Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25813 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/09/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME-ite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 25 settembre 2023 della Corte di appello di Naspoli che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
/) al reato di estorsione aggravata, ai sensi degli artt. 629, secondo comma, e 416-bis.1 cod. pen., commessa tra giugno e agosto 2017 in Giugliano in Campania e dintorni, giudicato dal G.i.p. del Tribunale di Napoli con sentenza del 12 maggio 2020, definitiva il 18 novembre 2022;
ai reati di associazione finalizzata al traffico di sostanza stupefacente e al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi degli artt. 74 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commessi rispettivamente da gennaio 2016 a giugno 2017 in Napoli e altrove e il 15 novembre 2016 in Napoli, giudicati dalla Corte di appello di Napoli con sentenza dell’il. ottobre 2021, definitiva il 26 novembre 2021.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 81, secondo comma, cod. pen., e vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di rilevare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali: l’omogeneità dei reati (sotto il profilo della causale), contiguità temporale delle condotte, il medesimo contesto territoriale di realizzazione delle stesse e la medesima modalità esecutiva.
In particolare, nel ricorso si evidenzia come, dalla lettura delle sentenze di condanna, era emerso che COGNOME NOME fosse uno dei fornitori dell’associazione capeggiata da COGNOME NOME e dallo stesso COGNOME, in costante rapporto di affari con questi, ai quali riforniva la sostanza stupefacente da distribuire sul mercato di spaccio.
Il giudice dell’esecuzione, pertanto, non avrebbe potuto rigettare la richiesta, considerando che, dalle dichiarazioni rilasciate in sede di interrogatorio da COGNOME, era emerso che la vicenda estorsiva era collegata con la realtà associativa, posto che trovava le sue radici proprio nel commercio illecito di sostanze stupefacenti: COGNOME, avendo avuto la necessità di rientrare in possesso di un’ingente importo di denaro in precedenza consegnato a COGNOME NOME e avendo avuto la necessità
di acquistare ulteriore sostanza stupefacente, aveva incaricato lo stesso COGNOME a porre in essere le condotte estorsive sub 1.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha evidenziato che l’istanza difettava della prova circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, che ricorre quando i singoli reati costituiscono parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, al quale deve aggiungersi, volta per volta, l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma delinquenziale.
Secondo il giudice dell’esecuzione, dalla lettura delle sentenze di merito, si evinceva che i reati, eterogenei tra loro, erano stati commessi in luoghi diversi e con l’ausilio di soggetti diversi: non vi era, pertanto, la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato nella vicinanza cronologica tra i fatti, nella causale, nelle condizioni di tempo e di luogo, nelle modalità delle condotte, nella tipologia dei reati, nel bene tutelato e nella omogeneità delle violazioni (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
In particolare, il ricorrente non si confronta con l’ordinanza impugnata, nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che la vicenda estorsiva non fosse stata collegata in alcun modo con l’associazione sub 2, posto che, dalla lettura delle dichiarazioni rese dalle parti offese del reato di estorsione, NOME NOME e NOME, era emerso come l’importo di denaro era stato preteso da COGNOME solo perché questi lo aveva in precedenza consegnato a NOME, il quale non aveva adempiuto all’onere di restituirlo.
Il giudice dell’esecuzione, quindi, ha rilevato che l’operazione estorsiva aveva interessato dal punto di vista economico solo COGNOME (che non faceva parte della realtà associativa sub 2) ma non anche COGNOME, il quale aveva agito per finalità diverse e del tutto personali.
La Corte di appello, pertanto, fornendo una decisione logica e coerente, ha evidenziato in modo ineccepibile che i reati, commessi in tempi diversi e con modalità differenti, non potevano essere avvinti dal vincolo della continuazione: il reato di estorsione era stato commesso poco prima della cessazione della realtà associativa e per motivi del tutto estemporanei, non preventivabili sin dal 2016 (momento costitutivo dell’associazione ex art. 74 T.U. stup.).
Con riferimento ai rapporti tra l’associazione per delinquere e i reati fine, infatti, la giurisprudenza, pur non escludendo in linea di principio la possibilità del
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riconoscimento del vincolo della continuazione tra gli stessi, richiede che i reati fine siano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso (Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253).
Non è configurabile, pertanto, la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME Giudice, Rv. 275334-02).
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29/03/2024