Continuazione Reato: Quando Distanza Temporale e Modalità Diverse La Escludono
L’istituto della continuazione reato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un pilastro per la determinazione di una pena equa quando un soggetto commette più reati in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Con la recente ordinanza n. 12094/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i confini di questo beneficio, chiarendo come elementi quali la distanza temporale e le diverse modalità esecutive possano essere decisivi per escluderlo.
Il Caso in Analisi: La Richiesta Respinta dal Giudice dell’Esecuzione
La vicenda trae origine dalla richiesta di un condannato di vedere applicata la disciplina del reato continuato a due sentenze distinte, entrambe relative al reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990). Il Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva respinto tale istanza, non ravvisando i presupposti per unificare le pene.
Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un errore di valutazione da parte del giudice.
I Motivi del Ricorso e la tesi sulla continuazione reato
Secondo la difesa, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto riconoscere la continuazione reato sulla base di alcuni indici sintomatici. In particolare, si sottolineava che:
1. I reati erano stati commessi a breve distanza di tempo.
2. I fatti si erano svolti nello stesso contesto territoriale (una nota zona della capitale).
3. La sostanza stupefacente oggetto delle condotte criminose era della medesima tipologia.
Questi elementi, a dire del ricorrente, avrebbero dovuto essere interpretati come prova di un unico disegno criminoso che legava i due episodi di spaccio.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le doglianze manifestamente infondate. La decisione si basa su un’analisi rigorosa dei requisiti necessari per l’applicazione dell’art. 81 c.p., confermando la correttezza della valutazione operata dal Tribunale.
L’Assenza di un Disegno Criminoso Unitario
Il cuore della pronuncia risiede nella necessità che l’identità del disegno criminoso sia rintracciabile sin dalla commissione del primo reato. Non basta che i reati siano simili o vicini nel tempo e nello spazio. È necessario dimostrare che essi siano il frutto di un’unica ideazione e programmazione iniziale.
Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato due elementi cruciali che contraddicevano questa tesi:
* La distanza temporale: I fatti erano stati commessi a una distanza di circa tre mesi l’uno dall’altro, un lasso di tempo ritenuto ‘significativo’ e tale da interrompere la presunzione di unicità del piano.
* Le modalità differenti: In un episodio, il condannato aveva agito da solo, mentre nell’altro aveva operato in concorso con un altro soggetto. Questa differenza nelle modalità esecutive è stata vista come un forte indicatore dell’assenza di un’ideazione unitaria.
Inammissibilità per Manifesta Infondatezza
La Cassazione ha inoltre ribadito che il ricorso era in parte teso a sollecitare una diversa e alternativa lettura dei fatti. Tale operazione è preclusa in sede di legittimità, dove il compito della Corte non è rivalutare il merito della vicenda, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, anche delle Sezioni Unite. L’onere di provare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso grava su chi lo allega. Gli indici quali la vicinanza temporale, l’omogeneità delle violazioni e il contesto spaziale sono solo elementi sintomatici che, da soli, non sono sufficienti. Essi possono essere superati da prove di segno contrario, come appunto una significativa distanza di tempo o, come nel caso di specie, un diverso schema operativo che include la partecipazione di complici diversi o la loro assenza. La Corte ha ritenuto che il provvedimento impugnato avesse adeguatamente motivato su questi punti, concludendo logicamente per l’esclusione di un’ideazione unitaria che potesse legare i due reati. Il primo reato non conteneva in sé i germi del secondo; piuttosto, i due episodi apparivano come decisioni criminose separate e autonome.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: per ottenere il riconoscimento della continuazione reato, non è sufficiente invocare generici elementi di somiglianza tra i fatti. È indispensabile fornire elementi concreti che dimostrino una programmazione unitaria e antecedente alla commissione del primo reato. La decisione della Cassazione rafforza un’interpretazione rigorosa dell’istituto, ponendo un argine a richieste basate su mere congetture. Per la difesa, ciò significa che la strategia processuale deve concentrarsi sulla raccolta di prove concrete del disegno unitario, mentre per i giudici rappresenta un monito a valutare con attenzione tutti gli elementi, anche quelli che apparentemente sembrano slegare le diverse condotte criminali.
Cos’è la continuazione reato?
È un istituto giuridico che consente di applicare un trattamento sanzionatorio più mite a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, considerandoli come un unico reato a cui si aggiunge un aumento di pena.
Perché la Cassazione ha escluso la continuazione reato in questo caso?
La Corte l’ha esclusa perché mancava la prova di un unico disegno criminoso. La significativa distanza temporale tra i reati (circa tre mesi) e le diverse modalità di esecuzione (una volta da solo, un’altra in concorso) sono stati ritenuti elementi incompatibili con una programmazione unitaria iniziale.
La vicinanza di tempo e luogo tra due reati è sufficiente per ottenere la continuazione?
No. Secondo questa ordinanza, la vicinanza temporale e spaziale sono solo indizi, ma non sono sufficienti da soli. Possono essere smentiti da altri elementi, come le diverse modalità operative, che indicano decisioni criminose separate e non un unico piano.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12094 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12094 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di COGNOME di applicare la disciplin di cui all’art. 81 cod. pen. tra i fatti oggetto di due sentenze pronunciate dallo s Tribunale, entrambe relative al reato di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990;
Rilevato che con il ricorso si deduce violazione di legge e vizio di motivazione per avere il giudice dell’esecuzione omesso di considerare, quali indici sintomatici del prospettata continuazione, il fatto che i reati sono stati commessi a breve distanza d tempo e nello stesso contesto territoriale (zona di Tor Bella Monica), nonché il rilie che la sostanza stupefacente oggetto delle condotte criminose era la medesima;
Rilevato che le doglianze oggetto del ricorso sono manifestamente infondate in quanto il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato in ordine alla necessità che l’identità del disegno criminoso debba essere rintracciabile sin dalla commissione del primo reato e come questo non sia desumibile dagli atti dai quali – in assenza d elementi concreti – emerge che i fatti sono stati commessi ad una significativa distanza temporale (circa tre mesi) e con modalità differenti (avendo il condannato agito, in un caso, da solo, mentre nell’altro in concorso con altro soggetto), e come ciò escluda che siano pertanto il frutto di un’ideazione unitaria (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/20 Gargiulo, Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 13971 del 30/3/2021, di Serio, n.m.; Sez. 1, n 39222 del 26/02/2014, B, Rv. 260896 – 01);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze sono manifestamente infondate e in parte tese a sollecitare una diversa e alternativa lettur che non è consentita in questa sede (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/3/2024