Continuazione Reato: Quando lo Stile di Vita Esclude il Beneficio
L’istituto della continuazione reato rappresenta un’importante deroga al principio del cumulo materiale delle pene, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo beneficio, negandolo quando i delitti non sono altro che l’espressione di un’abitualità criminale. Analizziamo insieme la decisione per capire la differenza cruciale tra un ‘unico disegno criminoso’ e una ‘scelta di vita’ dedita al crimine.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo condannato con nove sentenze diverse per una serie di reati commessi in un lungo arco temporale, dal 2006 al 2020. I crimini includevano furti, uso indebito di carta di credito, guida senza patente e rapina, perpetrati in varie località del Veneto. L’interessato, tramite il suo difensore, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di riconoscere la continuazione reato tra tutte queste condotte, al fine di unificare la pena.
La Corte d’Appello, però, aveva respinto la richiesta. Secondo i giudici di merito, mancava il requisito fondamentale dell’unicità del disegno criminoso. A sostegno di tale conclusione, la Corte evidenziava la forte distanza spaziale e temporale tra molti dei reati, la non omogeneità di alcuni di essi, le diverse modalità di commissione (a volte da solo, a volte con complici diversi) e l’estemporaneità di alcuni episodi, come i furti su auto in sosta. Complessivamente, le condotte apparivano come l’espressione di un’abitualità criminosa e non di un programma unitario.
La Decisione della Cassazione e la nozione di continuazione reato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto che l’ordinanza impugnata avesse applicato correttamente i principi stabiliti dalla giurisprudenza, in particolare dalla nota sentenza a Sezioni Unite ‘Gargiulo’ del 2017.
La Cassazione ha confermato che non è plausibile ipotizzare un’unica programmazione criminale originaria per delitti così distanti nel tempo. In particolare, un furto commesso nel 2006 difficilmente può essere considerato parte dello stesso piano di una serie di altri reati commessi a partire dal 2017, ben undici anni dopo. Questo ‘iato temporale’ è un elemento sintomatico forte contro l’esistenza di un unico disegno criminoso.
Le Motivazioni: Stile di Vita vs. Unico Disegno Criminoso
Il cuore della motivazione della Corte risiede nella distinzione tra un piano criminale preordinato e una generica propensione a delinquere. La continuazione reato presuppone che l’agente, fin dal primo reato, si sia rappresentato e abbia voluto una serie di violazioni della legge come parte di un unico progetto. Nel caso di specie, invece, gli elementi raccolti deponevano in senso contrario.
La Corte ha sottolineato che fattori come:
1. Il lungo intervallo temporale: un vuoto di oltre dieci anni tra il primo reato e i successivi rende improbabile una programmazione unitaria.
2. La variabilità del modus operandi: agire a volte da solo e a volte con complici sempre diversi dimostra l’occasionalità delle singole azioni piuttosto che l’attuazione di un piano strutturato.
3. La natura dei reati: la commissione di reati diversi e con modalità eterogenee suggerisce più una risposta a opportunità momentanee che l’esecuzione di un programma predefinito.
Questi elementi, valutati nel loro insieme, non delineano un unico disegno criminoso, ma piuttosto una ‘scelta di vita’ o un’abitudine a commettere delitti. Questa condizione, definita ‘abitualità criminosa’, è incompatibile con la logica e la finalità dell’istituto della continuazione, che mira a premiare la minore riprovevolezza di chi delinque all’interno di un singolo, circoscritto impulso criminale, e non chi fa del crimine la propria quotidianità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione riafferma un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione reato, non basta la semplice somiglianza o omogeneità dei crimini commessi. È onere del richiedente fornire elementi concreti che dimostrino l’esistenza di un piano unitario e preordinato sin dall’inizio. La mera affermazione di ‘non incompatibilità’ tra i vari episodi delittuosi non è sufficiente.
