Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2765 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2765 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Martina Franca il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/8/2023 emessa dal Tribunale di Lecce visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare il ricorso inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente ha impugnato l’ordinanza con la quale il Tribunale di Lecce, pronunciando in sede di appello cautelare, aveva confermato il rigetto dell’istanza di sostituzione della custodia cautelare in carcere con altra misura meno afflittiva.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha formulato un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione di legge e vizio di motivazione. Nel ricorso
si premette che, nei confronti di COGNOME, è stata pronunciata in primo grado sentenza di condanna, con la quale è stata riconosciuta la continuazione tra il reato in relazione al quale è stato emesso il titolo cautelare ed altro precedente fatto già giudicato. Per effetto del riconoscimento della continuazione, COGNOME è stato condannato alla pena complessiva di dieci anni di reclusione, di cui due anni disposti a titolo di aumento per la continuazione.
Sostiene il ricorrente che il riconoscimento della continuazione dovrebbe rilevare anche ai fini cautelari, evidenziando che per il reato posto in continuazione era stato già sottoposto a misura cautelare per complessivi quattro anni, mentre per il reato oggetto di questo procedimento la custodia cautelare è pari ad un anno e sei mesi.
Si assume, pertanto, che la misura cautelare finora sofferta sarebbe pari a più della metà della pena inflitta, il che giustificherebbe la modifica della stessa in senso più favorevole.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
L’ordinanza impugnata contiene un’esaustiva illustrazione dei plurimi motivi ritenuti ostativi alla sostituzione della misura custodiale, sottolineando come non siano stati addotti motivi ulteriori e diversi da quelli valutati sia all’att dell’adozione della misura cautelare, sia in occasione di un precedente appello cautelare proposto avverso il diniego della sostituzione.
Ma l’elemento dirimente, correttamente richiamato dal Tribunale, concerne l’applicabilità della doppia presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di esclusiva adeguatezza della custodia in carcere prevista in relazione al reato di cui all’art. 74, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per il quale si procede nei confronti di COGNOME.
Rispetto a tale argomento, di per sé decisivo, il ricorrente non ha formulato alcuna censura, il che già sarebbe sufficiente a decretare l’inammissibilità del ricorso.
L’unica questione che viene proposta con il ricorso attiene alla rilevanza della riconosciuta continuazione, per effetto della quale si invoca un sostanziale cumulo della durata delle due autonome misure cautelari disposte nei distinti procedimenti.
Si tratta di un argomento privo di fondamento.
In punto di diritto, si rileva che il riconoscimento della continuazione attiene
esclusivamente all’applicazione di un trattamento sanzionatorio di favore, senza che ciò influisca sull’autonomia dei reati, né tanto meno sui profili cautelari.
La custodia cautelare presofferta in relazione ad un reato che, per effetto del riconoscimento della continuazione, risulti punito con pena inferiore, potrà rilevare solo ai fini del computo della pena complessiva residua da scontare (Sez.1, n. 18308 del 23/2/2018, Iannicelli, Rv. 273133), ma non ha certamente rilievo ai fini della richiesta di sostituzione della misura cautelare ancora in corso di esecuzione.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 19 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente