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Continuazione reato: inammissibile se chiesta in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata. La richiesta di riconoscimento della particolare tenuità del fatto è stata respinta per la gravità della condotta. Inoltre, la richiesta di applicazione della continuazione reato, presentata per la prima volta in Cassazione, è stata ritenuta inammissibile perché tardiva, potendo essere sollevata solo con motivi nuovi in appello o in sede esecutiva.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: Quando e Come Chiederla Correttamente

Nel processo penale, la forma e le tempistiche sono tutto. Una richiesta legittima, se presentata nel momento o nel modo sbagliato, può essere respinta senza nemmeno essere esaminata nel merito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ce lo ricorda, affrontando il tema della continuazione reato e dei limiti procedurali per la sua richiesta. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere come e quando un imputato può beneficiare di questo importante istituto.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria inizia con una condanna emessa dal Tribunale di Marsala per il reato di cui all’art. 633 del codice penale (invasione di terreni o edifici). La sentenza viene parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Palermo, che condanna l’imputata a una pena di otto mesi di reclusione e 135,00 euro di multa.

L’imputata decide di presentare ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Errata applicazione dell’art. 131-bis c.p. (particolare tenuità del fatto): Secondo la difesa, la Corte d’Appello aveva negato la non punibilità basandosi unicamente sulla gravità delle modalità del reato, senza considerare altri elementi a favore dell’imputata.
2. Mancato riconoscimento della continuazione reato: La difesa chiedeva di unificare la pena di questo processo con quella di un’altra condanna, divenuta definitiva solo dopo la proposizione del ricorso. L’argomento era che i due episodi criminosi facevano parte di un unico disegno criminoso.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in toto. Sul primo punto, ha ritenuto che la valutazione della gravità del fatto fosse un apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità.

È sul secondo motivo, però, che la sentenza offre il suo contributo più significativo. La richiesta di continuazione reato è stata giudicata inammissibile perché presentata per la prima volta in Cassazione. I giudici hanno chiarito che una simile istanza, relativa a una sentenza diventata irrevocabile dopo la scadenza dei termini per l’appello, doveva essere introdotta nel giudizio di secondo grado attraverso lo strumento dei “motivi nuovi” (ex art. 585, comma 4, c.p.p.). Non avendolo fatto, la questione non poteva essere sollevata direttamente davanti alla Suprema Corte.

Le Motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su principi procedurali consolidati.

Per quanto riguarda la particolare tenuità del fatto, i giudici hanno ribadito che la valutazione del giudice di merito è sufficientemente motivata quando indica gli elementi ritenuti preponderanti per escludere il beneficio, senza dover analizzare ogni singolo aspetto previsto dall’art. 133 c.p. Nel caso di specie, la gravità delle modalità di commissione del reato era stata considerata un elemento decisivo e sufficiente.

Per quanto concerne la continuazione reato, la motivazione è prettamente procedurale. La Cassazione ha affermato che la richiesta di applicazione della continuazione con un reato giudicato con sentenza divenuta irrevocabile solo in un secondo momento è ammissibile nel giudizio di cognizione, ma deve essere introdotta con modalità che permettano al giudice di prenderne conoscenza tempestivamente. La via corretta sarebbe stata quella dei motivi nuovi in appello. Presentare la questione per la prima volta in Cassazione la rende tardiva e, quindi, inammissibile.

Tuttavia, la Corte ha precisato un aspetto cruciale: questa inammissibilità non crea un pregiudizio irreparabile per l’imputata. Quest’ultima, infatti, conserva pienamente il diritto di presentare la stessa istanza in sede esecutiva, davanti al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

Questa sentenza è un importante promemoria sull’importanza del rispetto delle regole procedurali. La richiesta di continuazione reato è un diritto dell’imputato, ma deve essere esercitato nei tempi e nei modi corretti. La decisione chiarisce che il giudizio di appello è la sede naturale per introdurre tali questioni, anche attraverso i motivi nuovi, quando i presupposti maturano in corso di causa. Se questa finestra temporale viene persa, la via non è preclusa, ma si sposta alla fase esecutiva. Per gli operatori del diritto, ciò significa pianificare attentamente la strategia difensiva, monitorando lo stato degli altri procedimenti a carico del proprio assistito per non perdere preziose opportunità processuali.

Quando si può chiedere la continuazione tra un reato in giudizio e uno già giudicato con sentenza definitiva?
Se la sentenza per l’altro reato diventa definitiva dopo la scadenza del termine per impugnare, la richiesta di continuazione deve essere avanzata nel giudizio di appello tramite lo strumento dei ‘motivi nuovi’. Se ciò non avviene, non può essere proposta per la prima volta in Cassazione, ma resta la possibilità di richiederla in sede esecutiva.

Perché la Corte ha rigettato la richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello. Quest’ultima aveva legittimamente basato il rigetto sulla particolare gravità delle modalità di realizzazione del reato, considerandola un elemento sufficiente per escludere il beneficio, e tale valutazione di merito non è sindacabile in sede di legittimità.

Cosa succede se la richiesta di continuazione reato viene dichiarata inammissibile in Cassazione per motivi procedurali?
L’imputato non perde il diritto di ottenere il riconoscimento della continuazione. La sentenza chiarisce che, anche in caso di inammissibilità per motivi procedurali nel giudizio di cognizione, la persona condannata può sempre presentare la richiesta al giudice in sede esecutiva, come previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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