravvisare un collegamento tra condotte disomogenee Ł stata effettuata una valutazione sugli indici di preordinazione anche alla luce di tutti i suoi altri precedenti penali, che costituiscono un profilo specifico, idoneo a dare ulteriore smentita circa la certa assimilabilità tra le due posizioni.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato con la conseguente condanna alle spese del ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/10/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME