Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20993 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20993 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza in data 12/06/2024 della CORTE DI APPELLO DI NA-
COGNOME NOME nato il 17/05/1974 a POMPEI POLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
sentita l’Avvocata NOME COGNOME che, per delega dell’Avvocato NOME COGNOME si è riportata ai motivi d’impugnazione, chiedendo di valutare l’eventuale estinzione del reato per prescrizione.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 12/06/2024 della Corte di appello di Napoli, che ha confermato la sentenza in data 01/04/2022 del Tribunale di Avellino, che lo aveva condannato per il reato di truffa.
Deduce:
1.1. Violazione di legge, in relazione all’art. 81, comma secondo, cod. pen..
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello ha violato la legge nel disattendere la richiesta di applicazione del regime della continuazione tra i fatti oggetto dell’odierno giudizio e quelli considerati nell’ordinanza in data 16/01/2024 del Tribunale di Pesaro che, quale giudice dell’esecuzione, riconosceva la continuazione tra alcuni fatti giudicati con sentenze divenute irrevocabili tra il 2018 e il 2021.
La stessa doglianza veniva espressa, in linea subordinata, anche per il mancato riconoscimento della continuazione con la sentenza del Tribunale di Avellino irrevocabile in data 05/01/2021.
Rimarca come fossero presenti tutti gli indici rilevatori della medesimezza del disegno criminoso, in quanto fatti di reato contro il patrimonio, commessi nell’anno 2016, con le medesime modalità operative, di telefoni cellulari a mezzo internet, su canali dedicati.
1.2. Difetto di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 81, comma secondo, cod. pen.
Secondo il ricorrente la Corte di appello non ha valutato adeguatamente la documentazione prodotta al fine di dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti per la configurazione della continuazione tra i fatti giudicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto le questioni dedotte in relazione alla continuazione erano già inammissibili in sede di appello.
A tale proposito va rilevato che con l’atto di appello veniva esposto un unico motivo, con cui si censurava la sentenza di primo grado sotto il profilo dell’affermazione della responsabilità, sostenendosi l’assenza dell’elemento oggettivo del delitto di truffa.
Nessuna questione veniva sollevata in ordine alla sussistenza della continuazione con altri fatti già giudicati.
Tale richiesta, per come evidenziato dallo stesso ricorrente, veniva avanzata soltanto in prossimità dell’udienza di trattazione cartolare della causa, quando la difesa di COGNOME depositava alcune memorie e allegava documentazione, sollecitando l’applicazione dell’istituto della continuazione tra il fatto di cui all’odierno giudizio e fatti già giudicati con sentenze divenute irrevocabili tra il 2018 e il 2021, già ritenuti in continuazione (anche quella del Tribunale di Avellino divenuta irrevocabile il 05/01/2021) dall’ordinanza in data 16/01/2024 del Tribunale di Pesaro, quale giudice dell’esecuzione.
Va rimarcato che tutte tali sentenze sono divenute irrevocabili già prima della presentazione del l’appello e, anzi, già prima della pronuncia della sentenza di primo grado, in data 01/04/2022.
La richiesta di continuazione non è stata proposta con l’atto di appello ed è stata avanzata soltanto con le memorie scritte (che fanno luogo alla discussione orale nella trattazione cartolare) per fatti giudicati con sentenze divenute irrevocabili prima della presentazione dell’appello.
Da tale rilievo discende l’inammissibilità già in appello della richiesta di applicazione della continuazione in esame, dovendosi riconoscere che, i l riconoscimento del vincolo della continuazione fra reati da giudicare e reati già giudicati con sentenza definitiva, può essere richiesto per la prima volta anche in sede di presentazione di memorie nel giudizio cautelare d’appello, soltanto se la sentenza relativa ai fatti già giudicati sia divenuta definitiva in data successiva a quella di presentazione dei motivi di appello e dei motivi aggiunti.
Il principio è già stato affermato dalla giurisprudenza con riferimento al giudizio d’appello in trattazione orale, laddove si è espressamente affermato che «il riconoscimento del vincolo della continuazione fra reati da giudicare e reati già giudicati con sentenza definitiva, può essere richiesto per la prima volta anche nel corso della discussione orale del giudizio di appello, soltanto se la sentenza relativa ai fatti già giudicati sia divenuta definitiva dopo la presentazione dei motivi di appello (Conf., Sez. 1, n. 9997 del 1986, Rv. 176698)» (così, Sez. 2, n. 37379 del 18/11/2020, Arcadu, Rv. 280424-01; nello stesso senso, Sez. 6, n. 35599 del 16/06/2015, non mass.; Sez. 1, n. 9997 del 05/12/1986, dep. 1987, COGNOME, Rv. 176698-01; conf. mass. Rv. n. 167174; n. 156277; n. 147984; v. anche, Sez. 2, n. 7132 del 11/01/2024 , COGNOME, Rv. 285591 -01, secondo cui, in tema di giudizio di appello, la richiesta di applicazione della continuazione in relazione a reato giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine per impugnare è ammissibile solo se avanzata con i motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. e sempre che sia accompagnata dall’allegazione, precisa e completa, delle sentenze definitive rilevanti ai fini del decidere).
Da quanto esposto discende l’inammissibilità de l ricorso oggi in esame, dovendosi ribadire che «la inammissibilità dell’impugnazione non rilevata dal giudice di secondo grado deve essere dichiarata dalla Cassazione, quali che siano state le determinazioni cui detto giudice sia pervenuto nella precedente fase processuale, atteso che, non essendo le cause di inammissibilità soggette a sanatoria, esse devono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento» (Sez. 3, n. 20356 del 02/12/2020, dep. 2021, Mirabella, Rv. 281630-01; fattispecie di inammissibilità dell’appello dovuta a tardiva presentazione dei motivi).
Parimenti inammissibile la richiesta di valutare se i reati si siano estinti per prescrizione, avanzata a questa Corte in sede di discussione per due ordini di ragioni.
4.1. In primo luogo, perché la richiesta viene avanzata in sede di discussione per un ricorso che ha mosso censure soltanto in relazione al trattamento sanzionatorio e non anche in relazione all’affermazione d i responsabilità, così non essendovi più spazio per la declaratoria di estinzione di un reato su cui si è oramai consolidato il giudicato.
4.2. In secondo luogo, ove si volesse prescindere dal precedente assorbente rilievo, va evidenziato che non è possibile rilevare la prescrizione eventualmente maturata nelle more della trattazione dell’odierna impugnazione, atteso che il ricorso inammissibile per causa originaria non consente l’instaurazione di un regolare rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che la sentenza impugnata passa automaticamente in cosa giudicata e resta precluso qualsiasi accertamento di sopravvenute cause di non punibilità (nella specie, la prescrizione del reato (in questo senso, Sez. 2, n. 28848 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 25646301; Sez. 3, n. 42839 del 08/10/2009, COGNOME, Rv. 244999-01).
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/05/2025