Continuazione Reato: Quando la Reiterazione diventa Stile di Vita Criminale
L’istituto della continuazione reato, disciplinato dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un meccanismo fondamentale per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono legati da un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione rigorosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19886/2024) ha ribadito i confini di questo istituto, chiarendo la netta distinzione tra un progetto criminale unitario e una generica inclinazione a delinquere, assimilabile a uno ‘stile di vita’.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Riconoscimento della Continuazione Reato
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un soggetto contro un’ordinanza della Corte d’Appello di Lecce. Quest’ultima aveva negato il riconoscimento della continuazione tra diversi reati giudicati con sentenze irrevocabili. L’appellante sosteneva che le varie condotte illecite, commesse in un arco temporale compreso tra il febbraio 2014 e il dicembre 2015, fossero parte di un unico disegno criminoso.
La Corte territoriale, tuttavia, aveva respinto la richiesta, evidenziando l’eterogeneità dei delitti e l’ampiezza del lasso di tempo intercorso tra di essi. Questi elementi, secondo i giudici di merito, impedivano di ravvisare un’originaria e unitaria progettazione criminale.
La Decisione della Cassazione: Limiti alla Continuazione Reato
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici d’appello, dichiarando il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno sottolineato che, per poter applicare la continuazione reato, non è sufficiente una semplice reiterazione di comportamenti illeciti. È necessario, invece, dimostrare che tutte le violazioni siano state concepite e pianificate fin dall’inizio come parte di un unico progetto.
Nel caso di specie, la diversità delle condotte e il notevole intervallo temporale (quasi due anni) sono stati considerati elementi ostativi al riconoscimento di un’unica matrice deliberativa. La Corte ha chiarito che tale reiterazione non può essere confusa con l’istituto del favor rei della continuazione, ma rientra piuttosto in una logica di programma di vita improntato al crimine.
Le Motivazioni: Differenza tra Disegno Criminoso e Programma di Vita
Le motivazioni della Corte si concentrano sulla distinzione concettuale tra due fenomeni ben diversi: il disegno criminoso unitario e la tendenza a delinquere.
L’Eterogeneità dei Reati e l’Arco Temporale
I giudici hanno spiegato che l’omogeneità sul piano esecutivo e la contiguità temporale sono indici fondamentali per presumere l’esistenza di un unico disegno criminoso. Quando i reati sono eterogenei e commessi a grande distanza di tempo, diventa difficile, se non impossibile, sostenere che fossero tutti previsti in un piano iniziale. La Corte ha ribadito che un lasso temporale così ampio, come quello nel caso in esame, è di per sé un forte indicatore contrario alla sussistenza della continuazione.
Il Principio del Favor Rei
La Cassazione ha precisato che la continuazione è un istituto preordinato al favor rei, ovvero a garantire un trattamento più mite a chi, pur commettendo più reati, lo fa nell’ambito di una singola deliberazione. Al contrario, la reiterazione di condotte illecite come espressione di una scelta di vita criminale viene sanzionata da altri istituti, quali la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato. Questi ultimi hanno una finalità opposta: inasprire la pena per chi dimostra una persistente inclinazione a violare la legge.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso sui presupposti per l’applicazione della continuazione. La decisione ribadisce che non basta commettere più reati per beneficiare di un trattamento sanzionatorio unitario; è indispensabile provare l’esistenza di un progetto criminoso iniziale, unico e ben definito. In assenza di tale prova, la ripetizione di delitti viene interpretata non come l’attuazione di un piano, ma come la manifestazione di una pericolosità sociale che il sistema giuridico sanziona con istituti specifici e aggravanti, escludendo i benefici previsti per la continuazione.
Quando si può applicare l’istituto della continuazione reato?
L’istituto si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando le diverse azioni illecite sono state pianificate e deliberate fin dall’inizio come parte di un unico progetto.
Un ampio arco temporale tra i reati esclude la continuazione?
Sì, secondo la Corte un notevole lasso di tempo tra la commissione dei reati (nel caso specifico, quasi due anni) è un elemento che impedisce di ritenere dimostrata l’originaria e unitaria progettazione dei comportamenti criminosi, ostacolando quindi il riconoscimento della continuazione.
Qual è la differenza tra ‘continuazione reato’ e un ‘programma di vita’ criminale secondo la Cassazione?
La ‘continuazione reato’ presuppone un singolo piano criminale iniziale e beneficia del principio del favor rei con una pena più mite. Un ‘programma di vita’ criminale, invece, è una reiterazione di condotte illecite che esprime una scelta di vita e viene sanzionato da istituti come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato, che hanno una finalità repressiva e non di favore.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19886 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19886 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/12/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 7 dicembre 2023, con la quale la Corte di appello di Lecce rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1 e 2 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee sul piano esecutivo e non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME e della notevole ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 22 febbraio 2014 e il 16 dicembre 2015, che impediva di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio giurisdizionale (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 aprile 2024.