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Continuazione reati: quando va riconosciuta? Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la continuazione reati a un condannato per furti. La Corte ha stabilito che la mera diversità territoriale non basta a escludere un unico disegno criminoso, se i reati sono omogenei e commessi in un breve lasso di tempo.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione reati: la Cassazione stabilisce i criteri per il riconoscimento

L’istituto della continuazione reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio equo quando una persona commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo piano. Con la sentenza n. 369/2024, la Corte di Cassazione torna a precisare i confini applicativi di questo istituto, sottolineando la necessità di una valutazione analitica e non presuntiva da parte del giudice.

I fatti del caso: la richiesta di unificazione delle pene

Il caso riguarda un individuo condannato con diverse sentenze per una serie di furti aggravati, tutti commessi nel corso del 2018. L’interessato aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione, tramite l’istanza prevista dall’art. 671 del codice di procedura penale, di riconoscere il vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati. L’obiettivo era unificare le pene, ottenendo una sanzione complessiva più favorevole rispetto alla somma aritmetica delle singole condanne.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

La Corte di appello di Bari aveva respinto la richiesta. Secondo i giudici di merito, l’ampio arco temporale e l’eterogeneità dei luoghi in cui i furti erano stati commessi erano elementi ostativi al riconoscimento di un unico disegno criminoso. In pratica, la Corte aveva ritenuto che non vi fosse la prova di un’unica programmazione iniziale, ma piuttosto una serie di episodi criminali distinti.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che la decisione della Corte territoriale fosse viziata. La difesa ha evidenziato come il giudice avesse svalutato elementi cruciali come l’omogeneità delle condotte (tutti furti aggravati) e la stretta contiguità temporale (tutti nello stesso anno), concentrandosi in modo eccessivo e ingiustificato sulla diversità dei luoghi.

Le motivazioni della Cassazione sulla continuazione reati

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte di appello per un nuovo esame. Le motivazioni della decisione sono di grande interesse perché ribadiscono principi consolidati e offrono una guida chiara ai giudici.

Unico disegno criminoso vs. programma di vita criminale

Innanzitutto, la Cassazione ha ricordato la distinzione fondamentale tra “unico disegno criminoso” e “programma di vita improntata al crimine”. La continuazione reati si applica solo nel primo caso, quando l’agente ha deliberato fin dall’inizio di compiere una serie ben individuata di reati per raggiungere un fine specifico. Non si applica, invece, a chi ha uno stile di vita criminale e trae sostentamento dalla commissione di reati in modo generico e non pianificato. In quest’ultimo caso, trovano applicazione altri istituti, come la recidiva o l’abitualità nel reato, che comportano un inasprimento della pena.

Gli indici da valutare: omogeneità e contiguità temporale

Il punto centrale della sentenza è il rimprovero mosso alla Corte di appello per non aver condotto una verifica adeguata. Secondo la Cassazione, il giudice non può negare la continuazione basandosi su elementi presuntivi. Nel caso di specie, la Corte territoriale aveva dato un peso eccessivo alla parziale diversità territoriale dei furti, trascurando di analizzare a fondo altri indici di segno opposto, come:

* L’omogeneità esecutiva: tutti i reati erano furti aggravati, quindi della stessa tipologia.
* La contiguità temporale: tutti i fatti si erano svolti nell’arco di pochi mesi all’interno dello stesso anno.

Questi elementi, secondo la Suprema Corte, dovevano essere attentamente correlati tra loro per capire se la contiguità temporale e tipologica potesse prevalere sulla parziale eterogeneità territoriale, configurando così un’unica programmazione.

Il dovere di una verifica analitica

La Cassazione ha concluso che si imponeva una “verifica giurisdizionale analitica”, rispettosa dei parametri interpretativi consolidati. Il giudice deve escludere, con motivazione adeguata, che l’astratta contiguità tipologica e territoriale non consenta di prefigurare la preordinazione criminosa dedotta dall’interessato. In altre parole, non basta dire che i reati sono avvenuti in luoghi diversi; bisogna spiegare perché questa circostanza, nel caso concreto, è così decisiva da superare gli indici di omogeneità e vicinanza nel tempo.

Le conclusioni: l’annullamento con rinvio e le implicazioni pratiche

La decisione di annullare l’ordinanza con rinvio significa che la Corte di appello di Bari dovrà riesaminare la richiesta, attenendosi scrupolosamente ai principi enunciati dalla Cassazione. Dovrà quindi procedere a una valutazione più approfondita e bilanciata di tutti gli elementi a disposizione.

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: il riconoscimento della continuazione reati non può essere negato sulla base di congetture o di una valutazione superficiale. È necessario un esame rigoroso che tenga conto di tutti gli indici rilevanti (distanza temporale, tipologia di reati, modalità di esecuzione, contesto) per accertare in modo concreto l’esistenza di un’unica ideazione criminosa.

È sufficiente la diversità territoriale dei reati per escludere la continuazione reati?
No. Secondo la sentenza, la parziale diversità territoriale non è di per sé un elemento decisivo per escludere la continuazione, specialmente se i reati sono omogenei (stessa tipologia) e commessi in un arco temporale ravvicinato. Deve essere condotta una valutazione analitica di tutti gli elementi.

Che differenza c’è tra ‘disegno criminoso’ e ‘programma di vita improntata al crimine’?
Il ‘disegno criminoso’ è la programmazione unitaria e deliberata di una serie specifica di reati per un fine determinato. Il ‘programma di vita improntata al crimine’ è invece una scelta di vita, una tendenza a delinquere per sostentamento, che non rientra nella continuazione e viene sanzionata con altri istituti come la recidiva o l’abitualità.

Cosa deve fare il giudice per decidere sulla richiesta di continuazione reati?
Il giudice non può basarsi su presunzioni o congetture. Deve compiere una verifica analitica e approfondita degli elementi concreti (contiguità temporale, omogeneità delle condotte, modalità esecutive, etc.) per dimostrare se i reati siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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