Continuazione Reato: Perché il Tempo Tra i Crimini Può Fare la Differenza
L’istituto della continuazione reato è un pilastro del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, quali sono i criteri per stabilire l’esistenza di questo ‘disegno’? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27020/2024) fa luce su un elemento cruciale: il fattore tempo. La Corte ha stabilito che un notevole lasso temporale tra due condotte illecite può essere sufficiente a escludere la programmazione unitaria.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato con due distinte sentenze per il reato di estorsione (art. 629 c.p.), si è rivolto al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due episodi. I reati, sebbene della stessa natura, erano stati commessi a distanza di due anni l’uno dall’altro. Il giudice dell’esecuzione ha respinto la richiesta, ritenendo che proprio la cospicua distanza temporale precludesse la possibilità di considerare i due fatti come parte di un’unica, preventiva ideazione criminale. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione.
La Decisione della Corte e la Rilevanza del Fattore Tempo nella Continuazione Reato
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice di merito. Gli Ermellini hanno qualificato gli argomenti del ricorrente come ‘manifestamente infondati’, in quanto in palese contrasto con i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità.
Il punto centrale della decisione ruota attorno all’interpretazione della ‘volizione unitaria’. Per aversi continuazione, non basta che i reati siano omogenei; è necessario dimostrare che siano stati concepiti come parte di un unico programma criminoso, deliberato in anticipo. La Corte ha sottolineato che il criterio temporale è uno degli indici più significativi per valutare l’esistenza di tale programma.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione basandosi su un ragionamento logico e aderente ai precedenti giurisprudenziali, in particolare richiamando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 28659/2017). Le motivazioni possono essere così sintetizzate:
1. Il Valore del Criterio Temporale: Il lasso di tempo che intercorre tra i reati non è un mero dettaglio, ma un elemento probatorio fondamentale. Un intervallo di due anni, come nel caso di specie, è stato considerato ‘cospicuo’ e tale da rendere implausibile l’ipotesi di un’unica programmazione iniziale.
2. Logicità della Decisione del Giudice dell’Esecuzione: La Suprema Corte ha ritenuto che la decisione del giudice di merito non fosse affatto ‘illogica’. Al contrario, escludere l’unicità del disegno criminoso di fronte a una tale distanza temporale è una valutazione del tutto ragionevole e coerente con i principi legali.
3. Onere della Prova: Sebbene non esplicitato, si evince che spetta a chi invoca la continuazione fornire elementi concreti a sostegno dell’unicità del disegno criminoso, elementi che in questo caso mancavano e non potevano essere desunti implicitamente data la distanza tra i fatti.
La Corte ha quindi ribadito un principio chiaro: in presenza di una significativa distanza temporale tra i fatti, la decisione di negare la continuazione è legittima e non sindacabile in sede di legittimità se fondata su una motivazione logica.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante spunto di riflessione sulle condizioni per l’applicazione della continuazione reato. Essa chiarisce che l’omogeneità dei reati commessi non è di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Il fattore tempo emerge come un discrimine potente: un lungo intervallo può spezzare il nesso teleologico tra i vari episodi delittuosi, facendoli apparire come frutto di decisioni estemporanee piuttosto che di un piano unitario. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa pronuncia è un monito sulla necessità di analizzare tutti gli indici fattuali, e in particolare la prossimità temporale, per poter validamente sostenere l’esistenza di un’unica ‘volizione unitaria’.
Quando si può parlare di ‘continuazione reato’ tra più crimini?
Si può parlare di continuazione quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando esiste una ‘volizione unitaria’ che li lega. Non basta che i reati siano simili.
Un lungo intervallo di tempo tra due reati esclude sempre la continuazione?
Secondo la Corte, un intervallo di tempo cospicuo (nel caso di specie, due anni) è un forte indizio contro l’esistenza di un’unica programmazione criminosa e rende logica la decisione di escludere la continuazione, a meno che non vengano forniti altri elementi di prova.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni erano manifestamente infondate e in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale riconosce nel criterio temporale un elemento decisivo per valutare l’esistenza di un disegno criminoso unitario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27020 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27020 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/02/2024 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre per cassazione contro il provvedimento indicato in intestazione;
Ritenuto che gli argomenti dedotti nel ricorso sono manifestamente infondati, in quanto in contrasto con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità in punto di individuazione dei criteri da cui si può desumere l’esistenza di una volizione unitaria (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074 – 01 ), atteso che, con motivazione affatto illogica, il G.E. ha ritenuto insussistenti gli elementi per ritenere l’unitarietà della programmazione criminosa tra i fatti giudicati con le due sentenze in istanza specificate, ed ha osservato che, nonostante l’omogeneità delle norme incriminatrici violate (art. 629 cod. pen), il lasso temporale intercorso tra i fatti (due anni) preclude la possibilità di immaginare una preventiva ideazione unitaria: a tale riguardo appare opportuno rammentare che il criterio temporale è uno degli indici di valutazione della esistenza o meno di una volizione unitaria ed in presenza di una distanza temporale cospicua tra i fatti (come avvenuto nel caso di specie), non è illogica la decisione reiettiva del giudice dell’esecuzione;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, in via equitativa, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 06/06/2024