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Continuazione reati: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che contestava il diniego del riconoscimento della continuazione reati tra due rapine. La decisione sottolinea i rigorosi requisiti per l’ammissibilità dei ricorsi, specialmente quando basati su un presunto vizio di motivazione del giudice precedente.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione Reati: la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso per Vizio di Motivazione

L’istituto della continuazione reati rappresenta un elemento cruciale nel diritto penale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è subordinato a precise regole procedurali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 28840/2025) offre un chiaro esempio di come un ricorso, se non correttamente impostato, rischi di essere dichiarato inammissibile, precludendo l’esame nel merito. Analizziamo la vicenda.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla richiesta di un condannato, presentata al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Lagonegro. L’interessato aveva riportato due condanne definitive per due distinte rapine aggravate e chiedeva il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i due reati. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva, applicando il più favorevole regime del reato continuato.

In via subordinata, veniva richiesta anche l’applicazione della riduzione di pena prevista per il rito abbreviato (ex art. 442, comma 2-bis, c.p.p.) in relazione a una delle due sentenze. Il Giudice dell’esecuzione, però, rigettava entrambe le istanze.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione da parte del giudice. In particolare, il ricorso si concentrava sulla presunta inadeguata valutazione delle condizioni personali dell’imputato che, a suo dire, avrebbero dovuto dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso alla base delle rapine.

La Decisione della Corte sulla continuazione reati

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con un’ordinanza emessa de plano (cioè senza udienza pubblica, data la manifesta infondatezza o inammissibilità del ricorso), ha posto fine al percorso legale del ricorrente. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il proponente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Questa decisione, sebbene sintetica, è estremamente significativa. La dichiarazione di inammissibilità impedisce alla Corte di entrare nel merito della questione, ovvero di valutare se effettivamente sussistesse o meno il diritto alla continuazione reati. La pronuncia si concentra esclusivamente sulla validità del ricorso presentato.

Le Motivazioni della Decisione

Sebbene l’ordinanza non si dilunghi nelle motivazioni, la natura della decisione (de plano) e la sua provenienza dalla sezione “filtro” della Cassazione suggeriscono che il ricorso fosse affetto da vizi insanabili. Solitamente, un ricorso per cassazione basato sul vizio di motivazione viene dichiarato inammissibile quando le censure sollevate non sono specifiche, si limitano a riproporre le stesse argomentazioni già respinte nel grado precedente, o mirano a ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.

Nel caso specifico, è probabile che la Corte abbia ritenuto le doglianze del ricorrente generiche o manifestamente infondate, non idonee a scalfire la logicità della motivazione del Giudice dell’esecuzione. L’appello si basava sulle “condizioni personali”, ma probabilmente non è riuscito a tradurre questo elemento fattuale in una critica puntuale e giuridicamente rilevante contro la logica argomentativa dell’ordinanza impugnata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove poter ridiscutere i fatti. Per contestare efficacemente una decisione per vizio di motivazione, non è sufficiente esprimere un generico dissenso, ma è necessario individuare e dimostrare una specifica illogicità, contraddittorietà o carenza nel percorso argomentativo del giudice. In mancanza di una critica strutturata secondo i canoni stabiliti dalla legge, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la decisione impugnata.

Cosa chiedeva il ricorrente al Giudice dell’esecuzione?
Il ricorrente chiedeva principalmente il riconoscimento del vincolo della continuazione tra due rapine aggravate, giudicate con due sentenze irrevocabili, al fine di ottenere una pena complessiva più mite. In subordine, chiedeva una riduzione di pena legata al rito abbreviato per una delle condanne.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, non ha esaminato la richiesta nel merito, ma ha respinto l’impugnazione per motivi procedurali, rendendo definitiva la decisione del Giudice dell’esecuzione.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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