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Continuazione reato: Cassazione sul mantenimento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23216/2024, ha annullato una condanna per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Il caso riguardava un uomo già condannato per l’omesso versamento del mantenimento fino al 2016 e nuovamente processato per il periodo successivo. La Corte ha stabilito che il giudice di merito dovrà valutare se i due periodi di inadempimento costituiscano una continuazione del reato, ovvero parte di un unico disegno criminoso, con importanti conseguenze sul trattamento sanzionatorio.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione del Reato: La Cassazione sul Mancato Mantenimento

La continuazione del reato è un concetto cruciale nel diritto penale, specialmente in casi di illeciti che si protraggono nel tempo, come l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento. Con la sentenza n. 23216 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema, annullando una sentenza di condanna e chiarendo quando e come questo istituto debba essere applicato, anche se sollevato per la prima volta nel giudizio di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato dalla Corte di Appello per il reato previsto dall’art. 570-bis del codice penale, ovvero la violazione degli obblighi di assistenza familiare. L’imputato non aveva versato l’assegno di mantenimento alla ex coniuge e al figlio.

La vicenda processuale è complessa: l’uomo era già stato condannato con una precedente sentenza per lo stesso reato, per i fatti commessi fino a marzo 2016. Il nuovo procedimento, invece, contestava la prosecuzione della stessa condotta illecita dal mese di aprile 2016 fino al luglio 2018. La Corte di Appello aveva dichiarato il non doversi procedere per il periodo già coperto dal precedente giudicato, ma aveva confermato la responsabilità penale per il periodo successivo.

L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione del principio del ne bis in idem e, soprattutto, il mancato riconoscimento della continuazione del reato tra la condotta già giudicata e quella oggetto del nuovo processo.

L’Interpretazione della Contestazione “ad oggi”

Un primo punto affrontato dalla Corte riguarda l’esatta delimitazione temporale del reato. L’imputazione originaria contestava i fatti “dal 14.04.2013 ad oggi”. Secondo la difesa, il termine “ad oggi” doveva riferirsi alla data di conclusione delle indagini (marzo 2014), rendendo così l’intero periodo coperto dal precedente giudicato.

La Cassazione ha respinto questa interpretazione, confermando un orientamento consolidato. La locuzione “ad oggi” in un capo d’imputazione va intesa come riferita al momento in cui l’azione penale viene esercitata (in questo caso, il decreto di citazione a giudizio del luglio 2018). Questa scelta dell’accusa testimonia la volontà di aggiornare il tempus commissi delicti, includendo tutte le condotte fino a quel momento.

La Decisione della Cassazione sulla Continuazione del Reato

Il cuore della sentenza risiede nel terzo motivo di ricorso, ritenuto fondato dalla Corte. L’imputato lamentava che, pur avendo il giudice riconosciuto l’esistenza di un precedente giudicato per una parte della condotta, non avesse poi applicato l’istituto della continuazione del reato.

La Cassazione ha osservato che la condotta di omesso versamento del mantenimento era sostanzialmente unitaria. La sua divisione in due diversi procedimenti è stata solo il frutto di vicende processuali. Di fronte a una condotta omogenea e protratta nel tempo, la Corte di Appello avrebbe dovuto porsi il problema della sussistenza di un “medesimo disegno criminoso”, presupposto fondamentale per il riconoscimento della continuazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha specificato che la questione della continuazione poteva essere legittimamente sollevata per la prima volta in Cassazione. Perché? Perché l’interesse a farlo è sorto solo nel momento in cui la Corte di Appello ha “spezzato” la condotta, dichiarando il non doversi procedere per il primo periodo e condannando per il secondo. Prima di quella decisione, non c’erano i presupposti giuridici e fattuali per chiedere l’applicazione di tale istituto.

Accogliendo questo motivo, la Cassazione ha stabilito che la scelta sulla pena (reclusione invece della multa) e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche restano assorbiti. Infatti, se il giudice del rinvio riconoscerà la continuazione, dovrà necessariamente rideterminare l’intera sanzione. La pena verrà calcolata partendo da quella per il reato più grave (già giudicato) e applicando un aumento per la condotta successiva. Questo processo richiede una nuova valutazione complessiva, inclusa una motivazione adeguata sulla quantificazione dell’aumento.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata con rinvio a una diversa sezione della Corte di Appello. Il nuovo giudice avrà un compito preciso: verificare se tra la condotta commessa fino a marzo 2016 e quella successiva sia ravvisabile un medesimo disegno criminoso. In caso affermativo, dovrà applicare la disciplina della continuazione del reato, ricalcolando la pena complessiva. Qualora invece escludesse la continuazione, dovrà comunque fornire una motivazione rafforzata sulla scelta di infliggere la pena detentiva e sulla sua entità, considerando il periodo di inadempimento effettivo.

Come interpreta la Cassazione la formula “ad oggi” in un’imputazione penale?
La Corte di Cassazione chiarisce che la locuzione “ad oggi” in un capo d’imputazione delimita la durata della contestazione fino alla data di esercizio dell’azione penale (es. il decreto di citazione a giudizio), e non alla data di conclusione delle indagini preliminari.

È possibile chiedere il riconoscimento della continuazione del reato per la prima volta in Cassazione?
Sì, la sentenza afferma che è possibile dedurre in Cassazione il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione quando la questione è diventata attuale solo a seguito della decisione del giudice di appello, che ha separato una condotta unitaria in due diversi periodi.

Cosa comporta il riconoscimento della continuazione tra un reato già giudicato e uno nuovo?
Il riconoscimento della continuazione comporta una rivalutazione completa del trattamento sanzionatorio. Il giudice deve rideterminare la pena partendo da quella inflitta per la violazione più grave (coperta dalla prima sentenza) e applicare un aumento per i fatti successivi, secondo le regole del concorso formale di reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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