Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3820 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 3820  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SOMMATINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/04/2023 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo, con la quale il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la sua istanza, intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso l’uniforme giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, certament sussistente attesa l’omogeneità delle condotte e la loro la sostanziale contiguità temporale, «trattandosi di soli tre anni», e spaziale poiché poste in essere «in territori contigui al domicilio del reo»;
ribadito il principio secondo cui, il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni vol risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094);
ricordato ancora che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine d stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni in rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unici pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi, dando articolato conto della loro applicazione, ha invero evidenziato, in maniera esente da illogicità e incongruenze, gli elementi decisivi per escludere l’unicità di disegno criminoso e, segnatamente, l’apprezzabilità della cesura temporale tra i reati per i quali ha negato l sussistenza del vincolo (commessi a distanza di tre anni) e l’assenza di ulteriori elementi suscettibili di positiva valutazione, ciò a dimostrazione dell’esistenza di
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un programma delinquenziale a carattere indeterminato, nonché temporalmente indefinito, ritenuto incompatibile con un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
ritenuto che tale motivazione si appalesa perfettamente in linea con la giurisprudenza della Corte secondo cui «caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen juris, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione dei fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Cass. Sez. 4, n. 34756 del 17/052012, Madonia, Rv. 253664; Sez. 1, 3747 del 16/01/2009, Gargiulo Rv. 242537);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 1 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 settembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Pr sidenté