Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5244 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5244 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONTEBELLO IONICO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo con la quale la Corte d’appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso le indicazioni della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso;
letta la memoria tempestivamente depositata il 30 novembre 2023 e il decreto ad essa allegato, con la quale la difesa chiede che il ricorso sia assegnato alla Sezione ordinaria;
ritenuto che il ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto aspecifico e non correlato con la motivazione posta a fondamento del provvedimento di diniego;
ribadito, GLYPH invero, GLYPH il GLYPH principio secondo cui, il GLYPH riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni voliti risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01). Da quest’ultima non si può infatti prescindere, giacché la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di più azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo della volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorché richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294-01);
rilevato che il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo di detti principi e – diversamente da quanto affermato dal ricorrente – ha posto in risalto che è di ostacolo a una decisione favorevole la differente natura (semplice e mafiosa), oltre che parziale diversità dell’oggetto delle due compagini criminali oggetto delle sentenze i cui reati associativi si vorrebbero unificare (p. 3 del provvedimento impugnato);
ritenuto dunque che con tali argomentazioni logiche e plausibili il ricorrente non si confronta in modo adeguatamente specifico;
ritenuto inoltre che – come rilevato dalla stessa Corte territoriale – che l’invocato vincolo è stato già escluso in sede di cognizione, ciò che determina una vera e propria preclusione al suo riconoscimento, posto che l’applicazione della disciplina della continuazione in sede di esecuzione ha carattere sussidiario e suppletivo ed è subordinata alla circostanza che non sia stata esclusa dal giudice della cognizione; ciò che è accaduto nel caso che ci occupa (p. 3 provvedimento impugnato);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2023
Il Consigliere estensore