Continuazione Reati: Quando la Distanza Temporale Esclude il Disegno Unico
L’istituto della continuazione reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un importante strumento di mitigazione della pena. Esso consente di considerare come un unico reato, con un conseguente aumento della sanzione per il reato più grave, una serie di illeciti commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 32674/2025) ha ribadito i rigorosi criteri che i giudici devono seguire per accertare l’esistenza di un piano unitario, sottolineando come la distanza temporale e la diversità dei crimini possano essere elementi decisivi per escludere tale beneficio.
I Fatti del Caso
Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per una serie di reati. L’imputato aveva richiesto alla Corte d’Appello di Firenze di applicare il vincolo della continuazione tra i vari illeciti commessi, sostenendo che fossero tutti parte di un unico programma criminoso. La Corte territoriale, tuttavia, aveva respinto l’istanza. Contro questa decisione, il condannato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione dei presupposti per il riconoscimento della continuazione.
La Decisione della Cassazione: Limiti alla Continuazione Reati
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza del provvedimento impugnato, ritenendo che la Corte d’Appello avesse applicato in modo puntuale i principi consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di continuazione reati. La decisione sottolinea che, per accogliere una simile richiesta, non è sufficiente una semplice successione di crimini, ma è necessaria la prova concreta di un’unica e preordinata risoluzione criminosa che leghi tutti gli episodi delittuosi.
Le Motivazioni: Perché è Stata Esclusa la Continuazione tra Reati
Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nell’analisi degli elementi oggettivi che ostacolavano il riconoscimento del vincolo della continuazione. I giudici hanno evidenziato diversi fattori cruciali:
1. Assenza di un Programma Unitario: Non è emersa alcuna circostanza da cui desumere che l’imputato, fin dalla consumazione del primo reato, avesse programmato, anche solo a grandi linee, la commissione di quelli successivi.
2. Distanza Temporale: La significativa distanza temporale tra i vari reati, che si estendeva per diversi anni, è stata considerata un forte indicatore dell’assenza di un piano unitario. Un lasso di tempo così ampio suggerisce che ogni crimine sia stato il frutto di una decisione autonoma e contingente, piuttosto che l’attuazione di un progetto iniziale.
3. Diversa Natura dei Reati e dei Beni Giuridici Protetti: I reati commessi erano di natura diversa e ledevano beni giuridici differenti. Questa eterogeneità è stata interpretata come un’ulteriore prova che non vi fosse un’unica matrice ideativa, ma piuttosto una pluralità di risoluzioni criminose distinte, espressione di una “pervicace volontà criminale” non meritevole di istituti di favore.
La Corte ha inoltre qualificato le censure del ricorrente come generiche e volte a sollecitare una inammissibile rilettura del compendio probatorio, compito che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione, la quale può intervenire solo per vizi di legittimità e non per riesaminare il merito dei fatti.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: il beneficio della continuazione reati non può essere concesso con leggerezza. La valutazione del giudice deve basarsi su indicatori concreti e oggettivi, come la prossimità temporale, l’omogeneità delle condotte e la riconducibilità a un unico contesto strategico. La decisione chiarisce che la semplice reiterazione di comportamenti illeciti nel tempo non è sufficiente a integrare un “medesimo disegno criminoso”. Al contrario, essa può essere sintomo di una scelta di vita delinquenziale, che si manifesta attraverso decisioni criminose autonome e separate, per le quali non è giustificabile un trattamento sanzionatorio più mite.
Quando può essere riconosciuta la continuazione tra reati?
La continuazione può essere riconosciuta solo quando vi è la prova che l’autore, sin dal primo reato, avesse programmato la commissione dei successivi come parte di un unico disegno criminoso.
Quali elementi oggettivi possono escludere l’applicazione della continuazione?
La notevole distanza temporale tra i reati, la loro diversa natura e il fatto che offendano beni giuridici differenti sono elementi che, secondo la Cassazione, indicano l’assenza di un piano unitario e portano a escludere il beneficio.
Un ricorso in Cassazione può chiedere una nuova valutazione delle prove?
No, il ricorso in Cassazione è inammissibile se si limita a proporre una lettura alternativa delle prove già valutate dal giudice di merito, senza evidenziare una manifesta illogicità o una violazione di legge nella sua motivazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32674 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32674 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PATERNO’ il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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GLYPH RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato infatti che il provvedimento impugNOME, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza di legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento della continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’assenza circostanze da cui desumere che il predetto, sin dalla consumazione del primo reato, avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., anche quelli successivi tenuto conto della distanza temporale tra di essi (anche di vari anni), della loro diversa natura e dei differenti beni giuridici protetti. In tale contesto i reati commessi sono riconducibili, quindi ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Rilevato, altresì, che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitano una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze in esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice dell’esecuzione;
Ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’11 settembre 2025.