Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14618 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14618 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/02/2019
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1) COGNOME NOMECOGNOME nato il 06/07/1957;
Avverso l’ordinanza emessa 1’08/05/2018 dalla Corte di appello di Catania;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona di NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Catania, quale giudice dell’esecuzione, pronunciandosi sulla richiesta avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione alle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2 e 3 de provvedimento in esame – rispettivamente emesse dalla Corte di appello di Catania il 31/03/1989 e dalla Corte di assise di appello di Catania il 21/12/2009 e il 31/03/2016 – riconosceva il vincolo invocato per i soli titoli esecutivi di cui punti 1 e 2, rigettando nel resto l’istanza.
Il provvedimento di rigetto veniva pronunciato dal Giudice dell’esecuzione sull’assunto dell’ampiezza dell’arco temporale nel quale le ipotesi delittuose presupposte risultavano commesse – compreso tra il 1982 e il 2005 – e del differente contesto criminale nel quale i reati associativi giudicati dalla Corte d assise di appello di Catania nelle date del 21/12/2009 e dei 31/03/2016 si erano concretizzati, reso evidente dal diverso ruolo ricoperto dal ricorrente nei due sodalizi.
2. Avverso tale ordinanza NOME COGNOME a mezzo degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorreva per cassazione, deducendo, attraverso tre distinte doglianze, violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si riteneva imposto dall’omogeneità dei reati associativi presupposti. Tale omogeneità, con riferimento ai delitti giudicati dalle sentenze emesse dalla Corte di assise di appello di Catania nelle date del 21/12/2009 e del 31/03/2016, doveva ritenersi incontrovertibile, risultando gli stessi commessi da COGNOME nella sua qualità di affiliato all’organizzazione mafiosa denominata clan COGNOME di Catania.
Secondo la difesa del ricorrente, il Giudice dell’esecuzione aveva disatteso il collegamento esecutivo esistente tra i reati associativi di cui ai punti 2 e 3 del provvedimento censurato, reso evidente dal fatto che tali condotte illecite si erano concretizzare nel contesto del clan COGNOME e delle articolazioni organizzative che lo avevano caratterizzato nel corso degli anni, dei quali non si era tenuto conto a fronte delle produzioni e delle memorie difensive.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
2. In via preliminare, deve rilevarsi che la giurisprudenza di legittimità consolidata, con specifico riferimento al vincolo della continuazione invocato da COGNOME in riferimento ai titoli esecutivi presupposti, ha individuato gli elementi d cui desumere l’ideazione unitaria da parte del singolo agente di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione dell continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso che deve essere deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di reati, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098).
La verifica di tali condotte delittuose, inoltre, non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi o di mere congetture, essendo necessario acquisire la prova che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo invocato siano stati concepiti nell’ambito di un programma unitario. Tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata al crimine, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al “favor rei”» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950).
Infine, nel caso in cui l’applicazione del vincolo della continuazione venga invocato in sede esecutiva con riferimento a una pluralità di reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, mutuando i parametri ermeneutici affermati da questa Corte per le ipotesi di appartenenza a consorterie operanti in tempi diversi, occorre tenere conto del fatto che non è sufficiente «il riferimento alla tipologia del reato ed all’omogeneità delle condotte, ma occorre una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, al fine di accertare l’unicità del momento deliberativo e la sua successiva attuazione attraverso la progressiva appartenenza del soggetto ad una pluralità di organizzazioni ovvero ad una medesima organizzazione» (Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569).
3. Alla luce dei parametri ermeneutici enunciati nel paragrafo precedente, osserva il Collegio che l’ordinanza impugnata non ha esplicitato correttamente il percorso argomentativo sulla base del quale la richiesta di applicazione del vincolo della continuazione invocato da COGNOME – relativo alle sentenze emesse dalla Corte di appello di Catania il 31/03/1989 e dalla Corte di assise di appello di Catania il 21/12/2009 e il 31/03/2016 – doveva essere respinta.
Secondo il Giudice dell’esecuzione, i reati associativi per i quali non era stato riconosciuto il vincolo della continuazione invocato da COGNOME risultavano compresi in un arco temporale notevolmente ampio – essendo stati commessi tra il novembre del 1982 e l’aprile del 2005 – e non potevano essere ricondotti a un progetto consortile unitario, collegato all’appartenenza del ricorrente al clan COGNOME di Catania.
Tuttavia, tale affermazione appare espressa in termini assertivi e senza tenere conto dell’evoluzione strutturale del clan COGNOME di Catania, su cui si imponeva un vaglio analitico, indispensabile per affermare o escludere l’esistenza di un progetto unitario sottostante alle condotte associative presupposte. Su tale fondamentale profilo, il Giudice dell’esecuzione si soffermava in termini apodittici a pagina 2 dell’ordinanza impugnata, affermando: «Invero, a fronte dell’apprezzabile lasso di tempo tra una condotta e l’altra ed a fronte soprattutto della diversità dell’organizzazione criminosa di stampo mafioso e dei suoi partecipanti (ci si riferisce all’associazione di cui alla sentenza nte agli sub 2 risale anni 1982-1986 fino all’arresto dell’allora reggente COGNOME ove lo COGNOME era un partecipe ed alla diversa associazione di cui alla sentenza ve lo COGNOME era sub 3 o invece uno dei capi operante a distanza di anni dalla prima ovvero 1999 fino all’aprile 2005) deve escludersi la sussistenza di una preventiva programmazione da parte dell’istante ovvero l’unitarietà del disegno criminoso che giustifica il riconoscimento della continuazione tra reati».
La Corte territoriale, invero, avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui l’evoluzione in senso apicale della partecipazione associativa di COGNOME al clan COGNOME si poneva in contrasto con l’invocata continuazione, a fronte del dato circostanziale – che sembrerebbe conclamato – secondo cui il ricorrente aveva assunto un ruolo egemonico all’interno della stessa consorteria mafiosa nella quale in precedenza era affiliato, sovrintendendo, in tale ultima veste, alla scissione del clan COGNOME e alla fusione con il clan COGNOME; elementi, questi, che indurrebbero a ipotizzare l’unicità del disegno criminoso perseguito da COGNOME, concretizzatosi all’interno di una stessa struttura consortile, nel valutare la quale occorreva tenere conto degli sviluppi organizzativi che l’avevano caratterizzata e dell’ascesa criminale compiuta in tale ambito dal ricorrente.
In altri termini, la Corte di appello di Catania, nel rispetto dei par ermeneutici richiamati nel paragrafo 2, avrebbe dovuto ricostrui preliminarmente quale fosse il ruolo associativo ricoperto da COGNOME n organizzazioni mafiose giudicate dalle sentenze emesse dalla Corte di assise appello di Catania nelle date del 21/12/2009 e del 31/03/2016, non essendo tal fine sufficiente il generico riferimento alle posizioni di “partecipe” e ” capi” effettuato nel passaggio motivazionale sopra richiamato; risolto que problema preliminare, il Giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto ricostruire qu fossero i contesti associativi all’interno dei quali il ricorrente ricopri consortili citati e se gli stessi venivano svolti all’interno di due differen mafiosi ovvero all’interno di un solo gruppo mafioso, diversamente articolato, caratterizzato da un medesimo programma e da un’identità territoriale tale farlo ritenere uno stesso organismo.
4. Le considerazioni che si sono esposte impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con il conseguente rinvio degli atti alla Corte di app di Catania per un nuovo esame, che dovrà essere eseguito nel rispetto d principi che si sono enunciati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia gli atti alla Corte di appello di Cat per nuovo esame.
Così deciso il 07/02/2019.