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Continuazione reati: non basta la reiterazione

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale di Bari che negava la continuazione reati a un soggetto condannato per furti ripetuti. Secondo la Suprema Corte, il giudice non può rigettare l’istanza con una motivazione sbrigativa, ma deve condurre un’analisi approfondita di tutti gli indicatori. La semplice reiterazione di reati simili in un breve lasso di tempo non è sufficiente per escludere un unico disegno criminoso, che deve essere valutato sulla base di elementi concreti e non presunzioni di abitualità.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione reati: la Cassazione boccia le motivazioni sbrigative

L’istituto della continuazione reati rappresenta un pilastro del diritto penale, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un unico piano. Ma quando si può parlare di ‘medesimo disegno criminoso’ e quando, invece, ci si trova di fronte a una mera abitualità a delinquere? Con la sentenza n. 38208 del 2024, la Corte di Cassazione torna su questo tema cruciale, annullando una decisione di merito e ribadendo la necessità di un’analisi approfondita e non superficiale.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per una serie di furti commessi in un arco temporale di circa sei mesi, presentava istanza al Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione reati. La difesa sosteneva che i reati, pur avvenuti in località diverse (ad eccezione dei primi due), fossero legati da contiguità temporale e spaziale e dall’omogeneità dei beni sottratti, indici di un unico progetto criminoso.

Il Tribunale di Bari, tuttavia, rigettava la richiesta. Secondo il giudice, la ‘semplice reiterazione dei reati’ non era sufficiente a configurare un unico programma. Anzi, la pluralità dei fatti andava interpretata come sintomo di ‘abitualità criminosa’. La corte di merito aggiungeva che un unico disegno sarebbe stato ipotizzabile solo in casi specifici, come furti commessi tutti all’interno dello stesso complesso condominiale, escludendolo nel caso di specie.

La Decisione della Corte di Cassazione e i criteri sulla continuazione reati

Investita del ricorso, la Suprema Corte ha accolto le doglianze della difesa, ritenendo la motivazione del Tribunale ‘sbrigativa’ e ‘contraddittoria’. Il punto centrale della critica risiede nel fatto che il giudice di merito, pur riconoscendo la presenza di indicatori potenzialmente favorevoli alla tesi della continuazione (omogeneità dei reati, vicinanza temporale), li ha liquidati senza una valida argomentazione contraria.

La Cassazione ha richiamato un importante precedente delle Sezioni Unite (sentenza Gargiulo, n. 28659/2017), secondo cui per il riconoscimento della continuazione reati è necessario accertare che i reati successivi al primo fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dall’inizio. Non è sufficiente la presenza di alcuni indici se emerge che i reati sono frutto di determinazioni estemporanee e occasionali.

Le Motivazioni

La Corte ha censurato il provvedimento impugnato su più fronti. In primo luogo, il Tribunale non aveva neppure indicato specificamente le sentenze e i fatti di reato oggetto della richiesta, rendendo la decisione generica. In secondo luogo, e più gravemente, ha negato l’unicità del disegno criminoso senza richiamare elementi concreti e specifici desunti dalle decisioni di condanna. La motivazione si è rivelata apodittica, limitandosi a trasformare gli indici positivi (la serialità dei furti) in un elemento negativo (l’abitualità a delinquere) senza un percorso logico dimostrabile.

In sostanza, il giudice non può limitarsi a dire che la ripetizione di crimini è solo ‘abitualità’ senza spiegare perché, nel caso concreto, manchi quella programmazione iniziale che caratterizza la continuazione. La Corte di Cassazione ha quindi imposto l’annullamento con rinvio, ordinando al Tribunale di Bari, in diversa composizione, di riesaminare il caso, colmando le lacune e sciogliendo le contraddizioni rilevate.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale: la valutazione sulla continuazione reati non può essere un esercizio superficiale. Il giudice dell’esecuzione ha il dovere di condurre una verifica approfondita, analizzando tutti gli indicatori disponibili (omogeneità delle violazioni, contiguità spazio-temporale, modalità della condotta, ecc.) e motivando in modo logico e coerente la propria decisione. Affermare che la reiterazione di reati è solo espressione di abitualità, senza una puntuale analisi contraria, costituisce un vizio di motivazione che giustifica l’annullamento della decisione. La pronuncia tutela l’imputato da giudizi sommari e garantisce che l’applicazione di un istituto di favore come la continuazione sia il risultato di un esame completo e rigoroso dei fatti.

Quando più reati possono essere considerati legati dalla continuazione?
Secondo la sentenza, ciò avviene quando si può dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi erano già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, come parte di un unico disegno criminoso. Non devono essere frutto di una decisione estemporanea.

La semplice ripetizione di reati simili in poco tempo è sufficiente a escludere la continuazione?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la semplice reiterazione, pur potendo indicare un’abitualità criminosa, non è di per sé sufficiente a escludere la continuazione. Il giudice deve analizzare elementi concreti per superare gli indicatori che suggeriscono un piano unitario, come la vicinanza temporale e l’omogeneità dei reati.

Cosa accade se un giudice rigetta l’istanza di continuazione con una motivazione carente o contraddittoria?
Come avvenuto in questo caso, il provvedimento può essere annullato dalla Corte di Cassazione. La causa viene rinviata a un nuovo giudice che dovrà riesaminare la richiesta, colmando le lacune e fornendo una motivazione completa, logica e basata su elementi specifici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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