Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19907 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19907 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/01/2024 del GIP TRIBUNALE di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 4 gennaio 2024, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torino rigettava la richiesta avanzata da NOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati, commessi nelle date del 4 dicembre 2016, del 16 giugno 2018 e del 29 aprile 2019, giudicati dalle sentenze irrevocabili presupposte.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’incontroversa eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME e della notevole ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 4 dicembre 2016 e il 29 aprile 2019, che impediva di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.