Continuazione Reato: La Cassazione Sottolinea l’Importanza del Fattore Tempo
L’istituto della continuazione reato rappresenta un caposaldo del nostro sistema sanzionatorio, permettendo di mitigare la pena per chi commette più illeciti sotto l’impulso di un unico disegno criminoso. Ma cosa succede quando tra un reato e l’altro intercorre un periodo di tempo significativo? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, stabilendo che un lasso temporale eccessivo può essere un elemento decisivo per escludere tale beneficio. Analizziamo insieme la vicenda.
Il Caso: Reati Ripetuti e la Richiesta di Unificazione della Pena
Il caso ha origine dal ricorso di un individuo condannato con tre sentenze separate per reati legati alla violazione del diritto d’autore e alla ricettazione, commessi nell’arco di diversi anni. L’interessato, una volta divenute definitive le condanne, si è rivolto alla Corte d’Appello in sede esecutiva, chiedendo l’applicazione dell’articolo 671 del codice di procedura penale, ovvero il riconoscimento della continuazione reato.
L’obiettivo era unificare le pene, sostenendo che tutti i delitti fossero frutto di un’unica programmazione criminale, un singolo piano volto a trarre profitto dalla vendita di supporti contraffatti.
La Decisione della Corte d’Appello: Niente Continuazione Reato per Assenza di un Unico Disegno
La Corte d’Appello ha respinto l’istanza. I giudici hanno evidenziato due elementi ostativi principali:
1. Il lasso temporale: Tra il primo e il secondo reato erano trascorsi otto mesi, mentre tra il secondo e il terzo erano passati ben due anni. Un intervallo così lungo è stato ritenuto incompatibile con l’idea di un’unica, preordinata matrice deliberativa.
2. La natura dei reati: Dagli atti emergeva che i delitti non erano tappe di un piano predefinito, ma piuttosto il risultato di contingenze occasionali, inserite in una più generica “scelta di vita” dedita ad attività illecite. Mancava, quindi, quel nesso psicologico e finalistico che caratterizza il disegno criminoso.
Le Motivazioni della Cassazione: Il Fattore Tempo Spezza il Disegno Criminoso
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione della Corte d’Appello. I Supremi Giudici hanno qualificato i motivi del ricorso come “meramente assertivi e confutativi”, ossia semplici ripetizioni delle proprie tesi, prive di una critica specifica e giuridicamente fondata alla decisione impugnata.
Nel merito, la Cassazione ha ribadito che la valutazione sull’esistenza di un medesimo disegno criminoso spetta al giudice di merito e si basa sull’analisi di una serie di indicatori. Tra questi, il fattore temporale assume un’importanza cruciale. Un’eccessiva distanza tra i fatti delittuosi, come nel caso di specie, è un forte indizio della mancanza di un piano unitario e preordinato. La Corte ha quindi avallato la conclusione secondo cui i reati erano espressione di una scelta di vita illecita, ma commessi cogliendo singole opportunità, e non in attuazione di un progetto criminoso concepito sin dall’inizio nella sua interezza.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, riafferma che per ottenere il riconoscimento della continuazione reato non è sufficiente dimostrare che più illeciti siano stati commessi dallo stesso soggetto con lo stesso modus operandi. È indispensabile provare l’esistenza di un’unica risoluzione criminosa iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi.
In secondo luogo, il fattore tempo si conferma un elemento di prova fondamentale, sebbene non l’unico. Una vicinanza temporale tra i reati può supportare la tesi del disegno unitario, mentre una distanza significativa, come in questo caso, la indebolisce fino a poterla escludere del tutto. Infine, la Corte distingue nettamente tra una generica “carriera criminale” o “scelta di vita” e uno specifico e unitario disegno criminoso, precisando che solo quest’ultimo dà diritto al più mite trattamento sanzionatorio previsto dalla continuazione.
È possibile chiedere l’applicazione della continuazione tra reati dopo che le sentenze sono diventate definitive?
Sì, è possibile presentare un’istanza in sede esecutiva ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati giudicati con sentenze diverse e irrevocabili.
Un lungo periodo di tempo tra un reato e l’altro può impedire il riconoscimento della continuazione?
Sì, secondo l’ordinanza in esame, un lasso temporale non breve tra i reati (nel caso specifico, otto mesi e poi due anni) è un indicatore significativo che osta all’accoglimento dell’istanza, in quanto suggerisce l’assenza di un’unica e preordinata matrice deliberativa.
Cosa significa che un ricorso è ‘meramente assertivo e confutativo’?
Significa che il ricorso si limita a riaffermare le proprie tesi e a contestare genericamente la decisione impugnata, senza però individuare specifici vizi di violazione di legge o di motivazione. Un ricorso con queste caratteristiche viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10123 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10123 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 12/09/1982
avverso l’ordinanza del 19/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Vista l’ordinanza indicata in epigrafe, che ha rigettato l’istanza di applicazione della continuazione in sede esecutiva, proposta ex art. 671 cod. proc. pen. da NOME COGNOME per la ritenuta carenza di elementi indicativi della sussistenza dell’invocata identità del disegno criminoso tra i reati di cui all’art. 171 -ter I. 633 del 1941 e 648 cod. pen. giudicati con le tre sentenze elencate;
considerato, in particolare:
che il giudice adito ha correttamente valorizzato, quali indicatori ostativi all’accoglimento dell’istanza, il lasso temporale non breve intercorso tra i reati (otto mesi tra il primo e il secondo e due anni tra il secondo e il terzo) e l’assenza di significativi elementi capaci di accreditare l’ipotesi di un’unica matric deliberativa, osservando che dagli atti emergeva, piuttosto, la commissione di delitti scaturita da contingenze occasionali, nell’ottica di una scelta di vita di trar guadagni illeciti dalla vendita dei supporti contraffatti;
ritenuto che i motivi di ricorso, con cui si denunciano vizio di motivazione e violazione di legge, sono meramente assertivi e confutativi e, pertanto, giustificano la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le conseguenti statuizioni; ·
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presid