Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32921 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 32921  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MARCELLINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/04/2025 del TRIBUNALE di Tivoli Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 aprile 2025 il Tribunale di Tivoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME, di applicazione dell’istituto della continuazione, tra i fatti giudicati con le seguenti sentenze della Corte di appello di Roma:
n. 404/2022 del 19 gennaio 2022, irrevocabile il 10 novembre 2022 per i reati di cui agli artt. 81 e 612bis cod. pen., commessi a Tivoli dall’agosto del 2017;
n. 1986/2022 del 10 aprile 2024, irrevocabile il 29 gennaio 2025 per i reati di cui agli artt. 81 e 612bis cod. pen., commessi in Tivoli a epoca successiva e prossima al 20 marzo 2015, con condotta perdurante.
Ritenendo sussistente un unico disegno criminoso in virtø della natura omogenea dei reati, del medesimo contesto in cui gli stessi sono stati realizzati, nonchØ della direzione delle condotte verso le stesse persone offese (i condomini del condannato), in accoglimento dell’istanza, il Tribunale ha rideterminato la pena complessiva finale in anni uno e mesi cinque di reclusione.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore fiduciario, articolando due motivi.
2.1. Con il primo eccepisce erronea applicazione della legge penale, in relazione al mancato riconoscimento, tra le due sentenze in oggetto, della disciplina del ne bis in idem .
Le condotte descritte nel capo di imputazione della sentenza sub 2), qualificate come permanenti, sarebbero le medesime già giudicate con la sentenza sub 1), da ritenersi, pertanto, assorbite nell’imputazione della prima.
2.2. Con il secondo eccepisce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in relazione al calcolo della pena finale inflitta.
Il Tribunale avrebbe errato nell’individuare la pena piø grave in quella di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, applicata per una delle violazioni dell’art. 612bis cod. pen. con la
sentenza sub 1) dopo aver scorporato la continuazione tra tutti i reati giudicati, dovendosi, piuttosto, individuare in quella di mesi undici e giorni dieci inflitta con la sentenza sub 2).
Avrebbe, inoltre, operato un eccessivo aumento per la continuazione, pari a due mesi per ogni persona offesa.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Ai fini della disamina del primo motivo di ricorso, giova, preliminarmente, richiamare il consolidato insegnamento di questa Corte, per il quale Ł inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, con il quale siano devolute questioni non prospettate con la richiesta originaria al giudice di merito, sulle quali quest’ultimo non sia stato chiamato a decidere (Sez. 1, n. 41836 del 09/06/2023, COGNOME Paolo, Rv. 285124-01).
Peraltro, dalla dichiarata inammissibilità in sede di legittimità non deriva, in concreto, lesione alcuna per la parte, che ben potrà far valere la diversa questione con altra richiesta, dal momento che il divieto del ne bis in idem non opera per le nuove istanze, fondate su presupposti di fatto e motivi di diritto prima non prospettati (Sez. 5, n. 9 del 04/01/2000, COGNOME, Rv. 215976; Sez. 1, n. 9780 del 11/01/2017, COGNOME, Rv. 269421).
Sulla base di tale principio di diritto, deve osservarsi che la questione relativa al mancato riconoscimento del ne bis in idem non Ł stata dedotta con l’incidente di esecuzione e non Ł stata sottoposta al vaglio del Tribunale di Tivoli quale giudice dell’esecuzione.
Dagli atti, la cui consultazione Ł consentita in ragione del vizio dedotto, non risulta la prospettazione della tesi difensiva secondo la quale i fatti giudicati con le due sentenze sarebbero, in realtà, sovrapponibili; all’udienza di discussione dell’incidente di esecuzione, il ricorrente si Ł limitato a riportarsi all’istanza originaria.
Da tale mancata deduzione, pertanto, deriva la preclusione alla introduzione della questione davanti a questa Corte, nonchØ la sua deduzione articolata in termini di violazione di legge.
Il secondo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
3.1. A tale riguardo, va, preliminarmente, ribadito il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, per il quale il giudice dell’esecuzione che debba procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per piø violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati che il giudice della cognizione abbia riunito in continuazione, individuare quello piø grave e, solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo (Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2020, COGNOME, Rv. 248299-01; Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, COGNOME, Rv. 275845).
3.2. Secondo le descritte modalità ha proceduto il giudice dell’esecuzione il quale, scorporati tutti i reati giudicati e ritenuti in continuazione, ha individuato la pena piø grave in quella di mesi cinque e giorni dieci di reclusione applicata per una delle violazioni dell’art. 612bis cod. pen., con la sentenza sub 1) (calcolata partendo dalla pena base di un anno di reclusione, ridotta ad otto mesi per il vizio parziale di mente, ridotta, ulteriormente, a cinque mesi e dieci giorni per le attenuanti generiche); ha proceduto, poi, ad applicare, in primo luogo, gli aumenti per la continuazione già stabiliti da tale sentenza (quattro mesi di
reclusione, ossia due mesi per ogni persona offesa), e, in seguito, gli ulteriori aumenti per la continuazione con i reati giudicati con la sentenza sub 2) (otto mesi di reclusione, ossia due mesi per ciascuna delle quattro persone offese), quantificando, in definitiva, la pena complessiva in anni uno e mesi cinque di reclusione.
3.3. Relativamente agli aumenti inflitti per ogni persona offesa, ritenuti gravosi in termini meramente assertivi dal ricorrente, va ribadito che in tema di determinazione della pena nel reato continuato, «il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato piø grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. (La Corte ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena Ł correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene).(Conf. Sez. U, n.7930/95, Rv.201549-01)» (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269 – 01).
Indicata la pena base nei termini sopra precisati, il giudice dell’esecuzione ha proceduto ad applicare gli aumenti per la continuazione richiamando i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. a fronte dei quali il ricorrente ha meramente affermato la natura eccessiva degli stessi aumenti senza operare alcun effettivo confronto con le conclusioni alle quali Ł pervenuto il giudice dell’esecuzione che ha complessivamente quantificato la pena in misura inferiore a quella derivante dal cumulo materiale delle pene inflitte in sede di cognizione.
Da quanto esposto, deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
La natura dei reati per i quali il ricorrente ha riportato condanna impone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, ai sensi dell’art. 52 d.gs. 196 del 2003.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/09/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.