Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33954 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33954 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MISTERBIANCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 17 maggio 2023 la Corte di Appello di Catania confermava la condanna di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 614 co. 1, 2, 4 cod.pen. e all’art. 75 co.2 D.L.gs. 159/2011 alla pena di anni due di reclusione.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso COGNOME NOME tramite il difensore articolando quale unico motivo di doglianza la mancata valutazione della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale e, segnatamente, della richiesta di acquisizione di una ordinanza resa in data 18 gennaio 2021 dal Tribunale di Catania, quale giudice dell’esecuzione, che riconosceva il vincolo della continuazione fra due sentenze di condanna emesse nei confronti del medesimo COGNOME nel 2014 e nel 2016.
Si doleva il ricorrente del fatto che la richiesta di riapertura dell’istruttor dibattimentale per acquisire detto provvedimento, inserita nelle conclusioni rese nel procedimento cartolare, non fosse stata presa in alcuna considerazione.
Tale istanza non poteva ritenersi tardiva, secondo il ricorrente, in quanto l’ordinanza in executivis era successiva alla proposizione dell’appello ed, inoltre, mentre una delle due sentenze era divenuta definitiva prima della proposizione dell’appello, l’altra era divenuta definitiva successivamente.
Secondo il ricorrente, nel caso di specie non potrebbe operare la preclusione costituita dallo spirare del termine per presentare motivi nuovi, come ritenuto da un orientamento della giurisprudenza di legittimità, essendo preferibile un diverso orientamento che consente di proporre l’istanza anche durante la discussione orale del gravame, allorquando la definitività della sentenza sia successiva al termine per impugnare.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, il Procuratore Generale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata per assoluta assenza di motivazione sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il consolidato orientamento di questa Corte si esprime, invero, nel senso di riconoscere l’interesse dell’imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul riconoscimento della continuazione solo quando la relativa questione sia stata proposta con uno specifico motivo d’appello, che abbia censurato la mancata applicazione della continuazione (V. ex multis Sez. 5, n.3867 del 07/10/2014 – dep. 2015, Varrica, Rv. 262679 che ha ripreso i principi già definitivamente enunciati da Sez. U, n.1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv, 216238),
in conseguenza dell’obbligo del giudice dell’impugnazione di pronunciarsi sul tema di indagine devolutogli, per l’evidente ragione che al principio devolutivo è coessenziale il potere-dovere del giudice del gravame di esaminare e decidere sulle richieste dell’impugnante, in virtù della correlazione tra motivi di impugnazione e ambito della cognizione e della decisione.
In questo caso non è, pertanto, ammissibile che il giudice possa esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell’esecuzione e possa, così, sovrapporre all’iniziativa rimessa al potere dispositivo della parte la propria valutazione circa l’opportunità di esaminare, o non, l’istanza dell’impugnante.
Diverso è, invece, l’ambito di cognizione – e la conseguente deducibilità per cassazione della relativa questione – del giudice al quale non sia stata devoluta la censura sulla mancata pronuncia, bensì sia stata ex novo formulata la richiesta nel corso del giudizio.
In tal caso, infatti, anche a voler aderire all’orientamento che si esprime in favore della possibilità di applicazione dell’istituto oltre l’ambito devoluto con l’impugnazione (Sez. 1, n.17832 del 24/01/2017, Dogali, Rv. 269822, che ne valorizza l’incidenza in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio; contra: Sez. 2, n.49436 del 08/10/2013, P.G. e Ruci, Rv. 257870), deve rilevarsi come al giudice sia rimessa la mera facoltà di delibare, d’ufficio, la sussistenza del vincolo della continuazione tra i fatti oggetto del giudizio ed altri fatti oggetto decisione irrevocabile, al di fuori dei temi devoluti con il gravame, richiedendosi l’esercizio di un potere discrezionale che, in quanto tale, non è vincolante, né sindacabile nel suo esercizio oltre la plausibilità della motivazione rassegnata sul punto.
Deve essere, pertanto,r;affermato il principio per cui « nel giudizio di cassazione, non è deducibile sotto forma di violazione di legge il mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti oggetto di accertamento ed altri separatamente e definitivamente giudicati, quando la relativa questione non sia stata proposta con l’atto d’appello o non sia divenuta attuale dopo il termine per la proposizione di quest’ultimo, non comportando la stessa effetti sulla legalità della pena (V. Sez. U, n.47766 del 26/06/2015, Butera, Rv. 265108) e potendo il predetto riconoscimento essere valutato d’ufficio nell’ambito dell’esercizio di una mera facoltà giudiziale». (Sez. 5, Sentenza n. 51473 del 2019)
Conseguentemente si è affermato che «È conforme all’effetto devolutivo dell’appello la sentenza che omette di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione con altri reati oggetto di titoli pregressi formulata, anziché con l’atto introduttivo, solo in corso di procedimento unitamente alla produzione dei titoli stessi». (Sez. 2, Sentenza n. 10470 del 12/02/2016)
La sentenza impugnata non è incorsa, dunque, in alcuna violazione di legge, ovvero, come denunciato dal ricorrente, in alcuna omessa motivazione su una questione devoluta, poiché la richiesta di acquisizione della ordinanza del Tribunale di Catania . e la conseguente istanza di riconoscimento della continuazione erano state introdotte nel giudizio di appello solo con le conclusioni scritte depositate per l’udienza cartolare.
Tali istanze, dunque, non facevano parte del devolutum in appello, i cui limiti sono stati definiti chiaramente dalle pronunce di legittimità testè richiamate, ma sono state sottoposte al vaglio della Corte in un momento successivo, addirittura posteriore al termine per il deposito dei motivi nuovi.
Ciò, come visto, anche non ritenendo operante alcuna preclusione e ritenendo ammissibile l’introduzione così tardiva di un nuovo tema di doglianza, rimette alla discrezionalità del giudice di appello la decisione se provvedervi o meno, tanto che, laddove, come nel caso di specie, il giudice di appello abbia omesso di pronunciarsi, non ricorre alcuna violazione di legge, potendo la questione essere sottoposta al giudice della esecuzione.
Il ricorso è, dunque, infondato e il ricorrente deve essere condannato, ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.
Così deciso il 9 maggio 2024
Il Consigliere estensore