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Continuazione reato: esclusa per reati non programmati

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione reato tra il delitto di associazione mafiosa e successivi reati di falso. La Corte ha confermato la decisione precedente, sottolineando sia la preclusione processuale (ne bis in idem) per la riproposizione di un’istanza già rigettata senza nuovi elementi, sia l’insussistenza del medesimo disegno criminoso. È stato chiarito che i reati di falso, commessi per riconoscere una figlia naturale concepita dopo l’adesione al clan, non erano un evento programmabile e quindi non potevano rientrare nel piano criminale originario.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: Quando Non Si Applica tra Delitto Associativo e Reati Fine

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3325/2024, offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione della continuazione reato. Questo istituto, disciplinato dall’art. 81 del codice penale, permette di mitigare la pena quando più reati sono legati da un ‘medesimo disegno criminoso’. Il caso in esame riguarda il delicato rapporto tra un reato associativo, come la partecipazione a un’associazione di tipo mafioso, e i cosiddetti ‘reati fine’, ovvero quelli commessi nell’ambito dell’attività del sodalizio. La Corte ha stabilito un criterio rigido: la continuazione è ammissibile solo se i reati fine erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento dell’adesione all’associazione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Riconoscimento del Vincolo

Un soggetto, già condannato in via definitiva per partecipazione a un’associazione di tipo mafioso e, separatamente, per reati di falso, ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento della continuazione reato tra i due gruppi di illeciti, al fine di ottenere una pena complessiva più mite.
La difesa sosteneva che i reati di falso (falsità ideologica e materiale) fossero legati al contesto mafioso e rappresentassero una manifestazione del medesimo disegno criminoso che lo aveva portato ad aderire al clan. A sostegno della sua tesi, il ricorrente evidenziava che un coimputato nel processo per falso aveva già ottenuto tale beneficio.

La Decisione della Corte e il Principio del ‘Ne Bis in Idem’

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha richiamato il principio del ne bis in idem processuale, applicabile anche in fase esecutiva. Il ricorrente aveva già presentato un’istanza identica, respinta in precedenza. Poiché non erano stati addotti elementi di novità significativi e non conosciuti dal precedente giudice, la nuova richiesta si configurava come una mera riproposizione, e come tale inammissibile.

La Continuazione Reato tra Associazione Mafiosa e Reati Successivi

Entrando nel merito della questione, la Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato sulla continuazione reato in contesti associativi. Non basta che un reato sia commesso da un affiliato e sia finalizzato a rafforzare il sodalizio; è necessario qualcosa di più per configurare un’unica programmazione criminale.

Il Criterio della Programmazione Iniziale

Il requisito fondamentale è che i reati fine siano stati ‘programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso’. L’adesione a un’associazione criminale non può, di per sé, contenere il proposito di commettere qualsiasi reato futuro che si riveli utile alla causa. La continuazione è esclusa per quei reati che, sebbene funzionali agli scopi del gruppo, sono legati a circostanze ed eventi contingenti, occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’adesione.

L’Applicazione al Caso Concreto

Nel caso specifico, i reati di falso erano stati commessi per ottenere il riconoscimento giuridico di una figlia naturale, concepita successivamente all’ingresso del soggetto nell’associazione. La Corte ha ritenuto plausibile e logica la conclusione del giudice dell’esecuzione: un evento del genere non poteva essere prefigurato o programmato nel momento in cui l’imputato aveva deciso di aderire all’organizzazione mafiosa. Trattandosi di un evento non programmabile, i reati commessi per gestirlo non potevano essere ricondotti al medesimo disegno criminoso iniziale.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il giudice dell’esecuzione avesse correttamente interpretato la normativa e la giurisprudenza in materia. La motivazione del provvedimento impugnato è stata giudicata né apodittica né manifestamente illogica. È stato correttamente escluso che un evento futuro e incerto, come il concepimento e la necessità di riconoscere un figlio, potesse far parte di un piano criminale preordinato al momento dell’affiliazione. La decisione di commettere i reati di falso è nata da una circostanza successiva e non pianificata, interrompendo così il nesso psicologico necessario per la configurabilità della continuazione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di rigore nell’applicazione della continuazione reato ai crimini associativi. Per unificare le pene, non è sufficiente un generico legame finalistico tra il reato associativo e i reati fine. È indispensabile una prova del fatto che la commissione di questi ultimi fosse stata deliberata e pianificata, almeno a grandi linee, già al momento dell’adesione al patto criminale. Questa pronuncia ribadisce l’importanza di distinguere tra un programma criminale definito e le condotte occasionali e contingenti, anche se commesse nell’interesse dell’associazione.

È possibile chiedere più volte l’applicazione della continuazione reato per gli stessi fatti?
No, non è possibile se la richiesta è una mera riproposizione di un’altra già rigettata e non si basas su elementi nuovi, non conosciuti dal giudice precedente. Vige il principio della preclusione processuale, derivante dal divieto di ‘ne bis in idem’.

Quando si può applicare la continuazione tra un reato associativo e i reati commessi successivamente (reati fine)?
La continuazione è configurabile solo se i reati fine sono stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento in cui il soggetto ha aderito all’associazione criminale. Non è applicabile se i reati fine sono legati a circostanze contingenti, occasionali o non immaginabili al momento iniziale.

Perché nel caso specifico la Corte ha escluso la continuazione tra l’associazione mafiosa e i reati di falso?
La Corte l’ha esclusa perché i reati di falso erano finalizzati al riconoscimento di una figlia naturale concepita successivamente all’adesione del soggetto all’associazione. Questo evento è stato considerato non programmabile nel contesto del delitto associativo e, pertanto, non rientrante nel medesimo disegno criminoso iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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