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Continuazione reati: pena e recidiva reiterata

La Corte di Cassazione ha analizzato un caso di “continuazione reati”, confermando l’esclusione di un reato di bancarotta per distanza temporale ma annullando la determinazione della pena. La Corte ha stabilito che l’aumento di pena previsto per la recidiva reiterata non può essere applicato in sede esecutiva se tale status non era stato accertato con sentenza definitiva prima della commissione dei reati unificati, rinviando il caso per un nuovo calcolo.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione reati: pena e recidiva reiterata, i chiarimenti della Cassazione

L’istituto della continuazione reati, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un principio di favore per l’imputato, permettendo di unificare la pena per più crimini legati da un unico disegno. Tuttavia, la sua applicazione, specialmente in fase esecutiva e in presenza di recidiva, solleva questioni complesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 43214/2024) offre chiarimenti cruciali su come calcolare la pena quando la recidiva reiterata non è stata accertata prima della commissione dei fatti.

I Fatti del Caso

Un condannato si rivolgeva al Giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione reati tra i crimini oggetto di tre distinte sentenze definitive. Le accuse spaziavano dal millantato credito alla ricettazione, fino alla bancarotta fraudolenta e reati fiscali. Il ricorrente sosteneva che tutte le condotte fossero espressione di un’unica finalità di profitto, legata a una sua conclamata ludopatia.

Il Giudice dell’esecuzione accoglieva solo parzialmente la richiesta, unificando le pene relative a due sentenze ma escludendo quella per bancarotta e reati fiscali. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, lamentando due vizi principali:

1. Il mancato riconoscimento della continuazione con il reato di bancarotta.
2. L’errata applicazione di un aumento di pena significativo, basato su una recidiva reiterata che, a suo dire, non era stata contestata nelle sentenze di condanna.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione reati

La Suprema Corte ha rigettato il primo motivo di ricorso ma ha accolto il secondo, annullando l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinviando la questione a un nuovo giudice.

In primo luogo, la Corte ha confermato la decisione di escludere il reato di bancarotta dalla continuazione reati. La motivazione si basa sulla distanza temporale: il reato di bancarotta si consuma con la dichiarazione di fallimento (avvenuta a fine 2015), mentre gli altri reati erano stati commessi nel biennio 2013-2014. Tale scarto temporale, secondo i giudici, interrompe l’unitarietà del “medesimo disegno criminoso” necessario per la continuazione.

Il punto cruciale della sentenza riguarda però il secondo motivo. La Corte ha ritenuto fondata la doglianza relativa al calcolo della pena.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 81, comma quarto, del codice penale, in combinato disposto con l’articolo 671 del codice di procedura penale. La legge prevede un aumento di pena non inferiore a un terzo per la continuazione quando i reati sono stati commessi da un soggetto a cui è stata applicata la recidiva reiterata (art. 99, comma quarto, c.p.).

La Corte di Cassazione, aderendo al suo orientamento consolidato, ha specificato un requisito fondamentale per l’applicazione di questo severo aumento di pena: l’imputato deve essere stato dichiarato recidivo reiterato con una sentenza definitiva precedente al momento della commissione dei reati per i quali si procede all’unificazione. Non è sufficiente che la recidiva venga contestata in una delle sentenze oggetto di continuazione.

Nel caso di specie, nessuna delle sentenze irrevocabili conteneva una contestazione di recidiva reiterata. Anzi, in una di esse era presente solo una recidiva semplice, che aveva comportato un aumento di pena minimo. Di conseguenza, il Giudice dell’esecuzione non aveva il potere di applicare l’aumento minimo di un terzo, poiché mancava il presupposto giuridico essenziale: un accertamento definitivo dello status di recidivo reiterato anteriore ai fatti.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale nel diritto penale. L’applicazione di un trattamento sanzionatorio più aspro, come quello previsto per la recidiva reiterata nella continuazione reati, deve poggiare su presupposti certi e formalmente accertati in un momento antecedente alla commissione dei nuovi crimini. Non è possibile, in sede di esecuzione, desumere o applicare retroattivamente uno status giuridico così penalizzante per il condannato. La decisione impone quindi un annullamento con rinvio, affinché il Giudice dell’esecuzione ricalcoli la pena senza l’illegittimo aumento, assicurando una corretta applicazione della legge.

Quando più reati possono essere considerati legati dalla “continuazione reati”?
I reati possono essere considerati in continuazione quando sono commessi in esecuzione di un “medesimo disegno criminoso”. Per accertarlo, si valutano indici come l’unitarietà del contesto, la brevità del lasso temporale tra i fatti, l’identica natura dei reati e l’analogia del modus operandi. È necessario che i reati successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.

Un reato di bancarotta può essere in continuazione con altri crimini commessi anni prima della dichiarazione di fallimento?
Secondo la sentenza, è difficile. La Corte ha stabilito che il reato di bancarotta fraudolenta si consuma al momento della dichiarazione di fallimento. Se questa data è significativamente distante nel tempo (nel caso di specie, oltre un anno) dai fatti degli altri reati, la prossimità temporale viene a mancare, rendendo improbabile il riconoscimento della continuazione.

Quando si applica l’aumento di pena di almeno un terzo per la recidiva reiterata nella continuazione reati?
L’aumento di pena minimo di un terzo, previsto dall’art. 81, comma quarto, c.p., si applica solo se il soggetto era già stato dichiarato “recidivo reiterato” con una sentenza definitiva emessa prima della commissione dei reati che vengono unificati in continuazione. Non è sufficiente che la recidiva sia contestata in una delle sentenze da unificare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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