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Continuazione reato: Cassazione annulla e rinvia

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale di Lecce che negava il riconoscimento della continuazione reato tra diverse condanne per truffa. La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione del giudice di merito carente, poiché non aveva adeguatamente considerato né la stretta vicinanza temporale dei fatti, né una precedente sentenza che aveva già unificato alcuni dei reati in questione. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto della necessità di una valutazione complessiva e approfondita del disegno criminoso unico.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato: La Cassazione Sottolinea l’Obbligo di Motivazione del Giudice

L’istituto della continuazione reato, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire una pena equa e proporzionata quando più crimini derivano da un unico progetto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 6764/2025, ha ribadito l’importanza di una valutazione approfondita da parte del giudice dell’esecuzione, annullando una decisione che aveva negato tale beneficio con una motivazione superficiale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato con sei diverse sentenze per una serie di truffe commesse in un arco temporale relativamente breve, tra ottobre 2017 e novembre 2018. L’interessato, tramite il suo difensore, aveva presentato un’istanza al Tribunale di Lecce, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione reato tra tutti i fatti giudicati. L’obiettivo era unificare le pene in un’unica sanzione più mite, partendo dal presupposto che tutti i delitti fossero espressione di un medesimo disegno criminoso.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale di Lecce aveva rigettato la richiesta. Secondo il giudice, gli elementi presentati non erano sufficienti a dimostrare una programmazione unitaria e anteriore di tutti gli episodi. La motivazione si concentrava sulla “tendenza a delinquere” del condannato, interpretando la sequenza di reati non come l’attuazione di un piano preordinato, ma come una serie di decisioni estemporanee dettate da un’abitudine al crimine.

Il Ricorso in Cassazione e l’analisi sulla continuazione reato

Il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il punto cruciale del ricorso era il fatto che il giudice dell’esecuzione avesse completamente ignorato due elementi determinanti:
1. La stretta interrelazione temporale e l’identità strutturale di tutte le truffe.
2. Una circostanza ancora più rilevante: un’altra autorità giudiziaria (il Tribunale di Bergamo) aveva già riconosciuto la continuazione reato tra due delle condanne in questione, relative a fatti commessi nel maggio e nel novembre 2018.

Il ricorrente ha sostenuto che questa precedente unificazione, operata in sede di cognizione, creava una forte presunzione a favore dell’esistenza di un unico disegno criminoso anche per gli altri reati, commessi nello stesso periodo e con modalità simili.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Lecce è stata giudicata “carente”. I giudici di legittimità hanno sottolineato che il giudice dell’esecuzione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare le valutazioni già compiute da altri giudici su fatti strettamente connessi.

La Cassazione ha richiamato un suo orientamento consolidato (tra cui la sentenza delle Sezioni Unite n. 28659/2017), secondo cui per riconoscere la continuazione reato è necessaria una verifica approfondita di indicatori concreti: l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta e la prova che i reati successivi al primo fossero già programmati almeno nelle loro linee essenziali.

Nel caso specifico, il Tribunale di Lecce aveva omesso di confrontarsi con la precedente sentenza che già unificava due dei reati. Se un giudice intende discostarsi da una simile valutazione, è tenuto a fornire una motivazione rafforzata, spiegando perché, nonostante quel precedente, non ritiene sussistente un disegno criminoso complessivo. Limitarsi a invocare la “tendenza a delinquere” è insufficiente e non costituisce una motivazione adeguata. Di conseguenza, l’ordinanza è stata annullata con rinvio al Tribunale di Lecce, in diversa composizione, per un nuovo giudizio.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio di diritto cruciale: il riconoscimento della continuazione reato non può essere negato sulla base di formule generiche. Il giudice dell’esecuzione ha il dovere di condurre un’analisi completa e dettagliata, considerando tutti gli elementi a disposizione, incluse le decisioni di altri giudici che abbiano già affrontato la medesima questione per una parte dei reati. La decisione di discostarsi da tali precedenti deve essere supportata da una motivazione logica, specifica e convincente, che vada oltre la semplice constatazione di una propensione a commettere reati.

Può il giudice dell’esecuzione negare la continuazione reato basandosi solo sulla ‘tendenza a delinquere’ del condannato?
No, secondo la Corte di Cassazione, una simile motivazione è carente e insufficiente. È necessario considerare anche altri indicatori concreti, come la coincidenza temporale e le modalità dei reati, senza trascurare eventuali precedenti decisioni sul medesimo tema.

Il giudice dell’esecuzione è vincolato da una precedente sentenza che ha già riconosciuto la continuazione tra alcuni dei reati?
Non è strettamente vincolato, poiché gode di piena libertà di giudizio. Tuttavia, non può ignorare tale valutazione. Se decide di non accogliere la richiesta di estensione della continuazione, deve motivare specificamente le ragioni per cui si discosta dalla valutazione già compiuta dal giudice della cognizione.

Cosa succede quando un’ordinanza del giudice dell’esecuzione viene annullata con rinvio dalla Cassazione?
Il procedimento torna al giudice che ha emesso la decisione (in questo caso, il Tribunale di Lecce), ma deve essere trattato da un collegio di giudici diverso. Questo nuovo collegio dovrà riesaminare la questione attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza di annullamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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