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Continuazione reato: quando è inammissibile in appello

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20993/2025, ha dichiarato inammissibile un ricorso per truffa. La richiesta di applicazione della continuazione del reato è stata ritenuta tardiva perché presentata solo con memorie in appello, per fatti già giudicati con sentenze definitive prima della presentazione dell’impugnazione. Questo vizio procedurale ha impedito anche la valutazione della prescrizione del reato.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: Tempistiche e Inammissibilità in Appello

Nel processo penale, il rispetto delle tempistiche e delle forme è fondamentale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20993/2025) offre un importante chiarimento sull’istituto della continuazione reato e sui limiti temporali per richiederne l’applicazione in sede di appello. La decisione sottolinea come una richiesta tardiva, presentata al di fuori dei motivi di impugnazione, conduca inesorabilmente all’inammissibilità, con conseguenze significative per l’imputato, inclusa l’impossibilità di far valere l’eventuale prescrizione del reato.

Il caso: una richiesta di continuazione presentata fuori tempo

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imputato condannato per truffa sia in primo grado che in appello. La difesa, solo in prossimità dell’udienza di appello e tramite memorie scritte, aveva chiesto l’applicazione dell’istituto della continuazione tra il reato oggetto del giudizio e altri reati, già coperti da sentenze definitive emesse tra il 2018 e il 2021. La Corte d’Appello non accoglieva la richiesta, e la difesa proponeva quindi ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 81, secondo comma, del codice penale.

La decisione: l’inammissibilità della richiesta di continuazione reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la linea dura della giurisprudenza in materia di tempistiche processuali. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi principali.

La Tardività della Richiesta

Il punto cruciale della sentenza è che la richiesta di applicazione della continuazione non era stata formulata nell’atto di appello. Era stata avanzata solo successivamente, con memorie difensive. I giudici hanno chiarito che tale richiesta, per essere ammissibile, deve essere inserita nei motivi di impugnazione.

Esiste un’eccezione: la richiesta può essere presentata per la prima volta nel corso del giudizio di appello (ad esempio, con memorie o motivi nuovi) solo se la sentenza relativa agli altri reati in continuazione è diventata definitiva dopo la presentazione dell’atto di appello. Nel caso di specie, invece, tutte le altre sentenze erano già passate in giudicato non solo prima della presentazione dell’appello, ma addirittura prima della sentenza di primo grado. Di conseguenza, la difesa avrebbe dovuto e potuto sollevare la questione fin dal primo atto di impugnazione.

L’Impossibilità di Valutare la Prescrizione

Un’altra questione sollevata dalla difesa era l’estinzione del reato per prescrizione. Anche su questo punto, la Corte è stata categorica. L’inammissibilità del ricorso per una causa originaria (come la tardività dei motivi) impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale d’impugnazione. Ciò significa che la sentenza impugnata passa direttamente in giudicato, e al giudice dell’impugnazione è preclusa la possibilità di esaminare qualsiasi altra questione, incluse le cause di non punibilità sopravvenute come la prescrizione.

Le motivazioni

La Corte ha ribadito un principio consolidato: le cause di inammissibilità dell’impugnazione devono essere rilevate d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e non sono soggette a sanatoria. La richiesta di continuazione reato con fatti già giudicati con sentenze irrevocabili è una questione che attiene al trattamento sanzionatorio e deve essere veicolata attraverso gli specifici motivi di impugnazione. Presentarla tardivamente, con memorie scritte che di fatto integrano i motivi originari, viola le regole procedurali che garantiscono l’ordinato svolgimento del processo.

L’inammissibilità del ricorso, inoltre, rende la sentenza impugnata definitiva e intangibile. Di conseguenza, il giudice non può entrare nel merito di altre questioni, come la prescrizione maturata nelle more del giudizio di Cassazione. Il rapporto processuale non si è validamente costituito, e la Corte non ha il potere di pronunciarsi su nient’altro che sull’inammissibilità stessa.

Le conclusioni

Questa sentenza è un monito sull’importanza della strategia difensiva e del rigore procedurale. Dimostra che le questioni relative al trattamento sanzionatorio, come l’applicazione della continuazione reato, devono essere sollevate tempestivamente e nelle forme corrette, ovvero con l’atto di impugnazione. Attendere o presentare tali istanze con atti successivi, come le memorie, è una strategia rischiosa che può portare all’inammissibilità dell’intera impugnazione, con la conseguenza di rendere definitiva la condanna e di precludere la valutazione di altre cause estintive del reato, come la prescrizione.

È possibile chiedere l’applicazione della continuazione per la prima volta in appello con una semplice memoria scritta?
No, la richiesta va inserita nei motivi di appello. Secondo la sentenza, è ammissibile presentarla per la prima volta in appello solo se la sentenza relativa all’altro reato è diventata definitiva dopo la presentazione dell’appello stesso, e comunque va formalizzata con motivi nuovi.

Se un ricorso è inammissibile per un vizio originario, il giudice può comunque dichiarare la prescrizione del reato?
No. La Corte ha stabilito che l’inammissibilità del ricorso per una causa originaria impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale e preclude al giudice la possibilità di valutare cause di non punibilità sopravvenute, come la prescrizione maturata durante il giudizio di legittimità.

Cosa succede quando la richiesta di continuazione riguarda sentenze già definitive prima della presentazione dell’appello?
In questo caso, la richiesta deve essere obbligatoriamente inclusa nell’atto di appello. Se viene presentata successivamente, ad esempio con memorie, è considerata tardiva e quindi inammissibile, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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