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Continuazione reato associativo: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra il reato di partecipazione a un’associazione criminale e i reati di estorsione e porto d’armi. La Corte ha stabilito che per la continuazione reato associativo è necessario che i reati-fine siano stati specificamente programmati dall’individuo al momento del suo ingresso nel sodalizio, e non solo genericamente previsti come attività tipiche del gruppo. Nel caso specifico, il ruolo dell’imputato nelle estorsioni non era stato pianificato ab origine, ma era sorto da esigenze successive.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reato Associativo: Quando i Reati-Fine Rientrano nel Piano Iniziale?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43708/2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la continuazione reato associativo. La pronuncia chiarisce i presupposti necessari per riconoscere un unico disegno criminoso tra il delitto di partecipazione a un’associazione criminale e i cosiddetti “reati-fine”, ovvero le singole attività illecite poste in essere dal sodalizio. La decisione sottolinea la necessità di una programmazione specifica e individuale dei reati, escludendo automatismi basati sulla mera tipicità delle condotte per quel tipo di associazione.

I Fatti del Caso: La Richiesta Respinta in Appello

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato che, in fase di esecuzione della pena, aveva chiesto al giudice di riconoscere il vincolo della continuazione tra diversi reati per cui era stato giudicato. In particolare, la richiesta mirava a unificare, sotto un medesimo disegno criminoso, i delitti di partecipazione ad associazione a delinquere e spaccio di stupefacenti con i reati di tentata estorsione e detenzione e porto d’armi.

La Corte d’Assise d’appello, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’istanza. Secondo i giudici di merito, non era possibile ravvisare un’unica programmazione iniziale. Mentre l’attività di spaccio era coeva all’adesione al sodalizio, le estorsioni e i reati in materia di armi erano maturati in un secondo momento, in risposta a specifiche e contingenti esigenze illecite del gruppo, e non erano stati pianificati sin dall’inizio dal singolo associato.

L’Applicazione della Continuazione Reato Associativo: I Principi della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di continuazione reato associativo. Gli Ermellini hanno confermato che la continuazione tra il reato associativo e i reati-fine è ipotizzabile, ma a una condizione precisa: il giudice deve verificare puntualmente che i reati-fine siano stati programmati dal partecipe al momento stesso del suo ingresso nel sodalizio.

La Differenza tra Programma Generico e Disegno Specifico

Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra la generica programmazione dell’associazione e lo specifico disegno criminoso del singolo. Non è sufficiente che il reato-fine (ad esempio, un’estorsione) rientri tra le attività tipiche del gruppo criminale. Se bastasse questo, si creerebbe un automatismo in cui tutti i reati commessi nell’ambito associativo verrebbero considerati in continuazione, snaturando la funzione dell’istituto.

La Cassazione chiarisce che il “medesimo disegno criminoso” richiede una deliberazione concreta, una pianificazione anticipata delle singole condotte illecite, seppur non necessariamente definite in ogni minimo dettaglio. Ciò che rileva è la rappresentazione e la volizione iniziale di commettere una pluralità di reati specifici.

La Valutazione Individuale del Disegno Criminoso

Un altro aspetto fondamentale evidenziato è che la verifica sulla preordinazione dei reati deve essere condotta con riferimento al singolo partecipe e non agli intendimenti generali del gruppo. È l’imputato che deve aver concepito o condiviso, al momento dell’adesione, un piano che delineasse con sufficiente precisione le singole condotte criminose future.

Il richiamo del ricorrente a un provvedimento favorevole emesso per un coimputato è stato ritenuto irrilevante, proprio perché la valutazione del disegno criminoso è strettamente personale e non può essere estesa meccanicamente ad altri soggetti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto la motivazione del giudice dell’esecuzione corretta e coerente. Era emerso dalle sentenze di merito che il ruolo del ricorrente all’interno dell’associazione era stato inizialmente circoscritto alla gestione delle piazze di spaccio. Il suo coinvolgimento nelle attività estorsive fu successivo, residuale e non preventivato al momento del suo ingresso nel clan. Tale incarico gli venne assegnato solo in un secondo momento per far fronte a specifiche necessità operative, sostituendo altri associati.

Mancava, quindi, l’elemento essenziale della preordinazione iniziale. Le estorsioni non facevano parte del “pacchetto” di reati che l’imputato aveva deciso di commettere unendosi all’associazione, ma rappresentavano uno sviluppo successivo e non programmato del suo percorso criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un orientamento rigoroso sull’applicazione della continuazione reato associativo. Per ottenere il beneficio, non è sufficiente dimostrare di aver commesso reati che rientrano nello “scopo sociale” del clan. È onere della difesa provare, con elementi concreti desumibili dalle sentenze, che il proprio assistito aveva pianificato specificamente quei delitti fin dal suo ingresso nell’organizzazione. Questa pronuncia ribadisce che la valutazione deve essere casistica e soggettiva, impedendo applicazioni automatiche e garantendo che l’istituto della continuazione mantenga la sua natura di strumento per valutare l’unicità della deliberazione criminosa individuale.

È possibile riconoscere la continuazione tra il reato di associazione a delinquere e i reati commessi successivamente (reati-fine)?
Sì, è possibile, ma solo alla rigida condizione che il giudice accerti che i reati-fine siano stati specificamente programmati dall’individuo al momento del suo ingresso nell’associazione criminale.

Una generica intenzione di commettere i reati tipici dell’associazione è sufficiente per applicare la continuazione reato associativo?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che la generica programmazione delle finalità del gruppo non è sufficiente. È richiesta una deliberazione criminosa concreta e specifica relativa ai singoli reati da parte del singolo associato, anche se i dettagli esecutivi possono essere definiti in seguito.

La valutazione del “medesimo disegno criminoso” riguarda il gruppo o il singolo membro?
La valutazione è strettamente personale e deve essere condotta con riferimento al singolo partecipe. Il giudice deve investigare se l’imputato, al momento di entrare nel sodalizio, avesse già concepito o condiviso un piano che prevedesse la commissione di quei specifici reati-fine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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