In pratica, chi intende avvalersi di questo istituto deve essere in grado di provare, o quantomeno di allegare elementi specifici (come la vicinanza temporale, l’identità del modus operandi, il contesto unitario), che supportino l’idea di un progetto criminoso iniziale. In assenza di tali prove, e in presenza di indicatori contrari come un ampio divario temporale, la magistratura tenderà a qualificare la serie di reati come espressione di una più grave e radicata tendenza a delinquere, escludendo così l’applicazione del trattamento sanzionatorio più favorevole.
Cosa si intende per ‘continuazione reato’?
È un istituto giuridico che consente di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo piano criminale. La pena finale è calcolata partendo da quella per il reato più grave, aumentata fino al triplo, risultando più mite rispetto alla somma delle singole pene.
Perché un lungo intervallo di tempo tra i reati esclude la continuazione?
Un notevole lasso di tempo (nel caso specifico, oltre dieci anni tra il primo reato e i successivi) rende implausibile che tutti i delitti facciano parte di un unico programma ideato fin dall’inizio. Secondo la Corte, un tale ‘iato temporale’ è un forte indizio dell’assenza di un disegno criminoso unitario.
Qual è la differenza tra ‘unico disegno criminoso’ e ‘abitualità criminosa’?
L’ ‘unico disegno criminoso’ è un programma specifico e preordinato per commettere una serie di reati. L’ ‘abitualità criminosa’, invece, descrive uno stile di vita e una propensione generale a delinquere, dove i reati non nascono da un piano unico ma da occasioni o da una scelta di vita costante, condizione che è incompatibile con il beneficio della continuazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36618 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36618 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PIOVE DI SACCO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/02/2025 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza emessa in data 24 febbraio 2025 con cui la Corte di appello di Venezia, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la sua richiesta di concessione dell’istituto della continuazione tra i reati giudicati con nove sentenze, con le quali egli è stato condannato per vari reati di furto, false generalità, uso indebito di carta di credito, guida senza patente e rapina commessi in varie località del Veneto tra il 2006 e il 2020, ritenendo insussistente l’unicità di disegno criminoso, per la forte distanza spaziotemporale tra molti di tali reati, la non omogeneità di alcuni di essi, le diverse modalità di commissione anche dei reati omogenei, e le caratteristiche di estemporaneità di alcuni di essi, in particolare i furti commessi su auto in sosta, e ritenendo non sussistenti elementi idonei per ravvisare la continuazione anche tra gruppi di reato apparendo che le condotte tenute, nel loro complesso, siano espressione di un’abitualità criminosa e di uno stile di vita dedito al delitto;
rilevato che il ricorrente deduce il vizio di motivazione per avere l’ordinanza rigettato l’istanza nonostante la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dal giurisprudenza, quali l’identica natura dei reati, la loro vicinanza spaziotemporale, ad eccezione solo del reato di cui alla prima condanna, in quanto commessi in località confinanti tra loro, l’identità del modus operandi, non emergendo l’asserita occasionalità di alcuni furti ed essendo questi, in particolare alcuni specificamente indicati, compatibili con una programmazione originaria unitaria;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha applicato correttamente i principi stabiliti dalla sentenza Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074, valutando non provata e non plausibile la programmazione originaria, all’epoca di commissione del primo reato, cioè un furto commesso nel 2006, delle numerose condotte delittuose commesse a partire dal 2017 e sino al 2020, non sempre omogenee, agendo il ricorrente talvolta da solo e talvolta con complici sempre diversi, e con modalità che, spesso, dimostrano l’occasionalità del fatto, e ritenendo perciò la nuova commissione di un reato analogo una mera espressione di una propensione a commettere quel tipo di delitto, ovvero di una scelta di vita, non compatibili con l’istituto della continuazione;
ritenuto inoltre che il ricorso sia inammissibile perché generico, in quanto non indica alcun elemento, diverso dall’omogeneità di molti dei titoli di reato e
da una presunta, ma insussistente, contiguità spazio-temporale, che dimostri la programmazione unitaria di tutti i reati sin dalla commissione del primo di essi, e pretende di superare il forte iato temporale con una affermazione di mera non incompatibilità tra questo e la originaria e preventiva programmazione quanto meno dei reati di furto di cui alle prime condanne;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025