Continuazione Reati: L’Onere di Produrre le Sentenze Precedenti Ricade sull’Imputato
Nel processo penale, la richiesta di applicazione della continuazione reati è uno strumento difensivo fondamentale per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite. Tuttavia, per far valere questo diritto, non basta una semplice richiesta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio procedurale cruciale: l’onere di produrre in giudizio le copie delle sentenze precedenti ricade interamente sull’imputato. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le implicazioni di questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imputato presentava ricorso in Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello, lamentando il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto del giudizio e altri fatti già giudicati con sentenze definitive emesse da altri tribunali. L’obiettivo era unificare le pene sotto il vincolo del medesimo disegno criminoso, ottenendo così una pena complessiva inferiore rispetto alla somma aritmetica delle singole condanne.
Tuttavia, la richiesta si era scontrata con un ostacolo puramente procedurale: la difesa, nel corso del giudizio di merito, si era limitata a menzionare gli estremi delle sentenze precedenti, senza però depositarne materialmente le copie.
L’Onere della Prova nella Continuazione Reati
Il cuore della questione giuridica affrontata dalla Cassazione riguarda l’onere della prova. Chi deve fornire al giudice gli strumenti per valutare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso tra reati giudicati in procedimenti diversi? La Corte non ha dubbi e conferma un orientamento consolidato: nel giudizio di cognizione, l’imputato che chiede il riconoscimento della continuazione reati ha l’onere specifico non solo di indicare le sentenze pertinenti, ma anche di produrne copia. Questo dovere è essenziale per consentire al giudice di esaminare nel merito i fatti, le circostanze e le motivazioni delle condanne precedenti, elementi indispensabili per accertare l’unicità del disegno criminoso.
Distinzione tra Fase di Cognizione e Fase Esecutiva
La Corte sottolinea una distinzione fondamentale tra le diverse fasi del procedimento penale. La regola dell’onere di produzione documentale a carico dell’imputato vale per il giudizio di cognizione, ovvero la fase in cui si accerta la responsabilità penale. Diversa è la fase esecutiva, che interviene dopo la sentenza definitiva. In tale fase, l’interessato può ancora chiedere l’applicazione della disciplina del reato continuato ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, con regole probatorie differenti, come quelle richiamate dall’art. 186 disp. att. c.p.p., che non sono però applicabili per analogia alla fase di cognizione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, ha rilevato che la difesa non aveva dimostrato che il Tribunale di primo grado si fosse effettivamente pronunciato sulla richiesta di continuazione. In secondo luogo, e in modo decisivo, ha evidenziato la scorretta applicazione del principio sull’onere della prova. La mancata produzione delle sentenze precedenti ha reso impossibile per i giudici di merito effettuare la valutazione richiesta. Non essendo un compito del giudice ricercare d’ufficio tali documenti nella fase di cognizione, l’inerzia della parte ha reso la richiesta irricevibile. Di conseguenza, stante la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per la prassi difensiva. La richiesta di continuazione reati durante il processo di cognizione deve essere supportata da un’adeguata attività probatoria, che include il deposito materiale delle sentenze definitive pertinenti. Limitarsi a un semplice richiamo non è sufficiente e può portare all’inammissibilità della richiesta e del successivo ricorso. La decisione chiarisce che, sebbene la porta non sia definitivamente chiusa (rimanendo aperta la via della fase esecutiva), l’imputato perde una preziosa occasione per veder definito il trattamento sanzionatorio in modo più favorevole già nella fase di merito. La diligenza processuale si conferma, ancora una volta, un elemento chiave per la tutela efficace dei diritti dell’imputato.
Chi ha l’onere di produrre le sentenze precedenti per chiedere la continuazione reati nel giudizio di cognizione?
L’onere di produrre le copie delle sentenze precedenti ricade sull’imputato. Non è sufficiente limitarsi a indicare gli estremi delle sentenze, ma è necessario depositarle materialmente in giudizio.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la difesa non aveva prodotto in giudizio le copie delle sentenze necessarie a valutare la richiesta di continuazione, venendo così meno a un preciso onere probatorio che le incombeva nella fase di cognizione.
Cosa può fare l’imputato se la richiesta di continuazione non viene accolta nel giudizio di cognizione per questo motivo?
L’imputato può attivare la procedura prevista per la fase esecutiva, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale, per chiedere il riconoscimento della continuazione dopo che la sentenza è diventata definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37069 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37069 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/11/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, che deduce i vizio di motivazione in relazione alla mancato riconoscimento della continuazione con i fatti g definitivamente giudicati con sentenze emesse dal Tribunale di Vicenza il 11.01.2019 e dal Tribunale di Milano il 07.07.2021, è inammissibile, avendo la Corte di merito rilevato, per verso, che non risulta che il Tribunale di Bergamo si sia espresso sulla continuazione, e, p altro verso, che la difesa nemmeno aveva prodotto in giudizio le sentenze in questione, in ci facendo corretta del principio secondo cui, l’imputato che, nel giudizio di cognizione, chied riconoscimento della continuazione con riferimento a reati già giudicati non può limitarsi indicare gli estremi delle sentenze a tal fine rilevanti, ma ha l’onere di produrne la copia, essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all’art. 186 disp. att. cod. proc. dettata per la sola fase esecutiva (da ultimo, Sez. 3, n. 21851 del 12/03/2025, Di, Rv. 288289 – 01), fase che, nella vicenda in esame, potrà essere attivata dall’interessato ai sensi dell 671 cod. proc. pen.
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 31 ottobre 2025.