Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3834 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3834 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/05/2023 del TRIBUNALE di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Tribunale di Bari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, con un unico motivo di ricorso, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità, richiamata nel ricorso, in materia di criteri identificativi dell’uni disegno criminoso, sicuramente ravvisabile, poste l’omogeneità delle condotte (violazioni delle prescrizioni inerenti la misura di prevenzione) e la lor commissione nel medesimo arco temporale di quelle per le quali vi è già stato provvedimento di unificazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppur indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni vo risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01);
ricordato che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine di stabi l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto all abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unicità o plu delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, COGNOME, Rv. 187740-01);
ricordato altresì che il giudice dell’esecuzione, investito da richiesta ai sens dell’art. 671 cod. proc. pen., non può trascurare, ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione, una precedente, già operata in sede cognitoria ovvero in fase di esecuzione relativamente ad alcuni reati, potendo da essa prescindere solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative ragioni per cui i fatti oggetto di detta richiesta non possono essere ricondotti al
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delineato disegno (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, Miele, Rv. 271903; Sez. 1, n. 4716 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258227; Sez. 1, n. 19358 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252781);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi, dando sintetico, ma adeguato conto della loro applicazione e, lungi dall’avere trascurato l’avvenuto riconoscimento del vincolo della continuazione tra altre coeve ipotesi di cui all’art. 9 I. n. 1423 del 1956, maniera esente da illogicità e incongruenze, ha ritenuto la commissione di ulteriori, analoghe violazioni, costituisse l’esito di un comportamento criminale abituale, «espressivo esclusivamente di uno stile di vita» (p. 2 del provvedimento impugnato), avulso dall’unitaria e anticipata ideazione;
rilevato che tale motivazione, scevra da fratture razionali, è rimasta sostanzialmente incontestata con il ricorso, del tutto a-specifico (il ricorrente s è, invero, limitato a ribadire assertivamente l’esistenza del vincolo di cui all’ar 81, comma 2, cod. pen. e l’insufficienza della motivazione del Giudice dell’esecuzione, senza neppure chiarire – a fronte di reati spazianti dal 2006 al 2012 – se si tratta di violazioni della stessa misura di prevenzione), oltre in part inesatto (posto che non tutte le condotte delle quali si lamenta la mancata unificazione rientrano nell’arco temporale già positivamente considerato, bensì esclusivamente quelle di cui alle sentenze di cui agli allegati 6 e 7 così come indicati nel l’ordinanza in preambolo);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 18 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 settembre 2023
Il Consigliere estensore
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Il Presidente