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Continuazione reati: quando il ricorso è inammissibile

Un soggetto ha presentato ricorso in Cassazione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, specificamente due condanne per coltivazione di marijuana. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che l’atto si limitava a richiedere un riesame dei fatti, riproponeva doglianze già respinte e si poneva in contrasto con la giurisprudenza consolidata in materia. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati: Quando il Ricorso in Cassazione è Destinato all’Inammissibilità

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, è uno strumento fondamentale per garantire un trattamento sanzionatorio equo a chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, l’accesso a questo beneficio non è automatico e, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione, il ricorso per ottenerne il riconoscimento deve rispettare rigorosi requisiti di specificità e coerenza giuridica, pena una secca declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Roma. Il ricorrente chiedeva l’applicazione della disciplina del reato continuato a due distinte sentenze di condanna, entrambe relative al reato di coltivazione illecita di marijuana, commesse a distanza di alcuni anni l’una dall’altra. L’obiettivo era unificare le pene in un’unica sanzione più mite, sostenendo l’esistenza di un unico disegno criminoso alla base di entrambe le condotte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una valutazione critica dell’atto di impugnazione, ritenuto carente sotto plurimi profili. La Corte non è entrata nel merito della questione (ovvero se sussistesse o meno il medesimo disegno criminoso), ma si è fermata a un giudizio preliminare sulla validità del ricorso stesso. Oltre a respingere la richiesta, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Perché il ricorso sulla continuazione tra reati è stato respinto?

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su tre pilastri argomentativi principali, che rappresentano un monito per la redazione di futuri ricorsi in materia.

1. Genericità e richiesta di riesame nel merito: Il primo vizio riscontrato è stata la natura del ricorso. Invece di contestare vizi di legittimità dell’ordinanza impugnata (cioè errori di diritto), il ricorrente si è limitato a postulare carenze motivazionali indimostrate, chiedendo di fatto alla Cassazione un riesame completo della sua posizione. Questo tipo di richiesta è precluso in sede di legittimità, dove il giudizio è sulla corretta applicazione della legge, non sulla ricostruzione dei fatti.

2. Ripetitività delle doglianze: La Corte ha evidenziato come il ricorso riproponesse le medesime censure già esaminate e respinte con argomentazioni giuridicamente ineccepibili dalla Corte d’Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere una critica specifica e puntuale delle argomentazioni del provvedimento impugnato, non una mera riproposizione di motivi già disattesi.

3. Contrasto con la giurisprudenza consolidata: Infine, il ricorso è stato giudicato in palese contrasto con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità in materia di applicazione del vincolo della continuazione. Prospettare tesi giuridiche che ignorano o contraddicono principi di diritto ormai stabili equivale a presentare un ricorso privo di fondamento giuridico.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito. Per avere successo, l’impugnazione deve concentrarsi su specifiche violazioni di legge o vizi di motivazione (illogicità, contraddittorietà), non sulla speranza di una nuova e più favorevole valutazione dei fatti. Chi intende chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati in sede esecutiva deve strutturare le proprie difese in modo da superare il vaglio dei giudici di merito e, in caso di ricorso in Cassazione, deve formulare critiche mirate e giuridicamente solide, supportate da un confronto puntuale con la decisione impugnata e con la giurisprudenza pertinente.

Quando un ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati è inammissibile?
Un ricorso è dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione quando si limita a chiedere un riesame dei fatti, ripropone doglianze già respinte dalla corte inferiore senza una critica specifica, o presenta argomentazioni giuridiche in palese contrasto con la giurisprudenza consolidata.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

È possibile ottenere la continuazione per reati commessi a distanza di anni?
L’ordinanza non esclude in astratto tale possibilità, ma evidenzia che la valutazione spetta ai giudici di merito. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile non per l’intervallo temporale tra i reati, ma perché non ha sollevato valide censure di legittimità contro la valutazione già effettuata dalla Corte d’Appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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