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Continuazione reato associativo: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25813/2024, ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e un separato reato di estorsione aggravata. La Corte ha stabilito che la continuazione reato associativo non è configurabile se il reato fine (l’estorsione) non era stato programmato sin dall’inizio del sodalizio criminoso, ma è sorto da circostanze occasionali e contingenti, non immaginabili al momento della costituzione dell’associazione.

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Pubblicato il 30 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione reato associativo: la Cassazione chiarisce i limiti

L’istituto della continuazione, previsto dall’art. 81 del codice penale, permette di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma come si applica questo principio nel complesso ambito dei reati associativi? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 25813/2024) offre un’importante chiave di lettura, stabilendo che la continuazione reato associativo non può essere applicata a reati che, sebbene commessi da un membro del sodalizio, non erano stati programmati sin dall’origine.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con due sentenze separate. La prima per aver partecipato a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, attiva dal gennaio 2016 al giugno 2017. La seconda per un reato di estorsione aggravata, commesso tra giugno e agosto 2017.

L’interessato, tramite il suo legale, si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di riconoscere il vincolo della continuazione tra i reati di associazione e l’estorsione. La tesi difensiva sosteneva che anche l’estorsione rientrasse nell’unico programma criminale legato al traffico di droga, in quanto sarebbe stata commissionata da un fornitore del gruppo per recuperare un ingente credito e acquistare ulteriore sostanza stupefacente.

La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva tuttavia rigettato la richiesta, ritenendo insussistente la prova di un unico disegno criminoso.

La Decisione della Corte e il Principio sulla Continuazione Reato Associativo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il ricorso infondato. Il fulcro della decisione risiede nella rigorosa interpretazione dei presupposti per l’applicazione della continuazione reato associativo.

I giudici hanno sottolineato che, per unificare il reato associativo con i cosiddetti “reati fine” (cioè i singoli delitti per cui l’associazione è stata creata), è necessario che questi ultimi siano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso. Non è sufficiente che un reato sia genericamente funzionale agli scopi dell’associazione; deve essere parte integrante del piano originario.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato le sue motivazioni su diversi punti chiave:

1. Mancanza di programmazione originaria: Dall’analisi delle sentenze di merito era emerso che il reato di estorsione non era collegato all’attività dell’associazione. L’azione era stata intrapresa per un motivo estemporaneo: recuperare un credito per conto di un soggetto terzo, non facente parte dell’associazione, per finalità che, sebbene legate al mondo della droga, erano personali di quest’ultimo e non direttamente riconducibili al programma del sodalizio. L’estorsione era quindi un evento occasionale e contingente, non preventivabile nel 2016, al momento della costituzione del gruppo criminale.

2. Eterogeneità dei reati: I giudici hanno evidenziato come i reati fossero eterogenei, commessi in luoghi diversi e con l’ausilio di soggetti diversi. Mancavano quindi quegli “elementi sintomatici” che la giurisprudenza individua per riconoscere un medesimo disegno criminoso, come la vicinanza cronologica, l’omogeneità delle condotte e la comunanza del contesto.

3. Il principio di diritto sulla continuazione reato associativo: La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un’interpretazione rigorosa dei requisiti per l’applicazione della continuazione. Per i membri di un’associazione criminale, non ogni delitto commesso durante il periodo di attività del gruppo può essere automaticamente attratto nel vincolo del disegno criminoso originario. È necessaria una prova concreta che quel reato specifico fosse parte di un piano deliberato fin dall’inizio. Questa pronuncia serve a distinguere chiaramente la programmazione strategica di un sodalizio criminale dalle iniziative estemporanee e personali dei suoi singoli membri, anche quando queste ultime possono indirettamente favorire gli scopi dell’organizzazione.

Quando si può applicare la continuazione tra un reato associativo e i reati fine?
Secondo la sentenza, la continuazione è applicabile solo se i reati fine sono stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso.

Un reato commesso da un membro di un’associazione criminale è sempre considerato parte del piano originario?
No. La sentenza chiarisce che i reati legati a circostanze ed eventi contingenti, occasionali o non immaginabili al momento iniziale dell’associazione non possono essere considerati parte del piano originario e sono quindi esclusi dalla continuazione.

Quali elementi valuta il giudice per accertare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso?
Il giudice valuta una serie di elementi sintomatici, tra cui la vicinanza cronologica tra i fatti, la causale, le condizioni di tempo e di luogo, le modalità delle condotte, la tipologia dei reati e l’omogeneità delle violazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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