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Continuazione reato: Cassazione su tempo e luogo

La Corte di Cassazione annulla un’ordinanza che aveva negato il riconoscimento della continuazione reato tra molteplici condanne per contrabbando. Il giudice di merito aveva errato nel non considerare le istanze presentate in corso di procedimento e nel valutare il lasso temporale tra i crimini in modo scorretto, confrontando solo il primo e l’ultimo fatto. La Suprema Corte ha ribadito che il giudice deve esaminare anche eventuali sottogruppi di reati ravvicinati nel tempo e che l’incidente di esecuzione non è vincolato dal principio devolutivo, imponendo il rinvio per un nuovo giudizio.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: la Cassazione Corregge la Valutazione del Fattore Tempo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26444 del 2025, interviene su un caso complesso per fare chiarezza sui criteri di applicazione della continuazione reato. Questa pronuncia è fondamentale perché stabilisce due principi cruciali: il primo riguarda l’ammissibilità di nuove istanze durante l’incidente di esecuzione, mentre il secondo si concentra sulla corretta metodologia per valutare il nesso temporale tra i diversi episodi criminosi. La Corte annulla la decisione del giudice di merito, reo di un’analisi superficiale e in contrasto con i principi consolidati della giurisprudenza.

I Fatti: La Richiesta di Riconoscimento del Reato Continuato

Un soggetto, condannato con dieci diverse sentenze definitive per reati di contrabbando commessi in un arco di circa tre anni, promuoveva un incidente di esecuzione dinanzi al Tribunale. L’obiettivo era ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i reati, sostenendo che fossero espressione di un unico disegno criminoso. Successivamente, con una memoria difensiva, chiedeva in subordine di riconoscere la continuazione almeno per specifici gruppi di reati, commessi in periodi temporali molto più ravvicinati.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale accoglieva solo parzialmente la richiesta. Riconosceva la continuazione per un piccolo gruppo di reati commessi a breve distanza, ma la negava per la maggior parte delle condanne. Le motivazioni del rigetto si basavano principalmente su due elementi:
1. L’eccessivo intervallo temporale tra il primo (gennaio 2018) e l’ultimo reato (settembre 2021).
2. La diversità dei luoghi di commissione (reati commessi in due città diverse, sebbene vicine).
Inoltre, il giudice si rifiutava di esaminare le richieste subordinate, presentate con la memoria successiva, ritenendole inammissibili perché non incluse nell’istanza originaria.

Il Ricorso in Cassazione e la corretta analisi della continuazione reato

L’imputato, tramite il suo difensore, ricorreva in Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge. La difesa criticava il giudice per non aver considerato adeguatamente l’identità tipologica dei reati (tutti di contrabbando) e la minima distanza geografica tra i luoghi di commissione (appena 19 km). Soprattutto, si contestava l’errata valutazione del fattore temporale e l’illegittima esclusione delle istanze contenute nella memoria difensiva.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando gli atti al Tribunale per un nuovo giudizio. Le motivazioni della Corte si fondano su due errori commessi dal giudice di merito.

Errore di Diritto: Le Nuove Domande nell’Incidente di Esecuzione

Il primo errore censurato è di natura procedurale. La Cassazione afferma con forza che il procedimento di esecuzione non è un giudizio di impugnazione e, pertanto, non soggiace al rigido principio devolutivo. Questo significa che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di decidere anche su domande nuove formulate dalla parte nel corso del procedimento, come quelle contenute nella memoria difensiva. L’unica condizione è garantire il rispetto del contraddittorio, dando alla parte pubblica la possibilità di replicare. Rifiutarsi di esaminare tali richieste costituisce un errore di diritto.

Vizio di Motivazione: L’Errata Valutazione del Fattore Tempo nella continuazione reato

Il secondo e più sostanziale errore riguarda la valutazione degli indici della continuazione reato. La Corte spiega che è sbagliato limitarsi a confrontare solo la data del primo e dell’ultimo reato di una lunga serie. Un arco temporale ampio, di per sé, non esclude il medesimo disegno criminoso. Il giudice ha invece l’onere di effettuare un’analisi più approfondita, verificando se all’interno di quel periodo esistano gruppi di reati commessi in stretta prossimità cronologica. La vicinanza temporale tra alcuni episodi, unita alla somiglianza delle modalità esecutive e alla contiguità spaziale, può essere un sintomo decisivo di un’unica matrice deliberativa, almeno per quel sottogruppo di reati. Il Tribunale, ignorando questa analisi e cadendo in contraddizione, aveva negato la continuazione per reati separati da pochi giorni, commettendo un evidente vizio di motivazione.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante promemoria per i giudici dell’esecuzione. In primo luogo, ribadisce la natura non formale dell’incidente di esecuzione, che ammette l’integrazione delle domande in corso di causa. In secondo luogo, e con maggiore impatto pratico, impone un approccio analitico e non sintetico nella valutazione del fattore temporale per la continuazione. Non basta guardare gli estremi di una catena di reati; è necessario esaminare ogni anello per verificare se esistano legami più stretti che giustifichino il riconoscimento, anche solo parziale, del reato continuato, con evidenti benefici per il condannato in termini di entità della pena da scontare.

È possibile presentare nuove richieste durante un incidente di esecuzione, anche se non erano nell’istanza iniziale?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’incidente di esecuzione non è soggetto al principio devolutivo tipico delle impugnazioni. Pertanto, il giudice ha il dovere di decidere anche sulle domande nuove formulate dalla parte privata con memorie successive, a patto di garantire il contraddittorio con la parte pubblica.

Come si valuta il ‘lasso di tempo’ per riconoscere la continuazione reato tra più episodi?
Non è corretto limitarsi a considerare solo l’intervallo tra il primo e l’ultimo reato. Il giudice deve verificare se, all’interno di un arco temporale più ampio, esistano gruppi di reati commessi in stretta prossimità cronologica, che potrebbero essere sintomo di un’unica matrice deliberativa per quel sottogruppo.

La diversità dei luoghi in cui i reati sono stati commessi esclude automaticamente la continuazione?
No, non necessariamente. La diversità dei luoghi è uno degli indici da valutare, ma non è di per sé decisivo. Nel caso di specie, la difesa aveva evidenziato la brevissima distanza (soli 19 km) tra i due comuni, un elemento che, unito all’identità dei reati, doveva essere considerato dal giudice nel contesto complessivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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